Sconcerta che nel 2022 dopo le guerre che hanno sconvolto l’Europa, dopo la guerra nei Balcani, troppo rimossa, dopo le innumerevoli crisi internazionali sfociate in conflitti, occorra ancora un abbecedario della pace

Eppure è così. Il dibattito in Italia, alimentato da testate di proprietà di gruppi finanziari che hanno cointeressenze nella produzioni di armamenti e mezzi militari, è, neanche tanto inspiegabilmente, polarizzato. Il termine “pace” sembra scomparso dal dibattito. Chi ne parla è dileggiato quando non insultato, individuato come un “nemico” della “ragione”, un “sognatore” fuori dalla realtà.

Si parla della resistenza Ucraina all’indubbia (e criminale) invasione della Federazione Russa paragonandola alla Resistenza italiana, commettendo (in buona fede?) un errore, diffondendo un falso storico.

Appare di tutta evidenza che a meno di un’escalation nucleare “globale” di questa guerra la Russia non ha, quanto meno politicamente, possibilità di annientare l’Ucraina e l’Ucraina non ha oggettivamente la possibilità di annientare la Russia.

Al netto di una distruzione mondiale, la risoluzione negoziale è quindi l’unica possibile fine di questa guerra. Ma perché allora non farla “ieri”? Lo abbiamo scritto: il tema delle armi vecchie nei magazzini, il poter fare i “saldi” di ferraglia “da smaltire” e inviare in zona di guerra, che buttare via sarebbe antieconomico, è certamente un tema in campo. Sembrerebbero confermarlo le tesi “buonsensiste” che dicono che il negoziato sarà possibile solo qualora ci sia un equilibrio bellico in campo. Peccato che questo equilibrio bellico significhi, in sostanza, riarmare nuclearmente l’Ucraina, ma questo viene eluso nelle iperboliche tesi a sostegno della “guerra giusta”. Un “buonsensismo” consumato sulla pelle dei civili, che, loro sì, sono sotto il fuoco incrociato della guerra.

Il Centro Studi Sereno Regis di Torino ha pubblicato un articolato documento che sostiene le inattaccabili ragioni della pace e ricorda che:
Per la prima volta dal tentato golpe della “Baia dei porci”, quando nel 1961 la CIA tentò di rovesciare il regime di Fidel Castro a Cuba, torna l’incubo dell’ecatombe nucleare. Come sempre accade in ogni guerra, agli occhi di molti è diventato “impossibile”, “vigliacco”, “osceno” ragionare di pace e dei modi per tentare di raggiungerla, rinunciando alla scomposta soluzione della “vittoria” attraverso il conflitto armato e alla logica della forza che si esprime anche verbalmente con un linguaggio primitivo che spinge alla divisione e a disconoscere e provocare l’avversario identificato da alcuni in un intero popolo”. L’evocazione di una possibile escalation nucleare è tutt’altro che irreale ed è ciò che maggiormente spaventa i cittadini italiani, preoccupazione che la propaganda bellicista, nonostante le “corazzate dell’informazione”, non riesce a scalfire. Al punto che dirigenti e membri della NATO  per voce di Mircea Geoana, vicesegratario generale dell’alleanza atlantica, hanno mandato a dirci: “Fidatevi di noi”. Sono quindi ben consci della sfiducia dell’opinione pubblica.

In questo passaggio il documento ci aiuta a fare un po’ d’ordine su quanto sta accadendo: “Il conflitto avviato dall’aggressione Russa così come l’inattesa risposta difensiva dell’Ucraina – che, va ribadito, è il paese aggredito – terribilmente sanguinosa per la popolazione ma militarmente efficace anche perché sostenuta da truppe mercenarie e tecnologie di guerra simmetriche a quelle disponibili per le milizie russe, massicciamente fornite a Kiev dall’Occidente (le armi ben prima del 24 febbraio 2022), dimostrano che il rapporto tra politica e guerra è oggi ribaltato e in caso di controversie è la seconda ad essere prioritaria“.

Anche le scelte del Governo italiano di Mario Draghi, di sostegno armato alla “resistenza” ucraina, rinnegano nei fatti i valori a cui si richiamano: quelli della Costituzione del 1948 voluta dall’Assemblea Costituente nata dalla Resistenza italiana, che all’articolo 11 recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Se non ci attenessimo a tale articolo l’Italia dovrebbe continuamente sostenere guerre di “resistenza”, al fianco dei ribelli in Myanmar per esempio, oppure in Siria e in Palestina, nel Nagorno Karabakh e in Yemen, quest’ultimo aggredito dai paesi del Golfo capitanati dal regime autoritario dell’Arabia Saudita che noi stessi armiamo e da cui acquistiamo petrolio. Per cui, non diamo seguito nemmeno alla seconda parte dell’articolo 11: “[l’Italia] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Una doppia morale quindi, un’elusione della Costituzione italiana, un rinnegare implicitamente proprio i valori della Resistenza, da cui nasce l’impianto costituzionale. Resistenza che, come detto poc’anzi, viene tuttavia evocata nel caso della guerra in Ucraina.

Il documento del Centro torinese di Documentazione per la Pace, conclude infine, affrontando il tema dell’esercito europeo, precisando che: “La revisione delle politiche di difesa dell’Unione Europea dovrebbe inoltre prevedere, con la costituzione di un unico esercito con funzioni difensive, anche lo studio e la predisposizione di forme di difesa non armate e nonviolente, compresa la formazione di un corpo civile di pace europeo, come già aveva proposto Alex Langer fin dal 1995. Le armi, comunque si pretenda di giustificarle, sono contro la vita umana“.

Il documento integrale “L’ABC della pace” del Centro Studi Sereno Regis di Torino.