Danilo Sulis, musicista e amico di Peppino Impastato, ha condiviso con lui e tanti altri l’impegno nel circolo “Musica e cultura”, contribuendo anche all’apertura di Radio Aut; ha poi proseguito attraverso Radio 100 Passi un’attività sempre più ampia, rivolta soprattutto ai giovani e narrata nel libro, “Da Radio Aut a Radio 100 passi. Peppino Impastato, una storia ancora in cammino”, uscito per i tipi di Navarra editore lo scorso dicembre. Lo incontriamo nell’attuale sede della radio, della tv e del circolo Musica e Cultura Radio 100 Passi, un bene confiscato alla mafia nel centro di Palermo: tre piccoli locali insonorizzati e accoglienti, arredati con materiali di riciclo, che custodiscono anche le attrezzature della storica emittente di Terrasini

 

Vorrei iniziare il racconto della tua attuale, instancabile, operosità a partire dal 2007, da quel forum di Cinisi dedicato al movimento del ’77, alle radio libere e alla “anomalia” di Radio Aut, quando avesti l’intuizione di creare Radio 100 Passi.

Sedevo al tavolo della presidenza, con Umberto Santino, Salvo Vitale, Tano D’Amico e altri e, durante il mio intervento, ebbi come un’ispirazione, su cui non riflettei più di tanto: proposi – perché non riapriamo la radio?- Più tardi, in auto sotto una pioggia battente, ne riparlammo con Francesco (cugino di Peppino, ndr.) e con Giovanni (il fratello, ndr.) e decidemmo di dar vita all’Associazione Rete 100 Passi e di lanciare una petizione, che nel giro di poche settimane raccolse diecimila firme. A quel punto il nostro entusiasmo aveva trovato conferme. Non mandiamo pubblicità e non abbiamo mai ricevuto finanziamenti né li cerchiamo, perché non vogliamo avere né padroni né padrini. Viviamo di donazioni. Non è facile, specie in tempi di pandemia, ma resistiamo. Ad esempio, riceviamo tra febbraio e maggio da tutta Italia scolaresche che vengono in viaggio d’istruzione o partecipano a corsi di formazione, lasciando una donazione o iscrivendosi a Radio 100 Passi Ragazzi.

 

Non solo non vi siete arresi, ma avete sempre più ampliato le vostre iniziative. Nel 2011 è nata 100 Passi Social TV e nel 2013 il giornale on line 100 Passi Journal, “Storie di vita, cultura e legalità”. Avete anche creato un luogo di aggregazione nel centro storico del capoluogo siciliano, U Cuntu, oggi una biblioteca intitolata a Nino e Ida Agostino, uccisi dalla mafia.

Stiamo anche lavorando a realizzare 100 Passi Media Network, il cui scopo è creare una rete di giornalisti per la legalità; stiamo raccogliendo e mantenendo in contatto varie radio in Calabria, Puglia, in Campania e in tutta Italia, per costruire un circuito informativo alternativo. Anche Pressenza potrebbe fruire di uno spazio mensile di trasmissione… sarebbe bello…

 

Il vostro scopo però non è solo la controinformazione o fare rete tra le associazioni di volontariato: voi mirate soprattutto a coinvolgere i giovani.

È la ragione per cui un bel giorno ho ripreso in mano tutti i vecchi appunti e le foto e ho pensato di farne un libro. Non è un libro storico (la documentazione rigorosa l’hanno già ricostruita Umberto Santino e il fratello Giovanni), è un libro rivolto ai ragazzi che non conoscono la storia di Peppino o l’hanno appresa solo dal film di Giordana. Mi interessava la narrazione: da musicista volevo farmi cantastorie, raccontare aneddoti coinvolgenti.

 

C’è anche un enorme lavoro con le scuole, da cui nascono Radio 100 Passi Community e Radio 100 Passi Ragazzi.

Quando gli studenti vengono qui in viaggio d’istruzione, si portano appresso pregiudizi desunti dai film, immagini mitiche… Io li porto a Cinisi, a Capaci, a Portella delle Ginestre dove s’è consumata la prima strage di Stato ed è iniziata la trattativa Stato-mafia; mostro loro l’associazione Padrenostro ispirata da don Pino Puglisi, in modo che confrontino l’approccio cattolico e quello laico all’antimafia; faccio loro comprendere che l’illegalità spesso è un costume diffuso di cui non si è sempre consapevoli, per esempio nel persistente abusivismo edilizio. Alla fine dello stage, l’ultimo giorno, i ragazzi si confrontano tra loro, confrontano le proprie nuove idee con le convinzioni iniziali e sottolineano le trasformazioni, redigono interviste rivolte ai passanti e ne traggono una trasmissione radio. 

In giro per la nazione, negli incontri con le scuole, non parlo tanto di mafia, percepita in genere come qualcosa di distante ed estraneo, quanto di legalità quotidiana. Alla fine degli incontri indago sempre sul bullismo, perché il bullo è spesso un mafiosetto in fieri. Nel libro ho raccontato l’episodio accaduto in Toscana, quando alcuni scolari per la prima volta hanno trovato il coraggio di riferire di aver subito angherie dai compagni.

Il fine è sempre quello di sensibilizzare le nuove generazioni alle questioni sociali e mettere a loro disposizione strumenti di comprensione e di iniziativa autogestita.

 

Tu hai utilizzato l’alternanza scuola-lavoro per diversi progetti di formazione: ne hai fatto un servizio reso ai ragazzi anziché un’occasione di sfruttamento. Oggi, dopo la morte di due studenti, il tema è fortemente dibattuto…

Noi in genere accogliamo interi gruppi classe nel pomeriggio, in modo da non intralciare la didattica curriculare, e proponiamo un corso di formazione in tre anni, dei quali il secondo è il più intenso: al primo anno, i ragazzi apprendono come funziona una radio, dall’uso del mixer alla costruzione degli audio; al secondo, si accostano alla televisione e imparano a usare software video e la telecamera; infine al terzo anno, si cimentano nella redazione di un articolo e nella conduzione di una trasmissione. Abbiamo fatto anche uscite sul territorio e riprese dirette: delle manifestazioni di Friday for Future e delle Orienteering, Olimpiadi degli studenti. Alcuni ragazzi si appassionano e continuano a prestare lavoro volontario durante gli studi universitari; qualcuno si è iscritto a Scienze delle Comunicazioni e spera di diventare giornalista. Insomma il nostro non è avviamento, ma orientamento.

 

E il Premio Peppino Impastato – Targa 100 Passi?

È rivolto anche ai ragazzi, ma non solo. Consiste di quattro sezioni: una per il giornalismo d’inchiesta, una per gruppi musicali che negli anni Settanta avremmo definito “impegnati”, una terza che è una sorta di premio alla carriera per un artista noto (è stato premiato Eugenio Finardi); c’è poi un premio per le scuole, per la miglior trasmissione radiofonica.

 

E Radio 100 Passi Scuole?

L’hanno voluta fortemente i ragazzi che venivano a trovarci in viaggio d’istruzione. I primi tentativi si sono mossi a Reggio Emilia e dintorni. C’è un bando del Ministero al quale abbiamo partecipato che potrebbe fornire i danari alle scuole per comprare le attrezzature per un’emittente, sede distaccata di Radio 100 Passi Scuola. Io insegno le tecniche e loro realizzano la trasmissione, anche una trasmissione musicale, e inviano il file. 

 

Come funziona concretamente la radio?

La radio ha un canale web on line ed anche un podcast, tramite il quale si possono riascoltare tutte le trasmissioni, ma anche tutte le registrazioni di Radio Aut con Onda Pazza condotta da Peppino. Inoltre abbiamo un cloud che consente di trasmettere da ogni parte del mondo in diretta: da Palermo, da Cinisi, dalla Liguria, dalla Toscana, da Roma; c’è un palinsesto unico. La radio trasmette musica ventiquattr’ore su ventiquattro; gli approfondimenti possono essere anche in diretta. Certo la pandemia ha impedito le assemblee e i programmi corali, ma abbiamo una stanza apposita per le dirette. Per il giornale utilizziamo wordpress: ognuno invia il suo pezzo e il direttore responsabile pubblica; è una sorta di blog, perché crediamo in una comunicazione aperta.

A Palermo Radio 100 Passi vuol essere il megafono dell’associazionismo e del terzo settore (Amnesty International, Libera, Greenpeace, Legambiente, Associazione Don Pino Puglisi e quante altre organizzazioni vorranno aggiungersi).

 

Che cosa significa oggi fare controinformazione?

Da ragazzi, nelle radio libere degli anni Settanta, facevamo controinformazione; oggi, specie in un tempo di guerra come questo, quando non si sente in giro che propaganda, è già rivoluzionario fare informazione corretta. Allora lo Stato, forte, non rispondeva alle nostre dichiarazioni per non legittimarci; oggi l’arma della querela è sempre più frequentemente usata con l’obiettivo di farci chiudere. Ma, come recita lo striscione del ’78, “con le idee e il coraggio di Peppino noi continuiamo”.