Sabato scorso, nella sede confederale siciliana della CGIl, si è tenuto l’attivo regionale delle aree programmatiche radicali del sindacato, dove è stato presentato il documento congressuale comune, alternativo a quello della maggioranza espressa dall’attuale segretario Maurizio Landini. Un incontro che ha richiamato una partecipazione straordinaria e che ha, come nelle grandi occasioni,  riempito il salone delle conferenze di via Bernabei, man mano che arrivavano i gruppi dai maggiori centri urbani della regione. Infatti, all’attivo convocato (di cui avevamo dato informazione sulle nostre pagine) hanno preso parte le delegazioni provinciali provenienti da tutta l’isola – dal levante ragusano (i cui componenti si sono messi in viaggio fin dalle prime ore dell’alba) al ponentino trapanese – per confrontarsi sulla stesura del documento comune finale che ha coinvolto orizzontalmente, in un vero e proprio processo partecipativo dal basso, i militanti dalle Aree programmatiche di “Democrazia e lavoro” e “Riconquistiamo tutto”. Cioè, stiamo parlando dell’opposizione interna alla confederazione generale che è riuscita – finalmente – a superare le incomprensioni e le contraddizioni che le hanno viste anche in competizione nelle vicende congressuali pregresse, perlomeno dai tempi delle segreterie Epifani e Camusso.

Come abbiamo evidenziato nella news della rubrica settimanale, già nel titolo – “Le radici del sindacato, senza lotta non c’è futuro” – si conferma che non v’è  alcuna ombra di dubbio sulla netta e radicale contrapposizione delle minoranze che si presenteranno unite all’assise generale. Tutto ciò è emerso chiaramente nel corso del ricco dibattito sviluppatosi durante i lavori. Abbiamo avuto davvero la sensazione che in questo congresso – che la CGIL si appresta a celebrare –  sembra possa aprirsi una vera e propria svolta, offrendo – a beneficio delle opposizione sociale nel paese e delle lotte dei lavoratori – una salutare prospettiva dialettica-conflittuale anche dentro lo storico sindacato della sinistra.

Tutti gli intervenuti hanno messo in relazione le vertenze dei lavoratori (a cominciare dal GKN) con l’opposizione sociale: dal movimento pacifista all’accoglienza dei migranti, dalla rivendicazione dei diritti civili alle lotte delle donne, dal contrasto alla povertà allo sviluppo sostenibile (queste ultime interrelate con la questione climatica, per gli effetti della desertificazione provocati dal catastrofico surriscaldamento del pianeta che minaccia, assieme al pericolo incombente della guerra nucleare, la umanità).

Nel complesso, dicevamo, un buon livello di analisi collettiva. Ma, soprattutto, non possiamo non evidenziare il gran contributo apportato al dibattito (ben coordinato da Elia Randazzo  del direttivo camerale della CGIL di Palermo) dagli interventi delle donne che hanno preso la parola: da Eliana Como – prima firmataria del documento – a Katia Perna, dirigente scolastico catanese che ha – tra le altre questioni – svolto un’analisi implacabile sul sistema formativo, messo a dura prova in questi anni pandemici, evidenziando la necessità di una riforma non più procrastinabile, ma di segno opposto alla visioni riformatrice imperniata nella logica neoliberista su cui è ispirata la pianificazione dello stesso PNRR.

La leader bergamasca dell’Area “Riconquistiamo tutto” ci ha raccontato del dramma vissuto nella sua terra (il primo focolare pandemico della Covid-19) a causa della folle corsa al profitto, costato il sacrificio di tantissima povera gente che si sarebbe potuto salvare, solo se si fosse fermato immediatamente  quell’apparato manifatturiero – fra i primi esportatori nel continente – che non s’è impietosamente arrestato nemmeno dinnanzi all’ecatombe provocata dal coronavirus. Con l’evocazione di questi fatti, Eliana Como ci ha voluto ricordare come in questo paese si è sostanzialmente in mano alla logica produttivistica confindustriale del nord. Infatti, ha rilevato che, probabilmente, mai si sarebbe accettato un lockdown totale se il focolare pandemico fosse stato localizzato in Sicilia o in qualche altra regione del sud. Sostanzialmente, sintetizzando la Como, “questo paese è condizionato dalle scelte e dagli interessi del sistema dell’impresa capitalistica concentrata nelle aree settentrionali”, non a caso l’autonomia differenziata è invocata con determinazione dal triangolo regionale lombardo-veneto-emiliano, indipendentemente dal colore della compagine governativa al timone.

Proprio sull’autonomia differenziata in diversi interventi – fra cui quello di Saverio Cipriano, esponente siciliano di Democrazia e Lavoro – è stato sottolineato il fatto che nelle tesi congressuali della maggioranza, in virtù del compromesso coagulatosi attorno al segretario uscente ex-Fiom, non si fa alcuna menzione, glissando sulla vexata quaestio, così come su tutte le altre vicende che avrebbero potuto compromettere la tenuta dell’accordo elettivo che ha legittimato la “segreteria-Landini”:

Per l’ala radicale del sindacato, l’assise generale della CGIL dovrebbe essere l’occasione per rilancia il conflitto sociale e del mondo del lavoro, sia delle forme strutturate nel classico tempo indeterminato sia in quelle strutturate nelle nuove forme flessibili che generano precarietà anche nelle condizioni di vita. È stata fondamentalmente richiamata la rivendicazione di quel welfare-state che le politiche neoliberiste hanno progressivamente cancellato, arretrando dal “patto fordista” in nome del dominio del libero mercato.  “Vogliamo un congresso per la mobilitazione e il rilancio della qualità esistenziale, recuperando tutti quei diritti che grazie alle lotte degli anni passati erano stati conquistati attraverso lo stato sociale universale”: Scala mobile, Sanità pubblica, Scuola gratuita. Ma soprattutto si deve avviare una riforma degli ammortizzatori sociali riconosciuti come diritti soggettivi; in particolare nel documento delle opposizioni radicali si propone l’introduzione di un reddito di base come strumento incondizionato ed universale di contrasto alla povertà  a carico della fiscalità generale, “senza vincoli, che  comprenda, oltre al sostegno economico, politiche di inclusione e sostegno sociale”.

I lavori sono stati chiusi da Adriano Sgroi, leader di “Democrazia e Lavoro” che, prima della  sintesi politica dei temi emersi dal dibattito, ha posto l’accento sulla democrazia interna nel sindacato e nella sfera dei rapporti di produzione: sul primo versante i rapporti democratici non possono essere regolati soltanto nell’ambito di un piano di natura formale, con una minoranza che si adegua sic et simpliciter alle decisioni della maggioranza; sul secondo versante la questione non può essere risolta con una generica “democrazia economica” fra le parti  (così come si richiama nelle tesi della maggioranza),  ma affrontata – in termini diversi –  nell’ambito della pianificazione della sostenibilità sociale ed eco-sistemica del modello produttivo capitalistico.

Ovviamente, la nostra Agenzia, seguirà con attenzione tutte le fasi del XIX Congresso che impegnerà nei prossimi mesi la confederazione generale sindacale più antica della sinistra italiana.