L’organizzazione non governativa EgyptWide for Human Rights, in collaborazione con il Centro Studi Sereno Regis ed il movimento Fridays For Future – Italia ha organizzato sabato 1 ottobre 2022 l’incontro pubblico Egitto, cop27: nessuna giustizia climatica senza libertà civili presso il Centro Studi Sereno Regis di Torino.

L’incontro, che ricade all’interno della Global Solidarity Week, iniziativa promossa dalle organizzazioni egiziane per i diritti umani in solidarietà con le prigioniere e i prigionieri politici egiziani, è stati moderato da Enzo Ferrara del centro studio Sereno Regis ed ha visto gli interventi di Alice Franchini (EgyptWide for Human Rights), Sayed Nasr (EgyptWide for Human Rights) e Cecilia Savio (Fridays for Future)

Mancano ormai meno di due mesi all’inizio della COP27, i negoziati ONU sul clima, che quest’anno si terranno a Sharm el Sheikh, in Egitto. La scelta di far ospitare il più importante forum sul clima ad un Paese come l’Egitto, che vanta un triste primato per violazioni sistematiche dei diritti umani contro dissidenti e attivisti/e manda un segnale intimidatorio alle comunità e ai movimenti in prima linea per la giustizia climatica: l’ostilità del regime egiziano verso le voci critiche minaccia di rendere irrilevanti le voci della società civile all’interno della COP27.

Secondo Alice Franchini, vice direttrice di EgyptWide for Human Rights, parlare di ecologia in un paese come l’Egitto con gravi violazioni dei diritti umani è complesso. L’Egitto è un partner storico dell’Italia: l’ENI gestisce la produzione del 60% del GAS egiziano, i cementifici italiani sono molto attivi nel paese. Nell’ultimo decennio la crisi dei diritti umani in Egitto è andata di pari passo con l’aumento delle forniture italiane alla polizia ed alle forze armate egiziane, anche in violazione della legge 185/90. Una parte delle forze di polizia egiziane vengono addestrate in Italia.

Cecilia Savio di Fridays for Future sottolinea che sarà praticamente impossibile per le organizzazioni della società civile intervenire ai lavori della COP 27. La realtà è che queste conferenze si stanno rivelando totalmente inutili ed anche le decisioni prese, benché insufficienti, non vengono rispettate od implementate: ad esempio il piano per aiutare i paesi già in difficoltà per la crisi climatica non ha raggiunto i suoi obiettivi di raccolta di finanziamenti.

Sayed Nasr, direttore di EgyptWide for Human Rights, pensa che il regime egiziano potrebbe usare la COP27 per ripulire la sua immagine. Invece i fari accesi sull’Egitto dovrebbero essere un’occasione per condannare le violazioni dei diritti umani e le limitazioni della libertà d’espressione, le torture inferte agli attivisti e la chiusura delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani ed anche di organizzazioni ambientaliste; ne è un esempio la recente chiusura della Rete araba per l’informazione sui diritti umani, i cui dirigenti sono stati costretti a fuggire all’estero.

Sono migliaia i detenuti politici nelle carceri egiziane: esemplare il caso di Alaa Abdel Fattah, attivista in carcere dal 2019 ed attualmente in sciopero della fame.

Il regime considera tutto questo un’attività di polizia normale.

Per mantenere viva l’attenzione delle opinioni pubbliche mondiali è stata creata la Coalizione egiziana per i diritti umani durante la COP27, perché non c’è giustizia climatica senza libertà di stampa e di espressione; la coalizione ha definito una petizione sottoscrivibile via internet.

Sayed sottolinea l’importanza di mantenere l’attenzione sull’Egitto anche dopo la fine della COP27 perché è prevedibile un accanimento del regime sugli attivisti quando i riflettori del mondo si saranno spenti.

Cecilia racconta come si è costruito e motivato l’interesse di Fridays fo Future per le questioni della giustizia sociale; in realtà l’unione tra questione climatica e giustizia sociale era già insito nel concetto della giustizia climatica, ma durante lo stop forzato delle attività durante il lock-down ed il conseguente approfondimento dei temi ci siamo resi conto di quanto questi due aspetti fossero intrinsecamente legati.

I punti di estrazione dei combustibili fossili e le relative infrastrutture sono molto spesso militarizzati a scapito dei diritti delle popolazioni.

I fornitori di gas dell’Italia sono in molti casi dei regimi che non rispettano i diritti umani.

Molti dei migranti sono migranti climatici, persone costrette a spostarsi dal proprio paese perché la crisi climatica ha reso invivibili i loro paesi.

Inoltre, l’ecologismo senza giustizia sociale è giardinaggio