Il Sen. Gregorio de Falco ha effettuato, dopo circa un anno, un’altra visita al Centro per Rimpatri Corelli di Milano

Fortunatamente sono più frequenti gli accessi da parte di parlamentari ai centri di detenzione amministrativa, dove gli stranieri privi di un permesso valido di soggiorno vengono detenuti in attesa di rimpatrio. La media dei rimpatri da alcuni anni si attesta su base nazionale al 50% dei detenuti nei CPR, questo di fatto in violazione dell’art. 15 comma 4 (pag. 8) della Direttiva  2008/115/CE (le direttive europee sono vincolanti nel conseguimento dei principi ivi sanciti).

De Falco durante la visita, mostrando competenza specifica sul problema, ha verificato quelli che sono gli aspetti più critici e disumani della detenzione nei CPR: quelli legati alla gestione medica delle persone detenute e agli effetti psicologici e mentali che il livello di disumanità della detenzione nei CPR causa alle persone, molte delle quali, non rimpatriate, continuano ad entrare ed uscire da quelle strutture con effetti devastanti sulla salute.

Abbastanza inquietante al Corelli anche la gestione, del tutto arbitraria, del “pocket money” –  destinato per norma alle persone detenute – che il gestore ha deciso di dare solo al rilascio, contribuendo a rendere ancora più disagevole e disumana la detenzione all’interno della struttura.

Immaginiamo che questa prassi arbitraria possa essere “giustificata” dal possibile spaccio di farmaci all’interno della struttura, fatto ampiamente risolvibile con la somministrazione del farmaco in infermeria (gli infermieri dovrebbero essere presenti H24 nella struttura) ed eventualmente del controllo e della perquisizione (naturalmente fuori dall’infermeria), delle persone sospette di non assumere i farmaci (l’infermiere dovrebbe controllare) ma di spacciarli all’interno delle aree di detenzione. Evidentemente si è deciso di sanzionare tutti, il che implica il minimo sforzo da parte di gestore e FFOO, optando per il massimo del disagio per tutti, sottolineiamo tutti, i detenuti.

Del tutto sconcertante l’aspetto dell’acqua potabile: difficile pensare che le condutture dell’infermeria e dei bagni dei detenuti siano diverse e che attingano a fonti d’acqua differenti. Attualmente la quantità d’acqua stabilita per capitolato è di una bottiglia da 1,5 litri al giorno pro capite, assolutamente insufficiente in particolare nelle stagioni calde dove all’interno delle aree di detenzione le temperature sono molto elevate. Ciò vuol dire che: o i detenuti soffrono la sete (esposti ad eventuali possibili complicazioni dell’apparato renale-urinario), o sono costretti a bere acqua verosimilmente non potabile. Difficile non dare un nome a tutto questo: tortura.

Sarebbe sconcertante che la possibilità che una struttura detentiva sia priva di acqua potabile non determinasse l’apertura di un fascicolo da parte della Procura per l’accertamento dei fatti e di eventuali responsabilità.

Difficile non evincere dal rapporto di de Falco delle corresponsabilità da parte della Prefettura di Milano in relazione alla specifica funzione di controllo che deve esercitare sul CPR, Prefettura della quale il Sindaco Sala, quando diede il consenso alla riapertura del CPR Corelli – dopo una clamorosa inversione di marcia, inizialmente si era dichiarato contrario partecipando anche ad un corteo contro la riapertura – dichiarò di volersi fidare.

Anche dal Ministero dell’Interno, dal quale dipende il sistema della detenzione amministrativa e quindi i CPR, non emerge un’attività volta all’imposizione del rispetto delle norme, decreti, direttive europee.

Contrariamente a quanto capita in altri Comuni italiani non emerge un’attività di monitoraggio da parte del Garante per i diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Milano, Francesco Maisto. Non emergono rapporti da lui pubblicati.

Riportiamo integralmente il rapporto di de Falco:

La detenzione amministrativa non può avere cittadinanza in uno Stato democratico.

Ad un anno di distanza dalla visita del giugno 2021 al CPR di via Corelli a Milano da cui è scaturito il dossier “Delle Pene senza delitti” e due esposti alla Procura di Milano, ieri assieme alla collega Simona Nocerino (M5S) ci sono ritornato.

Anche la nuova ispezione è stata piuttosto approfondita ed è durata circa 10 ore.

Nonostante tutti gli atti posti in essere l’anno scorso, tra cui 2 esposti e numerose diffide ed il cambiamento di gestione del centro, ho dovuto constare che gran parte delle criticità persiste, essendo connesse all’istituto stesso della detenzione amministrativa, ovvero ad una detenzione per fatto illecito amministrativo.

Anzi, il fatto che siano stati ignorati gli appelli e le denunce che nel frattempo hanno confermato e comprovato abusi e violazioni del diritto alla difesa, alla comunicazione, alla salute delle persone migranti, detenute in condizioni peggiori di quelle carcerarie, se possibile aggrava un panorama già desolante.

Ieri, tra gli accompagnatori che hanno partecipato ai lunghi colloqui con i trattenuti e seguito la visita agli uffici amministrativi ed alla infermeria, vi era con noi anche un medico.

La quasi totalità dei detenuti ha chiesto, mediante espressa delega scritta, alla direzione del centro la consegna, noi tramite, della documentazione sanitaria di pertinenza di ciascuno di essi ed in particolare il diario clinico. Siamo in attesa di avere le copie che spettano a ciascuno degli aventi diritto. Aspetteremo 15 giorni al massimo, è un termine congruo.

Ho poi cercato di verificare, senza fortuna sino ad ora, altra documentazione amministrativa (come, ad esempio, l’attestazione della potabilità dell’acqua, poiché vi era un cartello, ma solo in infermeria, secondo cui la qua non è potabile).

Per ogni documentazione ho ricevuto un rifiuto da parte del gestore, che si è “giustificato” dietro disposizioni della Prefettura.

Anche tali disposizioni, però non erano visibili. Chissà se esistono.

Questo atteggiamento, gravemente ostruzionistico, non può certo nascondere la disorganizzazione e l’approssimazione con la quale il centro di Via Corelli viene gestito, e nel contempo la mancanza di un controllo sostanziale da parte dell’autorità competente, la Prefettura, verso il gestore.

È molto grave, inoltre, che il denaro destinato direttamente ai detenuti (2,5 euro/giorno) il c.d. “pocket money” sia loro sottratto, non si sa a che titolo, e sia totalmente in mano al gestore e sarebbe utilizzabile solo per l’acquisto di sigarette e tabacco, mentre possono acquistare cibo solo coloro che già possiedono denaro proprio.

Tutta la situazione presente nel Centro è lontanissima da quella necessaria trasparenza che deve avere un luogo nel quale si privano della libertà individuale persone che, peraltro, non hanno commesso alcun reato ma solo un mero illecito amministrativo, ovvero quello di essere privi di un permesso di soggiorno, dovuto a leggi ormai inadeguate e che non offrono alternative alla clandestinità, favorendo, anzi, troppo facilmente la caduta in questa condizione per persone che, invece, erano in regola, come evidenzia il fatto che gran parte dei trattenuti attualmente presenti nel centro è costituita da persone radicate sul territorio italiano da decine di anni e con lunghi periodi di regolarità, che per un accidente hanno poi perso il permesso, spesso per aver perso il lavoro.

La nostra visita ispettiva ha, inoltre, confermato che del tutto carente ed oscura resta la gestione della parte sanitaria, delegata al gestore privato e ai suoi medici in libera professione, svolta in uno scarno ambulatorio dove la regola, come in tutto il centro, è il risparmio, anche sui farmaci, salvo che sui tranquillanti.

Un ambito, quello dalla salute, che registra la totale abdicazione della sanità pubblica, e la sostanziale assenza dei Protocolli Prefettura – ATS previsti dai regolamenti

Ma quel che più impressiona sono le condizioni di degrado ed abbandono del trattenimento, in una struttura e in condizioni quasi da 41bis, oltre al numero di persone affette da patologie incompatibili con quella situazione (gravi disturbi psichici, epilessia, sindromi ansioso-depressive con crisi di panico, tossicodipendenza) e ciononostante, tali persone sono considerate “idonee” ad essere trattenute nel CPR.

Si sono registrati, ancora una volta, anche casi di soggetti, entrati in salute e poi ammalatisi fisicamente e psicologicamente per le condizioni di vita nelle quali sono costretti a vivere oltre che per la persistente paura di una imminente espulsione, che peraltro il più delle volte non viene eseguita ma che aleggia come una costante minaccia.
Anche sotto tale profilo quindi l’istituto è fallimentare, poiché si impone una costosissima detenzione per un rimpatrio che peraltro non avviene quasi mai: una differenza inutile ed una spesa senza scopo.
Infine, la visita ai moduli abitativi, alla quale abbiamo anche questa volta come lo scorso anno dedicato la gran parte del sopralluogo, e l’ascolto delle storie dai diretti interessati hanno confermato la gravità della situazione generale, confermando, al di là degli atti formali che verranno compiuti nelle prossime ore, la convinzione che sia lo stesso Istituto della detenzione amministrativa in sé ad essere incompatibile con una società civile e col rispetto dei diritti umani e che la sua abolizione sia la sola scelta degna di un Paese democratico.
Evidenti segni di autolesionismo
Il lavabo dei bagni dei detenuti
La turca nei bagni dei detenuti
Il lavabo dell'inferneria con acqua non potabile