Non Una Di Meno è stata oggi in piazza in 20 città in tutta Italia per il riconoscimento delle malattie croniche cosiddette “femminili” ed ignorate dalla medicina: vulvodinia, neuropatia del pudendo, fibromialgia, endometriosi e tutte le varie forme di dolore pelvico. Si tratta di malattie croniche invalidanti che incidono fortemente sulla qualità della vita delle donne e delle persone assegnate femmina alla nascita, che non vengono studiate e che vengono dunque diagnosticate con un forte ritardo.

Le manifestazioni, svoltesi davanti alle Regioni e ai Consigli Regionali o in piazze e luoghi simbolo di ogni città, da Milano a Napoli, da Roma a Bologna, fino a Cagliari e Palermo, hanno raccolto centinaia di persone afflitte da queste sindromi e loro alleate. Insieme è stato reso visibile ciò che fino ad oggi è stato invisibile: alcuni fantasmi hanno iniziato a colorarsi le parti dolenti e hanno poi rovesciato davanti alle istituzioni la mole di costosi farmaci usati e raccolti dalle persone affette da queste sindromi, dando avvio alla performance collettiva contro le istituzioni che non tutelano la salute di donne e persone trans.

Tantissime persone hanno cantato e ballato insieme in piazza lo stesso testo – sulla scia della famosa performance cilena “El Violador” che ha fatto il giro del mondo – con forti rivendicazioni a tema salute: “La nostra voce è silenziata, la malattia non è studiata, non sanno proprio cosa sia, e la chiamano isteria […] la medicina patriarcale è un sistema ineguale, il dolore delle donne non è un fatto naturale.”

Il microfono aperto ha dato voce a decine e decine di testimonianze che hanno descritto il calvario del vivere con queste sindromi non riconosciute dal sistema sanitario e dalla società, ma anche tutte le strategie che grazie ai gruppi di mutuo-aiuto sono state messe in campo per il supporto reciproco.

Le piazze, infatti, sono state colme di cartelli contenenti le frasi che le donne sono costrette a sentirsi dire negli studi medici: “E’ tutto nella tua testa”, “E’ solo stress”, “Fai i figli e vedrai che ti passa”, “Avere mestruazioni dolorose è normale”, “Dovresti cambiare partner”, “E’ normale che le donne soffrano durante i rapporti sessuali”, “Non è nulla, essere stanche capita a tutti”.

Secondo le testimonianze raccolte in piazza e gli studi scientifici, la ricerca di una diagnosi può durare per anni: la vulvodinia ha un ritardo diagnostico di quasi 5 anni, a fronte di un 16% di donne che ne soffrono; l’endometriosi colpisce il 10-15% di donne e ha un ritardo diagnostico di 7 anni e mezzo; la fibromialgia colpisce 1,5-2 milioni di persone – con un rapporto donne-uomini di circa 9 a 1 – e con un ritardo diagnostico di circa 5 anni. Tutti questi dati sono ancora sottostimati a causa della difficoltà diagnostica correlata e dell’assenza di registri nazionali di raccolta dati.

Dopo la diagnosi il calvario non finisce affatto: la necessità di terapie impegnative e multidisciplinari, l’assenza di qualsiasi tutela lavorativa, lo scarso numero di personale medico-sanitario specializzato su queste sindromi, la necessità di lunghi viaggi per raggiungere i pochi specialisti esistenti, l’assenza di riconoscimento ed esenzioni da parte del Sistema Sanitario Nazionale rendono difficilissimo curarsi. La naturale conseguenza è che non tutte possono permetterselo.

In piazza abbiamo rivendicato la presa in carico di queste sindromi da parte del Servizio Sanitario Nazionale, attraverso servizi integrati negli ospedali pubblici, esenzione dal pagamento del ticket e delle spese mediche. Vogliamo altresì denunciare il gaslighting medico che subiamo costantemente, sollecitando una maggiore formazione del personale medico-sanitario e la costruzione di percorsi di prevenzione che aiutino donne e persone assegnate femmina alla nascita a riconoscere i primi sintomi di queste patologie, prima della loro cronicizzazione.

Per informazioni: Silvia 3898000797 / Martina 3337979646

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