Rubrica su eventi e fatti dei movimenti sociali e culturali in Sicilia -a cura RedPA-

Oggi si rinnova tacitamente il Memorandum d’intesa Gentiloni-Minniti del 2017 che la Meloni vuole inasprire con ulteriori aiuti alle milizie libiche colpevoli di crimini contro l’umanità. Fermiamo i crimini contro l’umanità, non le navi umanitarie!  Siamo tutti complici con le navi umanitarie: Noi vi accusiamo!

Con i terribili venti di guerra che soffiano nel cuore dell’Europa  si investono preziose risorse per aumentare la costruzione e l’uso di strumenti di morte  militarizzando  le frontiere e moltiplicando i crimini contro l’umanità in Libia e non solo. Le navi  delle Ong  sono  l’ultimo baluardo d’umanità rimasto nel gigantesco cimitero che è diventato il Mediterraneo. Attualmente vi sono in mare, in attesa di un porto sicuro: Ocean Viking con a bordo 234 migranti, Humanity con 180 e Geo Barents con 573907 vite da salvare SUBITO!  Quando a fine settembre lanciammo un comunicato di solidarietà alla Sea Watch3 , sottoposta a fermo amministrativo (sotto accusa per “aver salvato troppe vite” ) nel porto di Reggio Calabria  temevamo che le  politiche migratorie del nuovo governo sarebbero peggiorate. Gli Stati sono obbligati a garantire il coordinamento dei soccorsi anche al di fuori delle proprie acque di competenza SAR quando altri Stati competenti non possano o non vogliano intervenire, al fine superiore di salvaguardare la vita umana in mare, principio inderogabile di diritto cogente. I comandanti delle navi, qualunque sia la bandiera che battono, se informati della presenza di una imbarcazione in stato di pericolo (distress) che possono raggiungere mettendo in salvo vite umane sono tenuti a procedere alla massima velocità ( secondo le Convenzioni UNCLOS e SOLAS). Lo Stato richiesto di un porto di sbarco sicuro (POS) non può trasferire la responsabilità di indicare tale porto alle autorità di un paese ancora diviso come la Libia, che non garantisce i diritti umani o che, come Malta, non risponde generalmente alla richiesta di POS per naufraghi soccorsi al di fuori delle proprie acque territoriali. Non esiste una responsabilità primaria dello Stato di bandiera di fornire un Porto sicuro di sbarco, ed in questo senso è unanime la giurisprudenza italiana. Le Convenzioni internazionali, non certo la Conferenza di Valencia, che non può prevalere sulle Convenzioni internazionali ( UNCLOS, SOLAS e SAR), stabiliscono precisi obblighi di soccorso a carico degli Stati, vietano qualsiasi discriminazione tra le persone soccorse in mare, che sono naufraghi e non “clandestini” da trasportare da una costa all’altra, Si può dunque fissare il principio che, in assenza di prove di pericolosità evidente, lo sbarco dei naufraghi non implica alcun pericolo per la sicurezza nazionale. I divieti che si annunciano sono forieri di denunce penali e di un ritorno alla stagione delle inchieste contro le ONG, “colluse” con i trafficanti, o quantomeno responsabili di avere “traghettato” migliaia di persone. Altre falsità che possono colpire come proiettili i soccorsi operati da navi civili, quando ormai gli sbarchi dalle navi umanitarie riguardano una minima parte dei soccorsi operati nel Mediterraneo centrale anche dai mezzi dello Stato, e sono molto meno numerosi degli “sbarchi in autonomia”, sempre più frequenti. Non sono certo le navi umanitarie ed i loro equipaggi, tanto meno gli aerei civili che avvistano imbarcazioni in difficoltà, responsabili di un “flusso straordinario di sbarchi”, tale da costituire un pericolo per la sicurezza nazionale. In questo clima di falsificazione dei fatti e di larvate minacce di divieti amministrativi e di nuove denunce penali contro gli operatori umanitari, il 2 novembre si rinnovano tacitamente gli accordi con i libici, che minacciano di abbattere gli aerei e intercettare le navi delle ONG che vigilano sul Mediterraneo centrale, impegnandosi contro gli abbandoni in mare ed i sequestri in acque internazionali. I libici operano sempre più evidentemente su diretta commissione degli Stati europei e con il concorso attivo di Frontex e di altre agenzie di sicurezza europee.

comunicato integrale congiunto (ADIF, Carovane Migranti, LasciateCIEntrare, Rete Antirazzista Catanese, Associazione Cledu)

 

Contro il regime di “sorveglianza speciale” solidarietà agli anarchici  messinesi Claudio e Dario

Domani avrà luogo presso il Tribunale di Messina l’udienza che deciderà della richiesta di “sorveglianza speciale” per Claudio e Dario, due anarchici messinesi per i quali, come recita il verbale consegnato agli interessati, sono state condotte indagini che hanno “ricostruito l’esistenza e l’operatività sul territorio provinciale di una compagine ispirata, quantomeno nei suoi esponenti principali, a modelli e concetti dell’anarchismo federativista”.  Come è ben evidente, il dispositivo giuridico utilizzato non si riferisce al compimento di alcun reato, ma ha carattere preventivo. Come spiegato nel volantino delle Compagne e dei Compagni solidali, il senso dell’operazione è dato da un cortocircuito logico per il quale i soggetti sono “pericolosi” in quanto sottoposti a indagini, sebbene queste non siano approdate a nulla o, comunque, non siano approdate a condanne definitive. E’ in sostanza l’azione inquirente a costruire la “pericolosità sociale”. La verità è che ciò che viene messa sotto accusa è la biografia dei militanti. Il dispositivo, infatti, ricostruisce l’attività più che decennale degli interessati, le loro frequentazioni, la loro partecipazione ai movimenti che hanno attraversato i nostri territori, la loro mancata “normalizzazione”. E’ evidente che il carattere preventivo dell’azione inquirente sia finalizzato a isolarli dalla comunità politica dentro cui sono vissuti e hanno svolto la loro attività politica. Si capisce bene come l‘intento repressivo colpisce oggi Claudio e Dario, ma interroga tutti coloro che abbiano nel proprio orizzonte politico idee di trasformazione sociale, di messa in discussione dei meccanismi di sfruttamento sui quali è fondata la struttura produttiva nella quale lavoriamo, dei processi di distruzione del pianeta determinati dal modello di sviluppo che informa l’esistente. Tutti coloro che indaghino la natura oppressiva del potere possono oggi sentirsi sul banco degli accusati. In questo modo tutte le realtà che a vario titolo immaginano una società diversa, fondata sulla solidarietà, sulla cooperazione, sull’orizzontalità dei meccanismi decisionali, sulla difesa del pianeta, possono precipitare, nel “delirio inquirente”, nella categoria di “pericolosità sociale”. Portare la solidarietà a Claudio e Dario, dunque, non è un atto altruistico, ma un’azione necessaria. “Nessuno, a maggior ragione mentre i venti di guerra infuriano ferendo a morte la parte più vulnerabile dell’umanità e i manager di Leonardo Finmeccanica si arricchiscono grazie alla produzione e alla vendita di armi letali, potrà mai convincermi della legittimità etica del monopolio della violenza in mano allo Stato” scrive, tra le altre cose, Claudio in una lunga nota in cui ci invita a esserci il 2 novembre. Noi ci saremo per fargli sentire la nostra solidarietà e la nostra complicità.

 comunicato – Antudo

 

Malattie invisibili: una forma di violenza patriarcale. Dibattito promosso da NUdM

Palermo, mercoledì 3 ore 18:00 – Ambulatorio di Quartiere Borgo Vecchio (Via Archimede,1)

Non una di meno – Palermo avvia il percorso di avvicinamento verso la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne e di genere – il prossimo  25 Novembre – con questo primo momento di dibattito orizzontale e condivisione di esperienze dedicato alle Malattie Invisibili. Saranno ospiti: Martina Carpani
(attivista di Non Una di Meno Torino, del Gruppo Ascolto Vulvodinia e del Comitato Vulvodinia e Neuropatia del Pudendo) ed Elena Brucoli (Fisioterapista specializzata in riabilitazione del pavimento pelvico). Giovedì alle h.18,00 è prevista la proiezione del un “corto” della giornalista Angela Tullio Cataldo “La sofferenza invisibile delle donne con vulvodinia”

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Dialogo umanitario di MSF – Medici Senza Frontiere su: “Libia tra ingovernabilità, violazione dei diritti umani e violenza Quale futuro per il paese e per la sua stabilità? Quali le conseguenze delle politiche di deterrenza e come salvaguardare i diritti umani delle persone?”

incontro online giovedì 10 dalle ore 16:00 alle 17:30 –

Dopo più di dieci anni dalla caduta del regime di Mu’ammar Gheddafi, la Libia continua a vivere nella piena instabilità politica, divisa in due governi e in innumerevoli fazioni armate. In questa situazione di tensione e instabilità, con un numero crescente di scontri, alimentati anche da forze internazionali e una situazione economica drammatica, la popolazione libica sta pagando il prezzo più grande. Mancanza di accesso ai servizi di base, al cibo, all’acqua, all’assistenza sanitaria, all’istruzione, arresti indiscriminati sono solo alcune delle condizioni e violazioni cui la popolazione è sottoposta. Mentre la mancanza di status giuridico e protezione espone i migranti a una situazione ancora peggiore di sfruttamento, torture, violenza sessuale, sparizioni forzate che avvengono sia in comunità che nei centri di detenzione libici. E quanti tentano di prendere il mare per raggiungere un luogo sicuro sono sovente intercettati e ricondotti nei centri di detenzione nonostante le prove di gravissime violazioni dei diritti umani e di non rispetto del principio di non-refoulement. Parteciperanno: Matteo De Bellis, ricercatore in Migrazione e Asilo, Amnesty International;  Claudia Gazzini, Senior Analyst per la Libia, International Crisis Group; Michele Telaro, capomissione MSF in Libia. Modera: Laura Silvia Battaglia al-Jalal, giornalista freelance esperta in Medio Oriente.

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FUORI LA GUERRA DALLA STORIA – Parole Pensieri Corpi per la Pace

Il Presidio per la pace, che dallo scorso Aprile ha luogo ogni giovedì davanti alla Statua della Libertà, il monumento ai caduti della prima guerra mondiale in piazza Vittorio Veneto, è un atto indipendente di donne che si riappropriano dello spazio pubblico per trasmettere un messaggio di pace. Abbiamo denunciato – e continuiamo a farlo- l’uso deliberato e indiscriminato della forza, l’accettazione delle gerarchie e l’uso della violenza come metodo per risolvere i conflitti, principi su cui si fonda il militarismo. Ancora oggi la militarizzazione, ideologia del potere che normalizza l’uso della violenza, continua paradossalmente ad essere presentata come il paradigma della sicurezza umana e della pace. Non è così. Per questo abbiamo scelto di spostare questa settimana il nostro presidio a Venerdì 4 Novembre, seppure in un contesto diverso, Piazza Vigliena (i quattro canti) dalle ore 18.00 alle 20.00. La scelta non è casuale ma ancora una volta simbolica: la decisione di tenere il presidio davanti al monumento ai caduti è nata dalla volontà di sottolineare la necessità che non ci siano più caduti, né eroi o martiri di guerra, di superare l’idea del sacrificio patriottico come valore e mettere in risalto tutta la tragicità che il costo di vite umane inevitabilmente comporta. Il 4 Novembre ricorre l’anniversario della firma dell’armistizio che pose fine alla Prima Guerra Mondiale, l’”inutile strage” che ancora una volta solo un papa, Benedetto XV, pregò di scongiurare. Manifestando il 4 Novembre vogliamo ricordare l’assurdità, l’immoralità non solo di quella guerra, ma di tutte le guerre, la sconfitta della ragione e dell’umanità che ogni guerra comporta. E intendiamo stigmatizzare tutte le manifestazioni ideologiche del militarismo, più difficili da identificare perché spesso interiorizzate, volte a diffondere tra la popolazione civile valori, simboli e linguaggio militari. Vogliamo che questa giornata funga da commemorazione per tutti coloro che hanno subito gli orrori della guerra e del militarismo; che il sacrificio dei caduti della prima guerra mondiale si trasformi in consapevolezza dei guasti della militarizzazione e in un forte richiamo di educazione alla pace affinché la guerra sia cacciata dalla storia prima che sia lei a cacciare l’umanità fuori dalla storia della terra.

UDIPALERMO – Le Rose Bianche – Donne CGIL Palermo – Coordinamento Donne ANPI – Donne caffè filosofico Bonetti – Il femminile è politico – #Governo di lei – Donne No Muos No War – CIF – Emily – FIDAPA sez. Palermo Felicissima – Le Onde – Arcilesbica Palermo – info

 

Nessuna vittoria sul sangue dei popoli. Fuori l’Italia dalla guerra, fuori i militari dalle scuole!

Appello No Muos all’agitazione studentesca: «Il 4 novembre, come succede ormai ogni anno, verranno organizzate iniziative nelle scuole e nelle università volte ad esaltare la vittoria dell’italia della prima guerra mondiale. Dobbiamo attivarci per contrastare fermamente la retorica nazionalista e interventista che emergerà in quella giornata. Organizziamo azioni di agitazione, assemblee, manifestazioni per fare sentire la nostra voce»

Il 4 Novembre è la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate. Istituita nel 1919, a solo un anno dalla fine della prima guerra mondiale, questa data celebra l’anniversario dell’armistizio di Villa Giusti, che sancì la resa dell’impero Austro-ungarico all’Italia. L’esaltazione della vittoria della prima guerra mondiale, il primo vero conflitto imperialista generalizzato, risponde ad una retorica nazionalista e sciovinista, che vuole leggere l’intervento dell’Italia nel conflitto come il completamento del processo risorgimentale. In realtà la Grande Guerra fu il culmine delle tensioni interimperialiste che attraversavano tutta l’Europa da decenni; il coinvolgimento del nostro Paese, mascherato dalla volontà di liberare territori a maggioranza italiani, rispose alla volontà del capitalismo italiano di partecipare alla spartizione del bottino imperialista, acquisendo nuovi territori, rotte commerciali, vie di comunicazione, sbocchi sul mare. Milioni di lavoratori vennero mandati al massacro nelle trincee per combattere una guerra da cui niente avevano da guadagnare. Gli interessi economici che animarono quel conflitto furono gli stessi che favorirono lo scoppio della seconda guerra mondiale, e facendo un volo pindarico ai giorni nostri, sono gli stessi che scatenano le guerre per procura in questa fase. Il capitalismo è ormai giunto alla sua fase di massimo sviluppo, gli Stati competono per la spartizione del globo in sfere d’influenza, a costo anche di ricorrere ai conflitti armati. Gli artifizi ideologici utilizzati in passato per legittimare la guerra vengono riproposti ancora oggi con i pretesti più vari: dalla lotta al terrorismo, alla distinzione tra Paese aggressore e Paese aggredito, alla “denazificazione”. Tutti elementi pensati appositamente per camuffare le reali cause che spingono gli Stati capitalisti a farsi la guerra tra loro e fare appelli all’”Unità Nazionale” contro il nemico esterno. L’intervento militare italiano in Ucraina è conseguente agli interessi della nostra borghesia nazionale, perfettamente allineata ai piani imperialisti di USA e NATO che operano nel contendersi con la Russia l’egemonia nell’Europa orientale. Quotidianamente nei luoghi del sapere veniamo bombardati da operazioni ideologiche volte a creare consenso intorno al coinvolgimento del nostro Paese in guerra. Il movimento studentesco ha storicamente sposato le battaglie antimilitariste e antimperialiste. Gli studenti di ogni generazione sono stati protagonisti delle mobilitazioni di massa contro la guerra. È nostro compito storico quello di intervenire anche ora, in una fase in cui il rischio di una generalizzazione del conflitto è quanto mai concreto. Dobbiamo presidiare i luoghi del sapere perché non vengano infettati dalla propaganda bellicista, o addirittura coinvolti nella preparazione alla guerra, come accade per molte università nel nostro Paese. Sono decine gli atenei che annualmente stringono accordi con l’industria bellica e con apparati militari degli Stati. Sono centinaia i progetti che coinvolgono gli studenti delle scuole e corpi militari, come nel caso della convenzione stipulata lo scorso anno dall’USR siciliano con l’esercito italiano per far svolgere i PCTO in tre grosse caserme siciliane.

comunicato integrale  No Muos

 

Incontro con Carlos Liscano, autore fra i più rappresentativi della letteratura sudamericana

Palermo, mercoledì 9 ore 17:00 – Biblioteca centrale della Regione siciliana (Corso Vittorio Emanuele, 429\431)

Dopo aver ospitato lo scorso luglio la presentazione del cofanetto delle opere di Carlos Liscano, la Biblioteca regionale accoglierà lo scrittore uruguaiano in occasione del ciclo di conferenze organizzate in varie città italiane. Parte infatti da Palermo la serie di incontri italiani dello scrittore, uno tra i più rappresentativi della letteratura sudamericana, autore di romanzi, racconti e testi teatrali, oltre che ideatore di disegni, quaderni d’autore, sculture in carta, cartone e fil di ferro. Le opere di Liscano, fortemente segnate dal lungo periodo di prigionia durante la dittatura militare uruguagia e dai lunghi anni trascorsi in Svezia da esule, sono poco note in Italia, anche se hanno riscosso un grande successo in Francia, e sono già state tradotte in inglese, tedesco, svedese e arabo. L’incontro con il pubblico panormita sarà  incentrato, in particolare, su Il lettore erratico (sorta di diario in cui l’autore indaga origine e conflitti della sua scrittura) e L’informatore (opera in cui un uomo recluso, scrivendo, porta alla luce l’ottusità dei suoi torturatori, e se ne fa beffa). Dopo i saluti di Margherita Perez, direttrice della Biblioteca, l’autore  dialogherà con la scrittrice Luisa Stella,  curatrice del romanzo Verso Itaca (Edizionidellassenza, 2022).

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