In questi mesi abbiamo seguito con apprensione la vicenda dello sgombro dell’Istituto Gramsci, intimato al prestigioso presidio culturale dall’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Leoluca Orlando. La redazione di Palermo, impegnata nella campagna di sostegno all’Istituto siciliano,  pubblica questa intervista del suo Presidente – rilasciata dall’accademico grecista alla nostra Daniela Musumeci – al fine di non far cadere l’attenzione in difesa di questo spazio di libertà e cultura democratica, minacciato da una delibera vergognosa che burocraticamente “invita” il Gramsci « a comunicare una data [per sgombrare] entro il termine del 30 settembre; in assenza – avverte l’amministrazione – provvederemo a informarli del giorno dello sgombero”

 

In questa intervista vorrei evidenziare l’enorme valore culturale e affettivo che l’Istituto Gramsci ha costituito per almeno tre generazioni di giovani, protagoniste della Resistenza e delle lotte contadine prima e, in seguito, dalla memoria e dall’esempio della Resistenza e di quelle lotte, educate alla solidarietà contro ogni razzismo, nazionalismo, contro l’intolleranza e l’indifferenza.

Perciò la prima domanda è: Qual è il suo ricordo più significativo degli inizi e della creazione di questo Istituto?

Nel 1978, quando il compianto Francesco Renda, l’insigne storico della Sicilia e primo presidente del Gramsci, riunì attorno a sé un nutrito gruppo di ‘intellettuali’, si pose il problema della natura dell’organismo che si andava a creare: un istituto o una istituzione? Vale a dire, un ente che organizza manifestazioni culturali, convegni e dibattiti, e li propone all’esterno, o un centro organizzato con un suo patrimonio di libri e di documenti, che svolge attività, oltre che all’esterno, anche al proprio interno, aprendosi alla città e valorizzando la propria attività di raccolta? Prevalse questa seconda opzione, che ha comportato una funzione non soltanto di elaboratore di “parole alate”, ma anche di sede di acquisizione formativa e storica.

E ancora: Quali amicizie, quali incontri hanno fatto da pilastri nella costruzione del Gramsci come Casa Comune? Potrebbe additare all’attenzione dei giovani figure di uomini e donne da custodire nella mente e nel cuore come guide e modelli?

Nella vicenda storica del Gramsci un momento fondamentale è costituito dall’abbandono della allocazione originaria a palazzo Palagonia in Corso Calatafimi (sede del PCI) e il suo trasferimento ai Cantieri culturali alla Zisa (anno 2000). Questo significò la rescissione di un legame che non era oppressivo ma pur sempre condizionante, se non altro in forza della contiguità spaziale, e l’apertura a una diversa mobilità culturale. La trasformazione di un’area industriale abbandonata in un centro propulsivo di attività culturale – analogamente a quanto succedeva in molte città, per esempio Torino o Catania – si deve all’ intuizione di Leoluca Orlando, con esecutore il poliedrico artista Michele Canzoneri. Di tale trasformazione fu parte non secondaria l’Istituto Gramsci. E quando, secondo un vieto schema di lotta parapolitica, la successiva amministrazione abbandonò i Cantieri, mandando in rovina tutti i padiglioni, il Gramsci fu per anni l’unica realtà viva e operante in quel deserto desolante, l’avamposto culturale della rinascita che sarebbe venuta dopo molti anni. Se dovessi indicare ai giovani una figura esemplare di impegno politico costante e tollerante, di consapevole memoria degli eventi della storia siciliana, non avrei esitazione a fare il nome di Simona Mafai, componente del Comitato scientifico del Gramsci ma attiva in tanti altri ruoli e iniziative.

Il rapporto con le Istituzioni, ben prima di arrivare ad oggi, non è stato sempre idilliaco. Potrebbe raccontarci un momento di conflitto, per il quale coraggio e coerenza si sono rivelati indispensabili?

L’Istituto intrattiene rapporti istituzionali con il Comune di Palermo (proprietario del padiglione sede della Biblioteca) e con la Regione Siciliana (erogatrice dei contributi alle Istituzioni culturali). Con il primo, l’idillio è da qualche tempo perturbato; con la Regione, riteniamo di aver acquisito una qualche benemerenza nei confronti suoi e di tutti i cittadini: nel 2012 chiedemmo con forza al Presidente pro tempore della Regione di erogare i contributi annuali solo a quelle istituzioni che fossero dotate di un comitato scientifico, avessero svolto attività culturale documentata, disponessero di un patrimonio accessibile al pubblico: e fu così che dalla famigerata Tabella H scomparvero una serie di istituti fantasma esistenti solo sulla carta ma beneficiari di cospicui contributi. Saranno forse andati a finire altrove, in altri capitoli del bilancio, ma certamente non sono più in carico all’Assessorato dei Beni Culturali.

Dal passato al futuro: Che cosa ancora il Gramsci può offrire, attraverso il suo immenso patrimonio culturale, in quanto proposta di maieutica reciproca (per citare Danilo Dolci), di circolarità comunicativa, di controinformazione, di stimolo alla creatività critica, individuale e collettiva?

Ogni istituzione culturale che si rispetti, ‘laica’, operante e aperta al pubblico, finisce con l’innescare processi di circolazione cognitiva e formativa. A questa funzione contribuiscono, nel nostro caso, le varie e svariate manifestazioni, i libri non solo storici e politici, ma di varia umanità, l’offerta alla scuola degli strumenti di conoscenza e di esercizio dello spirito critico guidato dagli insegnanti. Sullo sfondo, c’è la figura straordinaria di Gramsci, sintesi di una politica umanizzata dalla cultura, in cui convergono capacità di leggere la storia e i movimenti della società, culto della libertà e della giustizia sociale.

Grazie della Sua Cortese attenzione e di averci regalato il Suo preziosissimo tempo.

 

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