«Per la prima volta nei 32 anni in cui l’UNDP lo ha calcolato, l’Indice di Sviluppo Umano, che misura lo stato di una nazione in relazione a salute, istruzione e tenore di vita, si è globalmente ridotto per due anni consecutivi. L’Indice di Sviluppo Umano è precipitato ai livelli del 2016, annullando buona parte dei progressi compiuti verso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Questo passo indietro è in sostanza globale, dal momento che più del 90% dei Paesi ha registrato una riduzione negli anni 2020 o 2021 e più del 40% ha registrato tale riduzione in entrambi gli anni, indicando che la crisi si va approfondendo».

È un quadro drammatico quello che emerge dall’ultimo Report sullo Sviluppo Umano dell’UNDP, il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, dal titolo “Uncertain Times, Unsettled Lives: Shaping our Future in a Transforming World” (in italiano “Tempi incerti, vite instabili: plasmare il nostro futuro in un mondo che cambia”), pubblicato l’8 settembre 2022, che disegna un quadro chiaro. L’impatto devastante delle politiche associate alle evoluzioni della pandemia da COVID 19 e le conseguenze della drammatica escalation di guerra in Ucraina (senza dimenticare i numerosi altri conflitti in corso ai quattro angoli del pianeta) fa da sfondo ed emerge la drammatica situazione del nostro presente, una vera e propria “età dell’incertezza”, nella quale non solo passi indietro consistenti sono stati registrati in termini di sviluppo umano in generale, ma la stessa situazione dei diritti umani e la qualità stessa delle nostre democrazie sono sempre più a rischio.

Accompagnando la pubblicazione del report, Achim Steiner, amministratore del Programma, ha dichiarato: «Anche prima del COVID 19 stavamo assistendo al duplice paradosso del “progresso con incertezza” e della “polarizzazione”. Oggi, con un terzo della popolazione mondiale che si sente stressata e meno di un terzo delle persone in tutto il mondo che si fida degli altri, ci troviamo di fronte a grossi ostacoli nell’adozione di politiche efficaci per le persone e per il pianeta. Questa nuova analisi mira ad aiutarci a rompere questa impasse e a tracciare un nuovo corso al di fuori dalla nostra situazione attuale di incertezza globale».

L’ultimo Report sullo Sviluppo Umano dell’UNDP

Il report infatti mette a fuoco esattamente questa vera e propria “età dell’incertezza”, segnalando le sue diverse dimensioni: «La prima incertezza è associata al pericoloso cambiamento planetario dell’Antropocene e alla sua interazione con le disuguaglianze sociali. La seconda è la transizione intenzionale, anche se incerta, verso nuovi modi di organizzazione delle società industriali, che pretendono trasformazioni simili a quelle che hanno caratterizzato la transizione dalle società agricole alle società industriali. La terza è l’intensificazione della polarizzazione politica e sociale tra i Paesi e all’interno dei singoli Paesi – nonché di percezioni errate diffuse sia sull’informazione sia tra gruppi di persone – facilitata dal modo in cui le nuove tecnologie digitali sono spesso utilizzate» (Overview, p. 8). Una tendenza, peraltro, esacerbata dalle vicende di non breve durata legate alla guerra e alla pandemia, che stanno letteralmente sfigurando il pianeta: «Un’analisi su oltre 14 milioni di libri pubblicati negli ultimi 125 anni nelle tre lingue principali mostra un forte aumento delle espressioni di ansia e di preoccupazione in molte parti del mondo; altre ricerche su scale temporali più ridotte riportano un aumento costante di preoccupazioni, legate all’incertezza, a partire dal 2012, ben prima dell’epidemia di COVID 19».

In questo scenario (Overview, p. 11), «per la prima volta, il valore globale dell’Indice di Sviluppo Umano è diminuito, riportando il mondo indietro, ai tempi immediatamente successivi all’adozione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e all’Accordo di Parigi. Ogni anno alcuni Paesi sperimentano riduzioni nei rispettivi valori dell’Indice di Sviluppo Umano. Ma adesso il 90% dei Paesi ha visto il proprio valore dell’Indice di Sviluppo Umano diminuire nel 2020 o nel 2021, superando di molto il numero di Paesi che aveva registrato riduzioni a seguito della crisi finanziaria globale». In aggiunta, la crisi e l’incertezza incidono pesantemente sul benessere e sulla sicurezza delle persone: «Durante il primo anno della pandemia, la prevalenza globale di depressione e ansia è aumentata di oltre il 25%. Le persone a basso reddito, in particolare quelle che lottano per soddisfare i bisogni primari come la casa e il cibo, hanno sofferto in modo sproporzionato in diversi Paesi. Le donne, che hanno portato il carico della maggior parte del lavoro domestico aggiuntivo e di cura ulteriore in conseguenza della chiusura delle attività, della chiusura delle scuole e dei coprifuoco, hanno dovuto affrontare un disagio mentale molto più elevato rispetto agli anni precedenti la crisi» (Overview, p. 14).

Alcuni dati Paese per Paese

Nella classificazione Paese per Paese, tra i primi dieci in termini di Indice di Sviluppo Umano troviamo la Svizzera (0.962), la Norvegia (0.961), l’Islanda (0.959), la Danimarca (0.948), la Svezia (0.947) e l’Australia (0.951), che si confermano tra i Paesi a indice di sviluppo umano più alto del mondo; più indietro, la Gran Bretagna (0.929) e gli Stati Uniti (0.921), mentre l’Italia (0.895) occupa la posizione n. 30, dopo la Spagna e la Francia, prima della Polonia e della Grecia. Ad alto sviluppo umano si confermano la Cina (0.768), Cuba (0.764) e la Russia (0.822). Il criterio di calcolo, com’è noto, esprime l’Indice di Sviluppo Umano come media geometrica degli indici normalizzati per ciascuna delle tre dimensioni-chiave: una vita lunga e sana (con indicatore la speranza di vita alla nascita), accesso all’istruzione (con indicatore gli anni di frequenza scolastica) e un tenore di vita dignitoso (con indicatore il reddito nazionale lordo pro capite).