Stigmatizzazione, criminalizzazione, persecuzioni giudiziarie e assassinio di attivisti fanno dell’Honduras uno dei paesi più letali per chi difende terra e beni comuni.

Lo scorso 5 luglio, la prima sezione penale del tribunale di Tegucigalpa, con competenza territoriale nazionale, ha emesso una sentenza di condanna a carico di Roberto David Castillo[1], ex presidente di Desarrollos Energéticos SA (DESA)[2], ritenuto coautore dell’assassinio della dirigente indigena e attivista sociale, Berta Cáceres.  All’epoca i giudici fissarono la data del 3 agosto per determinare la pena. Tre mesi dopo, il tribunale non ha ancora emesso la sentenza, generando un’incertezza giuridica che preoccupa profondamente tanto le vittime quanto il pool di avvocati che le rappresenta.

Durante un atto dimostrativo di fronte alla Corte suprema di giustizia nella capitale honduregna, il Consiglio civico di organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras (Copinh) ha allertato circa il mancato adempimento della prima sezione penale, che ha lasciato scadere i tempi processuali stabiliti per emettere il verdetto. Ha lamentato inoltre il fatto che la Corte d’appello non si sia ancora pronunciata sui ricorsi pendenti, per rendere definitiva la sentenza emessa nel 2019 contro sette autori materiali dell’assassinio di Berta Cáceres – tra cui ex dirigenti e membri della sicurezza di DESA, ex militari e militari in servizio – e che la procura non abbia ancora portato sul banco degli imputati gli autori intellettuali del crimine.

In un comunicato, il Copinh ha assicurato che andrà avanti e che disputerà “ogni millimetro di giustizia alle istituzioni honduregne fantoccio”, esigendo nel contempo una “sentenza veloce e contundente”. L’appello del Copinh e dei famigliari della dirigente indigena assassinata ha trovato il sostegno della Missione di osservazione qualificata della Causa Berta Cáceres, i cui membri deplorano la mancata iniziativa delle istituzioni che devono garantire giustizia, perseguendo e processando gli attori chiave della struttura criminale che perpetrò il crimine. A tal proposito, la sentenza contro Castillo servirà proprio ad aprire a nuovi scenari d’indagine per ottenere giustizia integrale per Berta Cáceres. .“La sentenza deve dare il via a un’indagine scrupolosa su tutte le persone implicate nel crimine. L’incertezza giuridica che si sta creando compromette sia l’essenza stessa del processo che la garanzia di verità, riparazione e non ripetizione per le vittime, lasciandole in una situazione di vulnerabilità e senza accesso a una giustizia piena”, segnalano gli osservatori.

Libertà per Guapinol 

Ancor più complessa è  la situazione degli otto difensori dell’acqua e della vita di Guapinol, che da oltre due anni permangono in custodia cautelare in carcere per i reati di incendio doloso aggravato e sequestro di persona. Nonostante i vari tentativi da parte dei loro difensori di ottenere un riesame delle misure cautelari, i giudici hanno sistematicamente negato loro questa possibilità e gli otto difensori restano in carcere in attesa di processo, sette nella località di Olanchito e uno a La Ceiba.

Tra il 2018 e il 2019, almeno 32 persone sono state inquisite per presunti reati connessi alla difesa del territorio e delle risorse idriche del Parco nazionale “Montaña de Botaderos”, la cui area centrale è minacciata dalla compagnia mineraria Inversiones Los Pinares (NE Holdings Inc e NE Holdings Subsidiary Inc), precedentemente conosciuta come EMCO Mining Company.

In questa area ci sono almeno 34 sorgenti le cui acque riforniscono città e comunità della zona. In modo particolare, i fiumi Guapinol e San Pedro sono quelli che subiscono i maggiori impatti ambientali. Comunità e popolazioni della zona non sono mai state consultate prima del rilascio delle concessioni minerarie.

Le holding gestite da Inversiones Los Pinares sono controllate da Lenir Pérez Solís, già coinvolto in passato in altri conflitti minerari e Ana Facussé Madrid, figlia del noto latifondista e produttore di palma africana Miguel Facussé Barjum. Il nome di Facussé è stato collegato in passato al grave conflitto agrario del Bajo Aguán, in cui persero la vita decine di contadini organizzati, e alla depredazione territoriale nella penisola di Zacate Grande.

Il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria ha recentemente dichiarato che i difensori dell’acqua di Guapinol “sono detenuti arbitrariamente” e ne ha raccomandato l’immediata scarcerazione. Fino ad ora lo Stato honduregno non ha risposto, né ha messo in pratica le raccomandazioni. Come se non bastasse, con la chiara intenzione di punire gli attivisti ingiustamente e illegalmente imprigionati, il pubblico ministero ha richiesto e ottenuto un’ulteriore proroga di un anno di carcerazione preventiva.

“Lo Stato dell’Honduras vive immerso in un cinismo strutturale permanente: da un lato sbandiera la difesa dei diritti umani e dall’altro pratica il contrario”, ha detto Joaquín Mejía, ricercatore dell’Equipe di riflessione, indagine e comunicazione (Eric), durante il foro virtuale ‘mpegni dello stato honduregno di fronte ai meccanismi dell’ONU’.

L’Honduras difende i diritti umani? 

Paradossalmente, quest’anno l’Honduras ha annunciato la sua candidatura come membro del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, nell’ambito della 76ª Assemblea generale. Oltre 50 organizzazioni nazionali e internazionali hanno scritto agli Stati membri con diritto al voto, chiedendo loro di votare scheda bianca per l’Honduras, poiché tale paese non “ha legittimità per occupare quel posto”. Vari rapporti a livello internazionale, tra cui “Ultima linea di difesa” pubblicato recentemente da Global Witness, segnalano l’Honduras come uno dei luoghi più pericolosi al mondo per le persone che tutelano i diritti umani, specialmente per coloro che difendono la terra e i beni comuni.

L’uso ed abuso del sistema giudiziario e la collusione dello Stato con imprese estrattiviste sono due degli elementi che caratterizzano la violazione sistematica dei diritti umani in Honduras. “Lo Stato ha realizzato riforme istituzionali e normative per imporre un modello economico che si dedica allo sfruttamento incontrollato dei beni comuni, causando numerosi conflitti con gravi conseguenze per i diritti umani. A fronte di ciò, lo Stato si allinea in modo sistematico e incondizionato con le imprese che stanno imponendo tale modello. Gli impatti sono disastrosi e il caso dei difensori di Guapinol ne è un chiaro esempio” ha spiegato Mejía.

Secondo Global Witness, nel 2020 almeno 129 persone, di etnia garifuna e indigena, hanno subito attacchi per il fatto di opporsi a progetti estrattivi, mentre negli ultimi dieci anni sono stati 153 gli attivisti assassinati. Il Centro d’informazione su imprese e diritti umani (Ciedh) segnala inoltre che l’Honduras è il paese con la maggiore persecuzione giudiziaria contro attivisti dei diritti umani.

“C’è un disegno molto chiaro. In primo luogo si crea il nemico nell’immaginario collettivo, poi si stigmatizzano, si minacciano, si tormentano gli attivisti e si mette in atto la repressione poliziesca, militare e delle guardie di sicurezza private delle imprese. Infine si arriva all’uso indebito del diritto penale per criminalizzarli e giudizializzarli, applicando in modo automatico la carcerazione preventiva. L’ultimo passo può essere l’eliminazione fisica, com’è successo con Berta Cáceres, Margarita Murillo, Jeannette Kawas, i compagni garifunas e tolupanes, e molti altri”, ha dichiarato il ricercatore di Eric. In Honduras vige pertanto un sistema giudiziario selettivo, che agisce tardivamente e senza offrire risposte effettive quando si tratta di violazione dei diritti umani, mentre diventa sorprendentemente rapido ed efficace quando si tratta di favorire gli interessi di attori legati al potere politico, economico e imprenditoriale, criminalizzando le persone che difendono i territori.

Criminalizzazione della protesta 

Gilda Rivera, direttrice del Centro dei diritti delle donne (Cdm) e membro della Coalizione contro l’impunità in Honduras, ha ricordato che nel paese si continuano ad approvare concessioni estrattive senza adempiere a una serie di requisiti, tra cui la consultazione previa, libera e informata delle comunità che saranno danneggiate dai suddetti progetti.

Il 7 ottobre scorso, il Congresso nazionale ha approvato, in maniera spedita, alcune riforme al codice penale che sono state fortemente criticate dalle forze parlamentari d’opposizione e da ampi settori della società honduregna.

Tra le varie modifiche, che andranno a ostacolano ulteriormente la lotta contro la corruzione e l’impunità, la raggruppazione filogovernativa e i suoi alleati hanno inasprito le pene ed ampliato la tipologia del reato di usurpazione. La figura penale dell’usurpazione è stata usata sistematicamente dai governi e altre istituzioni continuatrici del colpo di Stato (2009) per criminalizzare e giudizializzare la protesta sociale e territoriale. “È una chiara dimostrazione della strumentalizzazione del diritto penale per attaccare gli attivisti. Il territorio nazionale è attraversato da conflitti, nei quali la popolazione e le comunità vengono criminalizzate, stigmatizzate, screditate e represse in totale impunità”, ha assicurato Rivera durante il foro virtuale.

Secondo la Rete nazionale delle difensore dei diritti umani in Honduras, dall’assassinio di Berta Cáceres (2016) fino ad oggi almeno 8 attiviste sono state assassinate, vi sono stati 35 tentativi di assassinio, 2267 aggressioni, 92 casi di criminalizzazione, 29 detenzioni illegali e arbitrarie. Il 48% di tutti questi attacchi si è perpetrato contro donne difensore della terra e dei territori e 159 sono le aggressioni avvenute per mano di entità statali e guardie di sicurezza private.

Anche l’Ufficio dellAlto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite (OHCHR) in Honduras ha manifestato forte preoccupazione per le riforme approvate che, tra l’altro, “modificano la natura penale del reato di usurpazione, inasprendo le pene, estendendolo agli spazi pubblici e agevolandone gli sgomberi, aprendo così la possibilità di applicare le nuove disposizioni non solo alle organizzazioni contadine, ma anche alle persone nell’esercizio dei loro diritti alla riunione, espressione e manifestazione pacifica”.

“L’estrattivismo colpisce direttamente le persone. Il Copinh respinge queste riforme al codice penale, perché mirano a inasprire ancor più la criminalizzazione, la violenza e la repressione di coloro che difendono i territori”, ha segnalato Laura Zúniga Cáceres, membro del Copinh e figlia di Berta Cáceres.

Segnali di speranza    

In mezzo a tante problematiche, non cessa la lotta in difesa dei diritti umani e delle persone criminalizzate. Il 17 settembre scorso, dopo una lunga lotta e 19 mesi di carcerazione preventiva in una prigione di massima sicurezza, sono stati assolti da tutti i reati loro imputati i detenuti per motivi politici Edwin Espinal e Raúl Álvarez. Tre mesi prima, l’altro detenuto per motivi politici Rommel Herrera Portillo, era stato liberato dopo oltre due anni d’ingiusta reclusione. Analogamente, ai dirigenti e difensori indigeni Víctor Vásquez e José Santos Vigil sono state concesse misure alternative alla prigione, affinché possano difendersi in libertà.

Piccoli ma importanti segnali. Vittorie popolari che indicano la necessità di continuare a organizzare e articolare sforzi e azioni, stringere alleanze a livello nazionale e internazionale, promuovere e dare impulso a processi di richieste collettive.

 

Note
[1] Castillo è anche stato ufficiale dei servizi segreti militari honduregni e si è formato all’accademia militare statunitense di West Point.
[2] Società titolare della concessione per lo sfruttamento delle acque del fiume Gualcarque e promotrice del progetto idroelettrico Agua Zarca, contro il quale si sono battuti Berta Cáceres e il Copinh.

 

Fonte: LINyM

Traduzione: Adelina Bottero