Perquisiti gli uffici e le abitazioni dei rappresentanti del Partito Comunista d’Ucraina (KPU). L’operazione è stata condotta nelle città di Kiev, Dnipro e Kryvoy Rog nell’ambito di “misure anti-sabotaggio”. Lo si apprende da un comunicato diffuso dai servizi di sicurezza ucraini (SBU) nel pomeriggio di mercoledì 14 dicembre.
Gli agenti hanno confiscato le “prove” dell’attività sovversiva degli indagati: bandiere dell’Unione Sovietica, immagini di Lenin, manifesti del KPU e materiale politico, volantini, medaglie, nastri di San Giorgio, riviste e testi. Tra questi compaiono 5 libri di Oles Busina, il giornalista antimaidan ucciso vicino alla sua abitazione a Kiev nel 2015. E’ stato rinvenuto anche un fucile da caccia, ma non è specificato se sia da fuoco o a salve, autorizzato o meno.
Secondo l’SBU i materiali confiscati costituirebbero addirittura un “arsenale di strumenti di propaganda per condurre campagne ed eventi di massa a sostegno del nemico in caso di cattura delle regioni di Kiev e Dnipropetrovsk” e proverebbero l’intenzione di una presa violenta del potere.
Per questa ragione gli inquirenti del Servizio di Sicurezza hanno avviato un procedimento penale ex art. 109, contro “azioni finalizzate al cambiamento violento o al rovesciamento dell’ordine costituzionale o alla presa del potere statale”. Il timore è che questo atto possa preludere un’ondata di arresti politici nei confronti dei membri del KPU.
Lo scorso 28 novembre l’SBU aveva perquisito la casa di due membri del KPU ad Odessa, padre e figlio. Anche in questo caso era stato requisito materiale politico: bandiere dell’URSS e del partito, poster e foto di diversi leader comunisti, libri e volantini. Il Partito Comunista d’Ucraina è stato definitivamente vietato lo scorso 7 luglio e molti suoi dirigenti sono stati costretti a nascondersi o andare in esilio per evitare l’arresto e le persecuzioni. Dalla messa al bando, questa risulta essere la maggiore operazione di polizia condotta contro i comunisti per ragioni meramente politiche.