Tavernola Bergamasca, paesello sulla sponda bergamasca del Lago d’Iseo, sta attraversando da un anno il pericolo di una frana sul versante dell’ex miniera Ognoli a monte della Bretella, sul Monte Saresano. Il fronte franoso, di 300 metri in orizzontale e 400 in verticale, che si estende da Est ad Ovest e verso l’alto fino alla località Squadre di Vigolo, sta ancora continuando a scivolare a valle, seppure con notevole ridotta velocità rispetto a febbraio 2021. A fine novembre 2021, Regione Lombardia ha dato il via alle attività estrattive, prescrivendo alla società Italsacci S.p.A. di attenersi alle indicazioni raccomandate dai consulenti regionali, limitando il numero e l’intensità delle attività minerarie, in attesa che vengano concluse le elaborazioni dei dati su tutti i test effettuati. Le attività sono state effettuate sullo stesso Monte Saresano ad una distanza in linea d’aria dalla frana di soli 500 m, dove la Italsacci è titolare della concessione mineraria Ca’ Bianca. Le crepe sulla strada tra Vigolo e Parzanica, intanto, in questi mesi, hanno raggiunto 50 centimetri di dislivello tra i due lati. Il 18 dicembre, a seguito di una scossa di terremoto, la Regione ha sospeso “fino a nuova indicazione” le operazioni di brillamento nella cava Ca’ Bianca. Nel frattempo l’esame del report definitivo sulle cause della frana, consegnato il 23 dicembre, dall’università degli studi di Firenze, dalla Bicocca e dal Politecnico di Milano, ha confermato come le attività minerarie condotte dal cementificio Italsacci siano tra le concause della frana insieme a condizione geologica, sismi e piogge. Ora ci si attende un dispositivo definitivo da parte della Regione Lombardia che convalidi definitivamente la sospensione dell’escavazione già emessa in via precauzionale il 22 dicembre scorso. A riguardo abbiamo intervistato Ezio Locatelli, originario di Castelli Calepio (BG) e coordinatore del Comitato contro la miniera di Parzanica dal 1988 e per tutti gli anni Novanta, sollevando la questione prima come consigliere provinciale, poi come regionale e poi come parlamentare di Rifondazione Comunista.

A novembre 2021, Regione Lombardia ha approvato la ripresa delle attività del cementificio ItalSacci. Ancora una volta gli interessi aziendali sono primari rispetto all’interesse collettivo?

Il fatto grave è che la decisione della Regione non ha riguardato solo la ripresa dell’attività del Cementificio ma il riavvio dell’attività estrattiva di marna da cemento. Un’assurdità visto che siamo in presenza di un pericolo enorme che incombe su Tavernola e il Lago d’Iseo. Con la ripresa dell’attività mineraria l’azienda ha avuto la possibilità di fare scorta di materiali al fine di proseguire l’attività produttiva. Mi sembra del tutto evidente che ancora una volta invece che il principio di precauzione, di salvaguardia ambientale si è adottato il principio di distruzione, di tutela degli interessi aziendali. Si è fatto questo tranne poi essere costretti a un nuovo stop delle attività minerarie in presenza di nuovi cedimenti della montagna.

Questa approvazione è stata data da “tecnici” e “specialisti” ritenendo che vi fossero le condizioni. Anche la “competenza” diventa incompetenza per difendere i profitti ad ogni costo?

L’autorizzazione al riavvio dell’attività di escavazione in presenza di una frana e del rischio di un disastro ambientale di immani proporzioni si commenta da sola. A mio avviso una scelta aberrante, una follia. Non ci voleva molto a capire che il riavvio delle attività estrattive facendo uso di cariche esplosive avrebbe contribuito a far ripartire i movimenti franosi.

Infatti il 16 dicembre 2021 la strada ha riceduto e il 23 dicembre 2021 regione Lombardia ha sospeso le attività fino al 31 dicembre. Segno che i gruppi ambientalisti avevano ragione?

E’ dalla fine degli anni ’80, inizio anni ’90 che come “Comitato contro la miniera di Parzanica” denunciamo, dati e prese di posizione alla mano, l’incompatibilità delle attività estrattive nell’area di Tavernola- Parzanica, un’area caratterizzata da una forte fragilità dell’assetto geomorfologico. È da anni che denunciamo l’insensatezza di estendere le attività estrattive nella miniera di marna da cemento Ca’ Bianca. Attività che hanno concorso a destabilizzare i versanti della montagna. Lo abbiamo fatto con assemblee e manifestazioni popolari, interpellanze in sede istituzionale, esposti e tantissime altre iniziative. Come al solito si arriva sempre dopo, in troppi casi troppo tardi, quando i buoi sono scappati dalla stalla. La conclusione dalle indagini effettuate da tre diverse università italiane, rese note di recente, non lasciano dubbi di sorta:” non ci sono le condizioni per proseguire l’attività di escavazione con esplosivi nella miniera Ca Bianca”. È la conferma che non avevamo una ma mille ragioni per opporci a un’attività che ha fatto disastri.

A gennaio gli scavi hanno ripreso con le mine a 500 metri dai 2 milioni di metri cubi in bilico. Quale è l’azione politica del Ministero e della Regione in questa fase?

Non mi sembra che finora si sia andati molto al di là delle misure di allerta, monitoraggio, piani di emergenza, contenimento dei rischi per l’ambiente e per l’incolumità delle persone. Per l’amor del cielo tutte misure necessarie per contenere il potenziale impatto del collasso della montagna ma in ogni caso misure del tutto insufficienti. Palliativi. Se non si fermano tutte le attività di erosione e destabilizzazione della montagna le cose andranno sempre peggio. Mi indigna vedere che in una situazione già fortemente compromessa ci sia stato chi abbia pensato – Regione Lombardia in testa ma non solo – che si potesse ripartire come se nulla fosse.  

Insieme a Progetto Ecosebino hai fatto esposto alla Procura di Bergamo per indagare le responsabilità politiche sulla frana. A che punto siamo? 

Com’è noto, l’anno scorso, la Procura della Repubblica di Bergamo ha aperto un fascicolo esplorativo riguardo le responsabilità che attengono ai movimenti franosi in atto suscettibili di alto rischio di disastro ambientale. Per quanto ci riguarda abbiamo depositato un esposto con il quale documentiamo attività di escavazione improvvidamente autorizzate e portate avanti nel corso degli anni al di là dei numerosi pareri negativi e segnalazioni di fattori di rischiosità ambientali. Il primo parere negativo risale al 1988. I Nuclei operativi provinciali, chiamati dalla Provincia di Bergamo ad esprimere un parere sull’attuabilità del progetto dell’apertura della miniera Ca’ Bianca – allora ero consigliere provinciale e chiesi un pronunciamento in sede provinciale – rilasciavano un parere contrario: “si ritiene che gli interventi proposti siano incompatibili con un habitat suscettibile di politica conservativa”. Uno dei tanti pareri contrari di cui si è fatto carta straccia. Ma è mai possibile che nessuno paghi per disastri che si potevano e dovevano evitare?  

Quali sono le uniche proposte di prossimità per rallentare la devastazione del Monte Saresano?

Una cosa deve essere chiara. Il saccheggio ambientale portato avanti per decenni ha compromesso la tenuta dei versanti della montagna. Potranno esserci rallentamenti dei movimenti franosi ma in ogni caso questi movimenti non si fermeranno. Lascio agli esperti le misure di contenimento dei danni e di salvaguardia dell’incolumità delle persone. A me interessa dire che bisogna smetterla una volta per tutte di devastare l’ambiente. Dopo il disastro ambientale che è stato combinato il cementificio deve cessare qualsiasi attività garantendo al contempo occupazione e reddito ai lavoratori. Ci sono molte altre opportunità per creare posti di lavoro a cominciare dai lavori di bonifica e recupero ambientale, dalla valorizzazione delle risorse turistiche locali. E per carità nessuno pensi di trasformare il cementificio in un inceneritore di rifiuti. Una idea a dir poco demenziale. Siamo sul lago d’Iseo non in un girone dantesco. Questo territorio ha già dato.