Il 13 settembre 2007, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha presentato delle risoluzioni sulla questione indigena. Nella relazione dell’assemblea si rileva che “i popoli indigeni hanno subito ingiustizie storiche a causa, tra l’altro, della colonizzazione e dell’espropriazione di terre, territori e risorse, il che ha impedito loro di esercitare, in particolare, il loro diritto allo sviluppo conformemente ai loro propri bisogni e interessi”.

Un’altra informazione importante che emerge dalla relazione è la seguente: “i trattati, gli accordi e altri patti costruttivi, nonché le relazioni che essi rappresentano, sono la base di un partenariato rinforzato tra i popoli indigeni e gli Stati”. Parliamo dunque di questo partenariato tra Stati e popoli indigeni.

Negli ultimi anni, la causa indigena è diventata una sfida importante per molti paesi. Questo articolo fornisce una panoramica generale di come alcuni paesi affrontano la questione.

Questo articolo non dà la parola direttamente alle persone interessate. Siete liberi di scriverci per segnalare errori o inesattezze riguardo a dati, termini o, più in generale, alle informazioni presentate.

Il presente articolo è il secondo di una serie di 3, che descrive la situazione degli indigeni in alcune regioni del mondo. Questa serie persegue la volontà crescente della nostra generazione di riconoscere ai diritti degli indigeni il loro giusto valore, e di difendere la libertà e il rispetto delle minoranze. Il primo articolo traccia un quadro della proporzione di indigeni nelle regioni studiate. Il secondo e il terzo, che sono in realtà un unico articolo diviso in due, presentano cronologicamente e sommariamente le grandi svolte che i popoli indigeni hanno conosciuto nella loro regione d’origine.

Canada

In Canada, gli indigeni rappresentano circa 1,4 milioni di persone, suddivise in 600 comunità. Come in molti altri paesi, “gli indigeni guadagnano meno, ricevono meno sussidi per l’istruzione e la salute, hanno più probabilità di finire in prigione e muoiono più giovani rispetto ai non-indigeni”.

Detto questo, ci si può legittimamente domandare che cosa fa il governo di queste informazioni. Solo dal 1960 il Canada ha cambiato posizione nel tentativo di porre fine al processo di assimilazione fino a quel momento in vigore con la Legge sugli Indiani. Nel 2017, il governo federale ha creato il dipartimento di servizi per gli Indigeni del Canada (un tempo parte degli Affari indigeni/indiani e del Canada settentrionale); l’obiettivo è “fornire e sostenere la prestazione di servizi quali l’assistenza sanitaria, l’assistenza all’infanzia, l’istruzione e le infrastrutture alle comunità meticce, Inuit e delle Prime Nazioni.

Negli ultimi anni, numerosi eventi hanno rilanciato la questione sulla scena federale canadese, e la cultura “woke” si incarica di mantenerla a galla. Si può citare la morte di Joyce Echaquan, membro della comunità Atikamekw, che ha riacceso il dibattito sul razzismo sistemico in Québec. Si può anche parlare della scoperta dei resti di 215 bambini sul sito di un ex collegio indigeno a Kamloops, che ha fatto emergere “un capitolo oscuro e vergognoso della storia del nostro paese”, secondo il primo ministro Justin Trudeau. L’elenco non è ovviamente esaustivo.

Al suo arrivo al potere nel 2015, il governo Trudeau vedeva già una riconciliazione.  Secondo alcuni ricercatori, tale obiettivo non è stato raggiunto ma sono state mantenute numerose promesse. Tra queste famose promesse si possono citare il reinvestimento nei servizi indigeni, nonché misure riguardanti la comunicazione con i popoli.

La relazione dei ricercatori mostra tuttavia delle lacune, e la più importante riguarda l’attuazione della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui popoli indigeni. Secondo la stessa relazione, il riconoscimento dei diritti territoriali degli indigeni non è stato concretamente trattato.

L’ingranaggio è in movimento, ma mancano ancora i pezzi per raggiungere gli obiettivi di pace e di completo rispetto delle comunità indigene.

Stati Uniti

Gli Stati Uniti sono meno avanzati del Canada per quanto riguarda il riconoscimento dei diritti indigeni nel paese. Alcuni americani non conoscerebbero nemmeno l’esistenza degli indigeni, divisi in 573 nazioni. Il problema riguarda in gran parte la rappresentazione, o meglio la non rappresentazione, di indigeni nei media o nei testi scolastici. Negli Stati Uniti, le riserve indigene e i cittadini non indigeni non hanno accesso agli stessi tribunali, il che aumenta le disuguaglianze a livello giudiziario.

Le condizioni di vita degli indigeni negli Stati Uniti non sono diverse da quelle di altre parti del mondo. Il tasso di disoccupazione nelle riserve è molto elevato, l’aspettativa di vita, il tasso di istruzione e il reddito sono ben al di sotto della media nazionale. Ci sono anche alcool e droghe. C’è una grande differenza tra l’élite indigena e i lavoratori. La strumentalizzazione delle riserve a vantaggio di settori economici come il turismo apre la porta all’occupazione, ma si inserisce nel processo di assimilazione.

Ma la situazione sta cambiando. Nel 2016, numerosi indigeni si sono riuniti a Standing Rock, riserva indiana nel Nord Dakota, dove la Nazione Sioux si difendeva contro una compagnia petrolifera.

Anche gli Stati Uniti sono stati interessati dalla questione dei collegi indigeni. Sebbene su questo argomento il Paese non sia avanti quanto il Canada, un evento deve comunque essere menzionato. Nel giugno 2021, in seguito alla scoperta del collegio nella Columbia Britannica, il governo federale americano ha aperto un’inchiesta riguardo “l’eredità tragica dei collegi per indigeni negli Stati Uniti”. Questa inchiesta dovrà permettere di individuare gli ex collegi, i luoghi dove sono sepolti gli indigeni, così come le loro tribù. Saranno inoltre valutate le conseguenze e le perdite che ne derivano.

Leggi qui il primo articolo della serie: Gli indigeni sono una minoranza? (parte 1 di 3)

Traduzione dal francese di Enrica Marchi. Revisione di Flavia Negozio.