Il Coordinamento dei Garanti delle persone private della libertà personale dei Comuni della Sardegna (Sassari, Tempio, Nuoro, Oristano), riguardo il periodo trascorso e in vista delle difficoltà che ancora dovranno essere affrontate, ritiene doveroso intervenire e fare il punto della situazione nelle Carceri in Sardegna

Col trasferimento al Sistema Sanitario Nazionale delle funzioni sanitarie dentro gli Istituti di pena, la Sanità nelle carceri è materia complessa e per la procedura di trattazione delle relative problematiche è necessario coinvolgere più Amministrazioni dello Stato e della Regione. In Sardegna, i soggetti che la Legge individua come i protagonisti dei progetti di trattamento delle persone detenute e nella tutela dei diritti del personale penitenziario coinvolto, sono inspiegabilmente inoperanti e, ancor più, assenti.

A distanza di tempo dall’inizio della Pandemia da Covid-19, è ingiustificabile ancora fare riferimento alla Circolare del Dap del 2020, ormai vetusta e che non considera il mutamento della situazione sanitaria. Essa costringe il personale penitenziario, sia sanitario ed educativo che di polizia penitenziaria, ad affrontare quotidianamente le difficoltà con risorse assolutamente insufficienti, costringendo i ristretti a sofferenze inammissibili.

Nei confronti della situazione carceraria Sarda, è inverosimile che l’Amministrazione penitenziaria centrale si trinceri dietro la crisi pandemica per giustificare le carenze di un sistema che trovano origine e cause negli anni passati di incuria e indifferenza verso il problema della detenzione in Sardegna.

E necessario affermare, infatti, che a queste criticità si è arrivati nel corso del tempo.

Negli anni anche l’Amministrazione politica Sarda avrebbe dovuto farsi interlocutore necessario al fine di intervenire, vigilare e discutere con il Ministero della Giustizia e il Ministero dell’Interno e il Ministero delle Infrastrutture circa l’opportunità di costruire tre nuove carceri in Sardegna e riconvertire alcune esistenti. Essa avrebbe dovuto vigilare e chiedere che gli Istituti fossero edificati nel rispetto delle norme amminisfrative (e non in deroga ad esse) e penitenziarie e venissero dotati del personale necessario, attingendo alle risorse professionali che le Facoltà universitarie Sarde sono in grado di mettere a disposizione.

Oggi l’Amministrazione politica Sarda dovrebbe domandarsi il motivo per il quale le colonie penali vengono “svuotate” e vengono intanto “riempiti” gli Istituti di Alta Sicurezza.

A discapito della dignità detentiva, i problemi sono numerosi e purtroppo se ne registra l’aumento. Gli Istituti detentivi sardi sono caratterizzati visivamente da strutture obsolete o, se recenti, lontane dai centri abitati.

In Sardegna, un solo Direttore ha la dirigenza di tre carceri ad Alta Sicurezza e a voler commentare i pessimi risultati del Concorso nazionale per la nomina di nuovi dirigenti penitenziari, c’è da dire che le suddette difficoltà non troveranno imminente soluzione. Piuttosto, è giunta l’ora di rivedere le modalità di nomina e di accesso all’incarico.

Il personale di Polizia Penitenziaria è inadeguato quanto a numero e a risorse economiche impiegate. Gli agenti andati in pensione non sono stati ancora sostituiti. Le Aree educative registrano carenze della stessa natura di cui sopra. L’obbiettivo proclamato dall’Amministrazione Penitenziaria è quello di ripianare le carenze di personale tra cinque anni. Intanto, la situazione è grave ed esplosiva.

La buona prassi di alcune Regioni italiane, di nomina di educatori esterni al personale ministeriale attraverso progetti finanziati dalla Cassa delle ammende, pare sia sconosciuta all’amminisfrazione in Sardegna.

L’acceso alle cure mediche non è garantito a tutti i ristretti per gli stessi motivi per i quali i soggetti liberi della Sardegn vedono chiudere reparti ospedalieri e sono costretti a ricorrere alle cure mediche a pagamento. Questo implica una disparità di trattamento, poiché i costi non sono sopportabili per tutti.

A tutto ciò, si aggiungano il numero eccessivo di persone ristrette negli Istituti sardi e il suo futuro incremento, che si registrerà quando anche nell’Istituto di Uta verrà aperto il reparto detentivo del circuito ex art. 41 bis ord. pen.

I detenuti, sempre a causa della crisi pandemica, hanno dovuto sopportare restrizioni di libertà ulteriori rispetto a quelle già previste dal sistema carcerario. I rapporti con le famiglie sono stati sospesi per lungo tempo. La scarsità dei mezzi e delle risorse economiche, non hanno permesso che fosse garantito a tutti l’accesso alle modalità di incontro surrogato. Le videochiamate spesso sono state penalizzate. La didattica ha avuto grosse difficoltà con conseguenze sul conseguimento dei titoli scolastici.

Ci sarebbe da dedicare un capitolo a parte sul lavoro in carcere, ma è d’obbligo la brevità di esposizione poiché il tema Carcere è molto distante dalle tematiche più dibattute. Si è soliti allontanare, fisicamente e con il pensiero, il mondo della detenzione, forse perché la riteniamo una dimensione che non ci riguardi, che sia il male che noi stessi non rappresentiamo. Qualunque riflessione attorno all’istituto carcerario, eccezion fatta per le periodiche richieste di maggiore durezza della pena, rappresenta nell’opinione pubblica un argomento di scarso interesse che, per di più, sul piano politico non aumenta il consenso.

Il lavoro è uno degli elementi del trattamento rieducativo e al condannato dovrebbe essere assicurata un’occupazione lavorativa. Le giornate trascorrono nella più totale inattività. Questo implica un aumento del ricorso alle prestazioni mediche, con la prescrizione di farmaci per combattere gli stati d’ansia e ulteriori psicosi.

Intramuraria o extramuraria può essere anche la partecipazione a corsi di formazione professionale la cui possibilità conferma la centralità del lavoro, durante l’espiazione della pena, ai fini del reinserimento sociale. In tale contesto si inserisce la previsione normativa di vantaggi fiscali e contributivi per le imprese che assumono detenuti.

Ma purtroppo in Sardegna questo è puramente utopia!

Il Coordinamento dei Garanti delle persone private della libertà personale dei Comuni della Sardegna, in persona del suo rappresentante Avv. Paolo Mocci, nutre la speranza che questa denuncia smuova gli animi delle Istituzioni che direttamente hanno il potere di promuovere soluzioni e auspica che nel minor tempo possibile si possano vedere miglioramenti affinché si riaffermino i principi indicati dalla nostra Costituzione e prevalga nuovamente lo Stato di Diritto.