Venerdì 23 settembre in occasione della mobilitazione di Fridays for Future ad Ancona, iniziata davanti alla Regione con la colata di fango sulla scalinata di accesso alla porta principale, immagini che hanno fatto il giro dei principali quotidiani nazionali, l’annuncio era stato chiaro e perentorio: il 15 ottobre, a un mese esatto dall’alluvione che ha colpito Senigallia e ampie parti dell’entroterra, ritorneremo.

E così è stato. Ieri pomeriggio in centinaia si sono dati appuntamento al concentramento della Fiera della Pesca, zona sud del porto anconetano. Alla fine si sono contate circa duemila persone, provenienti da tutta la regione, con una presenza diversa e qualificata di delegazioni  nazionali, a dimostrazione che la protesta di ieri convocata da Spazio Autogestito Arvultura di Senigalla, Fridays for Future, Trivello Zero Marche e Campagna fuori dal fossile ha assunto un valore rilevante, saldando i contenuti di carattere ambientale a  quelli sociali.

Il 23 settembre lo striscione di apertura, “Noi sporchi di fango voi sporchi di sangue”,  era stato inevitabilmente incentrato sulla stretta attualità, sul vergognoso ritardo dei soccorsi, sulle tredici vittime (una, la signora Brunella Chiu, è ancora dispersa) a fronte della generosità e della solidarietà con cui centinaia di volontari, in prevalenza giovani, che sin dalle prime ore si erano adoperati per soccorrere le popolazioni colpite, impegno andato avanti per due settimane, tramite il coordinamento nato grazie  a Spazio Autogestito Arvultura, diventato il punto di riferimento,  Brigate di Solidarietà attiva, Brigate per l’emergenza e Potere al Popolo. Questa volta sulla spinta delle tante proteste nate in tutta Italia sul caro bollette e più in generale contro l’insostenibile e insopportabile carovita, temi ambientali e questione sociale hanno trovato un’efficace sintesi nella parola d’ordine: “Basta pagare”.

Basta pagare le conseguenze di politiche devastanti per i territori, incuranti della tutela e della salute delle persone, del rispetto dell’habitat, di cui la vicenda senigalliese è un triste ed emblematico esempio.

Basta a pagare la crisi sociale con un impoverimento generalizzato, iniziato ben prima della tremenda guerra in Ucraina, che sta portando il mondo sull’orlo della catastrofe nucleare, un conflitto che ha solo dato il pretesto alla speculazione di sfruttare l’opportunità per massacrare i redditi dei lavoratori e delle fasce sociali marginali, per incrementare profitti e guadagni in Borsa.

Erano anni che Ancona e le Marche non vedevano sfilare una manifestazione così imponente, con tanti giovani, alcune decine di manifestanti provenienti dai territori alluvionati. Purtroppo alcune concomitanti assemblee nell’entroterra dove stanno sorgendo spontaneamente numerosi comitati, hanno un po’ limitato la partecipazione delle zone colpite, ma ci sarà tempo per nuovi appuntamenti.

In ogni caso a fianco di tanti marchigiani, hanno sfilato abruzzesi, arrivati con un pullman, che da anni si battono contro  le trivellazioni e gli altri progetti impattanti, romani dei Cobas, brindisini del movimento “No tap”, altra battaglia storica del Sud contro le “grandi opere” e una delegazione dei disoccupati napoletani (il  5 novembre ci sarà un appuntamento proprio nel capoluogo campano nell’ambito della campagna “Noi non paghiamo”) e altri ancora provenienti da Rimini, Ravenna e Bologna. Piombino, dove da mesi è in atto una mobilitazione della comunità locale contro il rigassificatore, non potendo essere presente si è collegata via video.

Da rilevare l’atteggiamento provocatorio e intransigente della Questura, che probabilmente per far pagare la protesta del fango di settembre ha imposto delle prescrizioni molto dure, con un percorso assai più ridotto rispetto all’abituale tragitto che di solito prevede l’attraversamento completo del centro e del corso principale, di sabato sempre estremamente affollato.

Ad un certo punto uno sbarramento di blindati e di transenne si è posto di traverso tentando di interrompere la manifestazione, ma la forza del corteo ha alla fine prevalso. Da notare che mentre si teneva la trattativa con la polizia, improvvisamente si sono aggregati decine di giovanissimi tra i tredici e i quindici anni, spesso etichettati dalla cronache locali come “baby gang” (il problema indubbiamente esiste anche da queste parti, ma non può essere affrontato in modo scandalistico e semplicistico), teenagers che spontaneamente, dopo un atteggiamento indifferente e anche un po’ ironico, si sono messi alla testa del corteo nonostante le intimidazioni di alcuni ineffabili agenti della Digos, infastiditi dai fumogeni di cui erano entrati in possesso. Ne è nato un fuori programma simpatico e anche importante. Alla fine lo sbarramento è stato tolto, il corteo è proseguito per concludersi nella centrale Piazza Roma, dove si sono succeduti numerosi interventi. La bella giornata è terminata con il falò delle bollette, come sta avvenendo in molti parti d’Italia.

In conclusione la manifestazione di ieri si è rivelata importante per i segnali inequivocabili che ha lanciato soprattutto alla Regione, entrata nell’occhio del ciclone per l’iniziale assenza nel coordinare e attivare i soccorsi (nelle ore in cui già la tragedia si stava palesando il Presidente della giunta Acquaroli era tranquillamente a cena) e nel modo in cui sta gestendo il post-alluvione. Un clamoroso scivolone lo ha compiuto il capogruppo di FdI Carlo Ciccioli, tristemente noto ad Ancona negli anni Settanta per le sue “imprese” squadriste nel Movimento Sociale, la cui frase su chi era “al posto sbagliato nel momento sbagliato”, non solo ha fatto il giro della stampa e delle televisioni  nazionali, ma soprattutto ha provocato l’incazzatura degli abitanti dei territori alluvionati, zone fino a ieri fedeli votanti del centro-destra, in particolare del partito della Meloni.

Ora per chi a Senigallia e non solo, in questa prima fase si è posto come punto di riferimento rilevante, si tratta di continuare a lavorare per riportare i contenuti espressi dalla manifestazione di sabato sul piano locale. Dopo l’alluvione del 2014, dove tutto sommato la consapevolezza delle ragioni del disastro sostanzialmente non c’era stata, l’impegno della gente si era incentrato, anche giustamente, solamente sui rimborsi; questa volta, anche nelle prime assemblee molto partecipate, è risultato chiaro a tutti che non ci si trova di fronte a qualcosa di occasionale, che capita ogni mille anni, come ha incredibilmente affermato il vertice della Protezione civile, ma ad eventi provocati dal cambiamento climatico, di fronte ai quali bisogna radicalmente cambiare rotta. E questo non è poco.