Un giorno del novembre 1883 Vincenz Daneu, giovane triestino di 23 anni, giunse nel porto di Palermo su una nave da carico dando l’avvio alla storia della famiglia Daneu in Sicilia: “un’avventura – scrive Leonardo Sciascia nella nota introduttiva al romanzo di Alessandra Lavagnino dedicato alla nota famiglia di antiquari palermitani – che corre dall’epoca napoleonica alla nostra, dai confini dell’impero asburgico ai luoghi dove il cedro fiorisce, da un’osteria di Opčina a un negozio d’antiquariato in un palazzo” monumentale nel corso principale del centro storico di Palermo. Nelle vicende dei Daneu, insomma, la storia di una famiglia si è dilatata nella storia.

L’esposizione di ceramiche, terraglie e porcellane della Ditta Daneu e della collezione Tschinke-Daneu, presente in questi giorni nelle sale dell’ex Convento della Magione – realizzata dalla Soprintendenza ai beni culturali e ambientali di Palermo, a cura di Maria Reginella storica dell’arte e Anna Tschinke restauratrice – dichiara il carattere internazionale dell’impresa Daneu che esportava fino agli Stati Uniti. La mostra rende palese come il viaggio intrapreso da Vincenz sia stato ricco di esiti non solo per le fortune dei mercanti Daneu che “comperavano e vendevano di tutto: maioliche, ricami, pezzi scolpiti e dipinti di carretti“, ma anche per il contributo che diedero – favorendo gli scambi commerciali – alla riscoperta dell’arte popolare – in particolare siciliana e sarda –che per primi avevano raccolto fra gli antiquari palermitani, grazie alle frequentazioni con uomini come Giuseppe Pitré, medico di famiglia e grande folclorista, ed Antonino Salinas, archeologo e professore dell’Università di Palermo che dai Daneu acquistò, nella qualità di direttore, alcuni degli importanti manufatti che andarono ad arricchire il nascente Museo nazionale di Palermo. In esposizione nell’ex Convento della Magione vi sono pure gli oggetti raccolti, esclusivamente per passione, da Mario Felice Tschike, nipote di Vincenz Daneu, che continuò a collezionare oggetti di tutte le epoche, tra cui prodotti industriali tedeschi, inglesi, francesi e americani oltreché italiani.

La mostra si apre con le immagini del cinquecentesco Palazzo Santa Ninfa, la storica sede dell’impresa Daneu che vide importanti esponenti dell’alta borghesia e dell’aristocrazia mondiale attraversare l’elegante cortile che si apre su corso Vittorio Emanuele e frequentata da Leonardo Sciascia in visita alla signora Ančka Daneu, infallibile esperta di arte popolare ma anche di art nouveau. Le fotografie dello stabile sono accompagnate dagli elementi identificativi della ditta come la maiolica che un tempo abbracciava una delle colonne che inquadrano il portale d’ingresso, contrassegnata dal nome e dall’attività dell’impresa, e l’elemento mobile in metallo dorato nelle forme di chimera stilizzata che era appesa sul muro esterno dell’edificio come le banderuole segnavento medievali. Il percorso espositivo si snoda lungo la suggestiva successione degli spazi chiari che furono la dimora dei monaci cistercensi e poi dei cavalieri teutonici e che in questi giorni offrono alla vista maioliche, vasi da farmacia, piatti e vasellame in sfavillanti colorazioni – i cui esemplari più antichi si collocano nel secolo XVI – provenienti dai più importanti centri di produzione artigianale della Sicilia e di altre parti del Sud Italia. La mostra offre l’occasione di osservare da vicino alcuni manufatti artistici del caposcuola dei “Tedeschi di Vietri” che, tra le due guerre mondiali, diede avvio a un’originale produzione di ceramiche nella cittadina della costiera amalfitana. Vincenz Daneu, infatti, nel 1923 conobbe Richard Dölker  proprio a Vietri e l’incontro dell’antiquario-mercante con l’artista-artigiano diede luogo alla realizzazione di ceramiche la cui decorazione trae ispirazione dalla storia e dall’iconografia siciliane, come i tre piatti in mostra con la rappresentazione dell’Entrata di Ruggero a Palermo realizzati per i figli di Vincenz.

L’esposizione presenta anche una panoramica della produzione industriale in terraglia, ceramica e porcellana con decine e decine di vasi, scatolette e contenitori di varie forme e misure. É questa la sezione in cui si ammirano piccole curiosità, manufatti d’epoca vittoriana, inglesi e americani, come i contenitori in ceramica per dentifricio, anticipatori dei nostri tubetti, vasetti in miniatura per conservare la pasta d’acciuga o il midollo di manzo, diversi formati di barattoli per generi alimentari, particolari filtri sempre in ceramica per depurare l’acqua, tutti oggetti d’uso contrassegnati dai marchi di fabbrica.

Tra le singolarità vi è “il contenitore in terraglia dura detta anche porcellana opaca” che reca il timbro Giulio Richard – la futura ditta Richard-Ginori – per racchiudere  il sapone prodotto dalla Bertelli e il vasetto per l’Unguento, brevettato nel 1837 da Thomas Holloway, medicamento che, tra Ottocento e Novecento, fu “la cura universale per una serie di disturbi” indicati sul contenitore e che rappresenta il minuscolo prodotto che diede l’avvio alle fortune dell’imprenditore inglese, tanto che nel 1879 fu in grado di finanziare la costruzione di un college per sole ragazze, il mastodontico Royal Holloway College che è ancora oggi una delle sedi dell’Università di Londra.

Manufatti d’uso comune dei primi decenni del Novecento, questi ultimi, raccolti con dedizione e fiuto da Mario Felice Tschike, figlio di Ančka Daneu che nata nel 1891 – nell’anno in cui venne inaugurata l’Esposizione Nazionale di Palermo – intendeva scrivere la storia della propria famiglia – come annotò nel 1942 – mentre la città e la sua abitazione-bottega venivano bombardate: ricordi che dipanò nel racconto consegnato ad Alessandra Lavagnino, la quale raccolse i fili della memoria e che – in ultimo – intrecciò componendo il racconto e restituendo così alla collettività la storia dei Daneu. I figli di quest’ultima, Anna e VincenzoTschinke, oggi depositari dell’importante patrimonio materiale e immateriale Tschinke-Daneu , nel solco dell’insegnamento della madre, con questa mostra allestita in spazi pubblici che ciascuna/o di noi può visitare gratuitamente (da lunedì a venerdì dalle 9,00 alle 13,00), intendono offrire alla comune fruizione una sezione importante delle raccolte della famiglia.

Il nostro augurio è che – con vero gesto di liberalità – possano moltiplicarsi progetti che mettano al centro l’effettivo godimento collettivo del patrimonio storico e artistico accumulato dalle generazioni passate da parte di chi lo possiede, soggetto pubblico o privato che sia; e mentre sollecitiamo gli organi di stampa a promuovere una così bella e interessante iniziativa culturale, storico-artistica, che l’amministrazione regionale in assoluta economia ha saputo realizzare, auspichiamo inoltre che questa straordinaria esposizione rimanga aperta ancora a lungo, in modo da consentire ad un vasto pubblico di visitarla.