Kiev, 11 luglio 2022
Una Vyshyvanka bianca con decori azzurro cielo d’Ucraina, quella indossata da Angelo Moretti, Spokesman del MEAN-Movimento Europeo di Azione Nonviolenta, poco fa al Comune di Kiev.
Un discorso appassionato, curato, denso di rimandi ai principi costitutivi dell’Europa, di richiami storici e poetici, letterari e sociali.
Una “sveglia” all’Europeismo dimenticato, un richiamo al ritorno ad una assunzione di responsabilità europea in prima persona nel percorso di pace che in questa guerra.
Dopo l’apertura di Vitali Klitschko, Sindaco di Kiev e del Nunzio Apostolico, Arcivescovo Visvaldas Kulbokas – e alla presenza di Vadim Svyridenko, Plenipotenziario del Presidente dell’Ucraina sulle questioni della riabilitazione dei combattenti, di Ihor Torskyi, fondatore della Charity Fund “Azione per l’Ucraina”, Maryna Honda, vice capo dell’amministrazione del Comune di Kiev per l’esercizio dei poteri di autogoverno e di Pierfrancesco Majorino, Deputato al Parlamento Europeo – Moretti ha pronunciato il suo discorso davanti ai rappresentanti della società civile ucraina incontrata durante i due viaggi precedenti del MEAN di maggio e giugno 2022, agli attivisti presenti per la “Marcia nonviolenta” e alla delegazione ufficiale del MEAN che compone la cabina di regia del Movimento formatosi subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e che per mesi ha lavorato ai documenti ma soprattutto all’intreccio delle relazioni vive e costanti con società civile, autorità ecclesiastiche e civili ucraine.
Forte anche, nella parte finale, l’espressione di vicinanza alla dissidenza russa, alla imprescindibile cultura russa di cui l’Europa è ricca.

Di seguito, l’integrale del Discorso di Angelo MORETTI:

Siamo qui.
Abbiamo sognato di poter essere qui con voi, a manifestarvi la nostra solidarietà, da quando abbiamo visto entrare i carri armati russi sul vostro confine, vi abbiamo ammirato quando avete deciso di resistere, quando avete circondato i soldati russi in modo nonviolento con le vostre bandiere, quando avete intonato il “Va’ Pensiero” ad Odessa mentre cadevano i missili, quando avete messo i vostri corpi disarmati davanti ai tank russi che invadevano le città per cercare di fermarne l’avanzata con la vostra forza morale, quando avete messo in piedi una resistenza di popolo che ci porta all’origine del sogno europeo di un mondo libero, democratico e rispettoso dei diritti sociali.

Un nostro partigiano, Germano Nicolini, scrisse così:
La gente pensa che la Resistenza sia stata soltanto un fatto d’armi. Ma sbaglia. La Resistenza fu soprattutto uno scambio collaborativo con il popolo. Le persone erano con noi perché noi ci siamo presi cura di loro. Non abbiamo lasciato mai la nostra gente. E loro non ci hanno mai abbandonato. Non mi hanno mai abbandonato.
In nome di quella resistenza, noi oggi siamo qui a dirvi che anche come società civile non vi lasceremo soli: come i nostri governi stanno cercando strade possibili per un cessate il fuoco, anche noi della società civile ci sentiamo chiamati a scendere in campo, perché, se non possiamo ancora fermare la guerra, sappiamo però che possiamo far avanzare la pace, insieme, sottraendo veleno alla guerra.

Un grande giornalista della resistenza francese, Albert Camus, scrisse:
Non esistono due France, una che combatte e una che si atteggia ad arbitro del combattimento in atto. Infatti, anche se alcuni vorrebbero guadagnarsi la comoda posizione di chi giudica senza intervenire, il non intervento è oggi impossibile. Non potete dire:’ “La cosa non mi riguarda.” Perché la cosa vi riguarda eccome. La verità è che oggi la Germania non ha soltanto lanciato un’offensiva contro i migliori e i più coraggiosi dei nostri compatrioti, ha promosso la continuazione della guerra totale contro la totalità della Francia, totalmente inerme sotto i suoi colpi micidiali. Non dite “La cosa non mi riguarda. Io vivo in campagna, e la fine delle ostilità mi restituirà la pace di cui godevo all’inizio della tragedia.” La cosa, invece, vi riguarda”.

Così deve essere per l’Europa oggi. Non possono esistere due Europe, una che invia armi ed una che sta a casa a vedere alla tv come andrà a finire questa aggressione, siamo tutti intimamente coinvolti e non può esistere un vero sentimento che leghi i nostri popoli se continueremo a pensare che la tregua che cerchiamo riguardi solo le vite degli ucraini.
Noi siamo qui per dire: siamo tutti ucraini! Sentiamo tutti che la lotta dell’Ucraina è la nostra lotta, che le speranze di un futuro di libertà, democrazia e stato sociale dell’Ucraina sono le speranze di tutto il sogno europeo!

Ma siamo anche tutti europei, l’Ucraina è Europa: a Majdan ha deciso la sua identità nel terzo millennio ed oggi è ufficialmente candidata ad essere stato membro.
Questo significherà che la fratellanza a la sorellanza tra i nostri popoli non potrà essere affidata alle burocrazie, ma principalmente alla nostra amicizia.
Non si diventa europei per aver superato un concorso o un test , ma perché si decide di avere un’identità comune di popoli democratici che perseguono la pace globale, accettano le diversità di opinione e di fede, danno dignità ed umanità alla pena delle persone condannate, aboliscono i manicomi per le persone con sofferenza psichica, garantiscono la libera istruzione, la parità di genere e l’esercizio dell’obiezione di coscienza nei temi che riguardano l’uso delle armi, hanno cura dell’ambiente.
Noi siamo qui per ribadire che vi saremo accanto nel percorso di ingresso nella UE come società civile e come compagne e compagni di viaggio, a partire dall’urgenza di oggi e con un piede nell’Ucraina libera ed indipendente del futuro. Vogliamo condividere con voi la bellezza dei versi del poeta Ševčenko così come sentiamo che i vostri canti di liberazione sono i nostri.

Siamo qui per costruire con voi il nuovo pacifismo dell’UE.
Per compiere con voi un passo in più rispetto all’epoca della guerra fredda e della cortina di ferro a cui qualcuno brutalmente vuole farci ritornare: oggi noi lottiamo come società civile anche per sostenere i russi che vorrebbero vivere in un mondo libero e democratico, per quelli che anelano alla pace e sono costretti al silenzio, per gli obiettori che stanno pagando con la galera il proprio rifiuto alla guerra.

Non solo. Siamo qui anche per difendere – accanto ai dissidenti russi – il futuro della cultura russa, della sua letteratura, della sua musica, dei suoi campioni sportivi, della sua arte, del suo ingegno. L’Europa non sarebbe Europa senza Tchaikovsky e Dostoevskij, senza Pasternak e Tolstoj, senza Sacharov e Checov.

Care amiche e cari amici ucraini, è questo che desideriamo più di tutto nel nostro cuore, esservi accanto perché possiate vincere la vostra giusta battaglia, e tutti assieme vincere anche la battaglia più radicale, quella tesa ad arginare la follia di un mondo che si prepara a prossime e terribili guerre. Con voi siamo qui per la ricerca di una tregua possibile oggi, ma soprattutto per metterci a lavoro, fianco a fianco, per l’Europa pacifista di domani, quell’Europa che avrebbe dovuto intervenire prima e meglio ai vostri confini, con i Corpi Civili di Pace, e che invece è stata colta impreparata il 24 febbraio scorso.
Noi Europei siamo mobilitati per esigere dai nostri governi uno sforzo diplomatico molto maggiore nel prossimo futuro, mettendo in campo anche i nostri corpi disarmati e accettando i sacrifici nelle nostre economie quotidiane provocati dalla guerra e dalla ricaduta delle sanzioni anche sulle nostre società, per cercare tutti insieme dei modi creativi e concreti per far cessare l’aggressione, e dare il via alla ricostruzione civile e morale di una terra ferita.
Oggi siamo qui a chiedere, come società civili sorelle, che l’Europa svolga fino in fondo il suo lavoro diplomatico. L’Europa sostenga l’Ucraina e prenda subito la guida dei negoziati! Nessuno deve dormire in pace finché questa terra e questo popolo verranno aggrediti.
Avanti Ucraina! Avanti Europa! Avanti la Pace!