Un tribunale di Koste, nella provincia sudanese Nilo Bianco, ha emesso il 26 giugno 2022, una condanna alla pena capitale per lapidazione contro una ragazza ventenne, Amal (non riveliamo il nome anagrafico, per rispetto della privacy), sulla base dell’accusa di adulterio (zina).

In questi giorni, l’Alta Corte ha respinto il ricorso degli avvocati e, quindi, in caso di mancato ripensamento la condanna diventa definitiva.

In Sudan, l’ultima condanna simile risale al 2013, ma l’Alta Corte l’aveva annullata.

L’avvocata di Amal, Intissar Abdallah, ha ripreso in mano il dossier dei tribunali ed ha ribadito che i diritti legali della ragazza sono stati violati dal tribunale di primo grado, perché non è stato ammesso un legale difensore e non sono stati ascoltati testimoni, ma soprattutto non è stato convocato, per essere processato, lo stupratore.
Dal verbale di polizia si evince che la ragazza non è stata informata dei suoi diritti, prima dell’interrogatorio.

Al di là degli aspetti giuridici e legali, la pena di morte è un assassinio di Stato e la lapidazione è una tortura inumana, anacronistica e sadica.

17 organizzazioni sudanesi, africane e internazionali per la difesa dei Diritti Umani hanno lanciato un appello alle autorità di Khartoum ed alla società civile del Paese, per agire in modo tale da impedire questo crimine, garantire un processo equo, liberare immediatamente Amal dal carcere e mettere fine alle discriminazioni nei confronti delle donne.

Infatti, tutte le sentenze per adulterio, in Sudan, sono state emesse contro donne, mai contro maschi.
Le associazioni, inoltre, sottolineano che il governo civile sudanese, nel 2021, aveva firmato il Trattato contro la violenza sulle donne, ma il colpo di Stato del 25 ottobre 2021 ne ha impedito l’entrata in vigore.

L’applicazione della pena di morte per lapidazione per il reato di adulterio (zina) costituisce una grave violazione del diritto internazionale, compreso il diritto alla vita e il divieto di tortura e trattamenti o punizioni crudeli, disumani o degradanti, come sancito dal Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) e la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura (UNCAT) di cui il Sudan è uno Stato aderente.

La solidarietà internazionale in casi simili è importante, anche perché l’applicazione della lapidazione, per i casi di adulterio, non è ammessa dal Corano, ma inserita in un modo dubbio nella Sharia. Sono molte contestazioni a questa norma da parte di molti teologi musulmani.

In passato ci sono stati casi simili, nei quali la mobilitazione delle coscienze ha funzionato: la nigeriana Safiya Husseini è stata salvata grazie a 20 milioni di lettere al presidente nigeriano, Obasanje; l’iraniana Sakina Ashtiani è stata salvata dall’impiccagione, grazie all’impegno dell’opinione pubblica mondiale.

Ci appelliamo a tutte le persone di buona volontà di agire immediatamente con un gesto semplice e concreto, per impedire questo crimine: firmare e raccogliere firme alla lettera-appello allegata, da spedire all’ambasciata sudanese in Italia.

Grazie anticipatamente per l’interesse e l’ospitalità!

Per il Consiglio Direttivo di Anbamed Mariangela Gallo – Ismail Emiliano Kashbur

LETTERA ALL’AMBASCIATA DEL SUDAN – ROMA

Alla cortese attenzione dell’Ambasciatore

della Repubblica del Sudan In Italia

Via Panama, 48, 00198 Roma RM

Numero di telefono:

(+39) 06 3322 2138

Numero di fax:

(+39) 06 3340 841

E-mail:

info@sudanembassy.it

Oggetto: Appello per salvare la vita della giovanissima Amal, condannata alla lapidazione in Sudan.

Gentile Ambasciatore,

ci rivolgiamo a lei per sollecitare la sua sensibilità ad intervenire presso le autorità competenti del suo paese, in modo di bloccare la sentenza alla pena capitale per lapidazione contro la ragazza 20enne, Amal (Non riveliamo il nome anagrafico, per rispetto della privacy). Amal è stata condannata, senza il rispetto dei suoi diritti ad un legale difensore, previsti dalla legge sudanese; durante l’interrogatorio nel commissariato di polizia, non le sono state fornite le informazioni necessarie sui suoi diritti prima di rispondere.

Noi consideriamo la pena capitale un assassinio di Stato e la lapidazione è il più odioso: un metodo disumano, anacronistico e crudele. Applicarla soltanto alle donne e mai ai maschi è un atto discriminatorio, in piena violazione delle leggi internazionali che il Sudan ha sottoscritto.

La sentenza del tribunale di Kosti, del 26 giugno 2022, va rivista e annullata e questo passo richiede un atto coraggioso, di volontà politica e giuridica, da parte delle autorità istituzionali, anche in questa fase difficile che vive il suo Paese.

Le chiediamo di trasmettere, al su governo, questo nostro sentimento di rifiuto di sacrificare una giovane vita umana, quella appunto di Amal, in osservanza di cavilli burocratici e norme a dir poco sadiche.

Libertà per Amal! No alla lapidazione! Salviamo la vita di Amal!

Luogo e data: …………………………………………………………………………..

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(in stampatello)

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