Da un articoletto piccolo piccolo scopro che in Myanmar sono circa 3000 i militari che finora, rifiutandosi di obbedire agli ordini dei loro superiori che chiedevano di reprimere nel sangue le proteste, hanno dismesso la divisa e si sono uniti ai ribelli o hanno cercato asilo all’estero.
L’Australia ha già aperto le porte a quelli che il giornale definisce “disertori” e che per molti sono “obiettori di coscienza”.
Mi chiedo cosa impedisca allora anche al nostro governo di spalancare le braccia agli obiettori di coscienza di questa guerra sulla soglia di casa?
Secondo diversi osservatori ci sono molti casi di soldati russi che abbandonano tank e armi e trovano rifugio nelle case dei contadini ucraini che li nascondono perché non siano considerati prigionieri. Forse dovremmo fare di più e piuttosto diffondere la pratica dell’obiezione di coscienza.
Se non riusciamo a farlo è perché questo mette in gioco il mito indiscutibile dell’obbedienza militare in ragione della quale sono state sganciate le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, sono state eseguite pulizie etniche, stupri, massacri e ogni sorta di abominio e obbrobrio in ogni parte del mondo, da ogni esercito e in ogni epoca. Forse è giunta l’ora di unirci all’appello di don Lorenzo Milani: “L’obbedienza non è più una virtù”.

https://www.mosaicodipace.it/index.php/rubriche-e-iniziative/rubriche/mosaico-dei-giorni/2933-l-obbedienza-non-e-piu-una-virtu
(Tonio Dall’Olio, Mosaico di Pace)