Dopo aver soccorso 428 persone, il 21 settembre la Sea-Watch 3 è stata bloccata dalle autorità italiane. L’ennesimo blocco illegittimo, nonostante la Corte di Giustizia Europea (CGE) abbia dichiarato illegali i controlli arbitrari dello Stato di approdo. 

Nei primi giorni di agosto la Sea-Watch 3 è stata sottoposta a un controllo programmato dallo Stato di approdo in cui sono state individuate lievi carenze. All’arrivo nel porto di Reggio Calabria l’organizzazione tedesca si aspettava un’ispezione di rettifica per le carenze; le autorità italiane hanno invece eseguito un PSC (Port State Control) esteso che è durato oltre 13 ore e il cui esito è stato il blocco della nave.

È già accaduto in passato che le navi di soccorso a seguito dei controlli dello Stato di approdo siano state trattenute con motivazioni assurde: mancava una certificazione immaginaria e inesistente, o a bordo c’erano troppe persone salvate. Per contestare questi blocchi arbitrari e ingiusti, Sea-Watch ha presentato appello di fonte il TAR di Palermo, che è stato poi inoltrato alla Corte di Giustizia Europea. Il 1° agosto 2022, la Corte di Giustizia Europea ha dichiarato che il salvataggio in mare è un dovere e che i controlli dello Stato di approdo non devono essere usati arbitrariamente contro le ONG. Nella sua sentenza, la Corte di Giustizia Europea ha sottolineato che l’Italia non può richiedere una certificazione che non è prevista dallo Stato di bandiera e che il numero di persone soccorse non è un motivo valido per la detenzione della nave. I controlli dello Stato di approdo possono continuare a essere effettuati, ma devono essere eseguiti nei tempi previsti o con un valido motivo.

Nonostante la sentenza, nella giornata di mercoledì 21 settembre durante l’ultimo Port State Control effettuato le autorità italiane hanno concentrato le loro attenzioni sul numero di persone soccorse, mettendolo in relazione alla sicurezza della nave e sostenendo che rappresenti “un pericolo per le persone, le cose o l’ambiente” (citazione dal Rapporto di ispezione). Il capitano della nave e Sea-Watch controllano e valutano costantemente la sicurezza della nave durante ogni singola operazione di salvataggio, garantendo che tutte le operazioni siano svolte in modo sicuro.

L’assurda argomentazione di aver salvato troppe persone suggerisce che avremmo dovuto lasciarle annegare nel Mediterraneo, ignorando il dovere di ogni capitano di prestare sempre assistenza in mare.

Sea-Watch ribadisce la sua collaborazione e disponibilità rispetto ai controlli dello Stato di approdo per garantire la sicurezza delle navi, degli equipaggi e delle persone soccorse, ma i blocchi arbitrari conseguenti a controlli palesemente di matrice politica devono essere fermati.

“Poco prima delle elezioni politiche, le autorità italiane stanno intensificando la criminalizzazione della migrazione e del soccorso civile in mare. Stanno ancora una volta cercando di impedirci di garantire il diritto alla vita e alla sicurezza delle persone in pericolo in mare” dichiara Johannes Bayer, membro del consiglio di amministrazione di Sea-Watch. “Nonostante i reiterati ostacoli, continueremo senza sosta il nostro lavoro di protezione e di assistenza delle persone in pericolo”, conclude Bayer.