In questo editoriale, in cui affrontiamo la questione delle persone migranti, abbiamo affrontato in modo sintetico alcuni temi, tra cui il diritto alla libera circolazione delle persone

Perché parliamo di libera circolazione delle persone?

Cosa dice la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani su questo argomento?

Citiamo testualmente l’Art. 13 comma 2:  “Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.

Analizzando il comma: il fatto che una persona possa lasciare qualsiasi paese, implica necessariamente che possa varcare i confini non solo del proprio paese di origine ma di qualsiasi Stato nel quale si trovi.

Da tutto ciò emerge chiaramente che i confini hanno prerogative non applicabili alle persone, le quali anzi hanno il diritto di varcarli liberamente, non solo: la Dichiarazione lo sancisce come un diritto universale.

Certo si può obiettare che per varcare i confini ci possa volere un visto, obiezione inappuntabile, tuttavia il visto ai cittadini dei paesi poveri del mondo viene, salvo rari casi, sistematicamente rifiutato: il confine quindi diviene di fatto un muro invalicabile.

Questo implica che alle persone, in questo caso i migranti dai paesi poveri, alle quali viene a tutti gli effetti impedito di varcare i confini di determinati Stati tra cui l’Italia,  viene negato un diritto sancito dalla dichiarazione Universale dei Diritti Umani: il diritto alla libera circolazione.

L’Europa, che col trattato di Schengen sancisce la libera circolazione – ma sostanzialmente solo alle persone europee – all’interno dell’Europa, sancisce un processo discriminatorio che va contro la Dichiarazione Universale, anzi, introduce il concetto di “immigrazione clandestina”.

Art. 17 dell’Accordo di Schengen (1985): “In materia di circolazione delle persone, le Parti si adopereranno per eliminare i controlli alle frontiere comuni, trasferendoli alle proprie frontiere esterne. A tal fine, si adopereranno in via preliminare per armonizzare, se necessario, le disposizioni legislative e regolamentari relative ai divieti ed alle restrizioni sulle quali si basano i controlli e per adottare misure complementari per la salvaguardia della sicurezza e per impedire l’immigrazione clandestina di cittadini di Stati non membri delle Comunità europee.

L’Europa delega quindi gli Stati membri a sancire chi entro i propri confini possa essere definito come migrante clandestino, ma non solo: di fatto sollecita gli Stati membri ad effettuare il controllo  – adottando “misure complementari” – delle proprie frontiere esterne, aprendo una strada maestra alla negazione del diritto alla libera circolazione delle persone sancito dalla Dichiarazione.

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani fu approvata con solenne deliberazione dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948.

La prima domanda per entrare nelle Nazioni Unite fu fatta dall’Italia nel 1947, domanda che non fu accolta; in seguito furono reiterate le domande: entrò a farne parte nel 1955, ratificando implicitamente anche questa solenne delibera.