Il CPR  di Gradisca d’Isonzo è ancora una volta al centro della cronaca per un suicidio, ne è avvenuto un altro appena 8 mesi fa

La notizia, lanciata dall’ANSA, è sconcertante per molti aspetti.

La persona migrante, di origine pakistana, si è suicidata un’ora dopo essere entrato in stato di detenzione all’interno del CPR. Da ciò che ci risulta, come spesso avviene nei suicidi in luoghi di detenzione, “ha fatto la corda” come si dice in gergo: si e legato una “corda” al collo e ha tirato sino a morire. Lo scriviamo non per gusto del macabro o per informazione da tabloid, ma per dare l’idea della volontà e determinazione nel togliersi la vita di questa persona.

Ovviamente il primo interrogativo riguarda l’idoneità della persona allo stato di detenzione che, continueremo a ripetere, nei CPR viene esercitato in assenza di reato.

E’ lampante che quella persona non era assolutamente idonea alla vita detentiva all’interno del CPR, quindi si configurano tre ipotesi:

– la persona non è stata sottoposta a visita d’idoneità
– la visita prevista di idoneità da parte dell’ASL è stata effettuata ma in modo definitivamente, purtroppo, privo di accuratezza, professionalità e competenza
– la persona è stata sottoposta a detenzione nonostante parere negativo dell’ASL

Lamorgese, Ministra dell’Interno, ci ha lasciato “in eredità” il nuovo regolamento CPR. All’art. 3 comma 2 sancisce: “Nei casi in cui lo straniero abbia fatto accesso al centro senza aver effettuato la visita di cui al comma 1 da parte di un medico della ASL o dell’azienda ospedaliera, la visita dovrà essere ripetuta entro 24 ore dall’ingresso nel CPR da parte del medico della ASL con cui la Prefettura sede del CPR ha stipulato apposito protocollo”.

All’art. 3 comma 9 sancisce: “Nel presidio sanitario di cui al comma 5 è assicurata la presenza di personale medico e paramedico, quest’ultimo per 24 ore al giorno, compresi i giorni festivi. L’Ente gestore provvede alla nomina del medico responsabile del presidio ed individua il personale paramedico, in conformità alle prescrizioni del capitolato d’appalto.”

Si evince dal nuovo regolamento che: qualora il detenuto non abbia la visita d’idoneità, viene comunque sottoposto a detenzione in un luogo nel quale non c’è un medico h24, in cui la visita medica non viene immediatamente effettuata dal personale medico contrattualizzato dall’ente gestore.

La persona pakistana che si è tolta la vita all’interno del CPR di Gradisca lo ha fatto entro un ora. Una tempesta perfetta. Qualora non fosse in possesso della visita d’idoneità dell’ASL mi permetto di rivolgere una domanda aperta a Lamorgese: “Si sente in pace con la coscienza?”.

Un’altra grossa fonte di sconcerto deriva dalla dichiarazione virgolettata della Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Gradisca, Giovanna Corbatto, riportata dall’Ansa: “Non sappiamo se e quali fantasmi si portasse dietro, se la sua drammatica decisione sia stata pianificata o improvvisata, se avesse patologie. Avendo trascorso solo un’ora al Cpr sarei prudente nel citare le condizioni di vita all’interno come causa o concausa di un gesto così estremo”.

In occasione del suicidio avvenuto a dicembre 2021 sentimmo la Corbatto e scrivemmo: “La Dott.ssa Corbatto ci ha rassicurato sulla condizione generale alla quale sono sottoposti i detenuti: l’Ente gestore Ekene assolve con la dovuta attenzione al proprio ruolo”, ma in occasione della visita ispettiva delle Parlamentari Nugnes e Sarti, le dichiarazioni rilasciate all’uscita furono di ben altro tenore, peraltro in linea con le dichiarazioni della cittadinanza attiva che monitora il CPR veneto.

Nella nostra esperienza abbiamo sempre riscontrato una certa coerenza tra le dichiarazioni dei Parlamentari in visita ispettiva, dei Garanti e delle associazioni, come ASGI o LasciateCIEntrare, che si occupano del problema. In questo caso le dichiarazioni sono diametralmente discordanti.