Questa mattina alle 8 tre attivisti di Extinction Rebellion Torino si sono seduti per terra in corso Francia  per sensibilizzare i cittadini

Soni stati tre gli attivisti che si sono seduti sulla carreggiata in direzione Rivoli di c.so Francia: una ragazza in corrispondenza di  c.so Marche, un ragazzo nel controviale tra c.so Marche e i cancelli delle Leonardo S.p.A. e un ‘altro nel viale in corrispondenza dei cancelli della Leonardo S.p.A., azienda compartecipata dallo Stato italiano specializzata nella produzione di materiale bellico.

Alle 9.30 circa è intervenuta la Polizia Locale per deviare il traffico, i mezzi pubblici hanno comunque potuto svolgere il servizio transitando regolarmente.

Extinction Rebellion denuncia che lo scorso 10 marzo, mentre l’Italia sprofondava in una nuova “zona rossa”, le commissioni Difesa di Camera e Senato hanno chiesto di beneficiare di una parte dei 209 miliardi di euro in arrivo da Bruxelles destinati alla NEXT GENERATION EU e alla Transizione Ecologica (Il Fatto Quotidiano; Domani; Il manifesto; DINAMOpress) dopo aver ascoltato i rappresentanti di Leonardo, da cui proviene il Ministro della Transizione Ecologica, Cingolani. La richiesta di tali benefici non è poi stata accolta dal Governo nella bozza del PNRR pubblicato il 29 Aprile. “Tuttavia, siamo qui per affermare che tutto ciò non basta!” riferiscono i tre cittadini. “Quando vediamo il tentativo di ricevere fondi destinati all’ambiente da parte di un’industria bellica, ci sentiamo disgustati e allarmati. Abbiamo bisogno di combattere per un mondo diverso”.

I dati sugli investimenti militari fanno riflettere: in Italia, secondo l’Osservatorio Mil€x, sono stanziati per i prossimi quindici anni ben 36,7 miliardi di euro in spese militari, più del 25% dei fondi pluriennali per lo sviluppo infrastrutturale dell’Italia (Valutazione Osservatorio Mil€x, 2021). Mentre i cittadini più poveri pagano i drammatici effetti combinati della crisi pandemica e ambientale, le spese militari globali nel 2020 sono le più alte di sempre: 1981 miliardi di dollari (Trends in World Military Expenditure, 2020). Considerando il solo 2020, se si fossero tagliate il 25% delle spese dei 10 paesi che investono di più nell’industria militare, si sarebbero ricavati 370,4 miliardi di dollari da investire per contrastare la crisi climatica ed ecologica.
Disinvestire nel settore militare non solo può liberare un’ingente quantità di fondi pubblici, ma è anche utile per tagliare le emissioni globali di gas climalteranti. L’industria militare mondiale, infatti, è responsabile di almeno il 6% delle emissioni globali (Under The Radar, Report 2021). Solo nel 2019, in Europa l’impronta di carbonio delle spese militari è equivalente alle emissioni di almeno 14 milioni di automobili all’anno, ovvero 24 milioni di tonnellate di CO2.

Intervenire drasticamente sulle emissioni climalteranti è la mossa più coerente per ottenere la sicurezza mondiale. Uno studio pubblicato su Nature, intitolato “Il clima come fattore di rischio per i conflitti armati” (Climate as a risk factor for armed conflict), associa l’aumento di temperatura globale con il possibile aumento di conflitti fra eserciti organizzati. Lo studio stima che se non troveremo soluzioni per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra, si arriverà verosimilmente a un aumento di 4°C. In questo caso, secondo le previsioni più pessimiste, la quantità di conflitti armati aumenterebbe del 50% generando una crisi globale superiore a qualsiasi guerra mondiale che la storia abbia mai conosciuto.
Di fronte a questo scenario spaventoso è ora di superare la logica del conflitto che non permette agli Stati di cooperare per la costruzione di una società resiliente e pacifica.

Ognuno dei tre attivisti che hanno presidiato c.so Francia hanno preparato un proprio documento che hanno consegnato ai passanti.