Se in Trisaia c’è tutt’ora la maggiore quantità di combustibile irraggiato, a Saluggia (provincia di Vercelli) c’è la più alta concentrazione di radioattività da rifiuti nucleari di tutta Italia. Molti i punti in comune tra questi due siti a cominciare dagli impianti di riprocessamento realizzati dal CNEN negli anni ‘60 (Itrec per la Trisaia ed Eurex per Saluggia) ed entrati in funzione quasi contemporaneamente, ma con conseguenze diverse per quanto riguarda la sicurezza dei luoghi e della popolazione. L’impianto Itrec, come s’è visto, cessò di funzionare con l’abbandono del programma Uranio-Thorio all’incirca nel 1978; l’Eurex di Saluggia invece continuò a funzionare fino a metà degli anni ‘80 sul ciclo Uranio-Plutonio, riprocessando notevoli quantità di combustibile irraggiato proveniente dai reattori canadesi (CANDU) o da reattori di ricerca come l’MTR (Material Test Reactor, Idaho – Stati Uniti), i cui residui di lavorazione costituiscono la considerevole mole di rifiuti di media ed alta attività ancora presenti sul sito. Tuttavia a fare la differenza fondamentale tra i due siti sono le caratteristiche idrogeologiche, assai peggiori a Saluggia di quanto non lo siano per la Trisaia.

Tutto cominciò con la Fiat che, insieme alla Montecatini, decise di investire nel settore nucleare creando la Sorin (Società ricerche nucleari) e nel 1959 inaugurò a Saluggia il reattore Avogadro. Successivamente Fiat, che aveva stretto accordi con la Westinghouse, costituì la Coren (Combustibili per reattori nucleari) che a partire dalla fine degli anni ‘60 produsse il combustibile per la Centrale di Trino Vercellese e sempre in quegli anni, a Saluggia, il CNEN decise di costruire l’impianto Eurex. Un vero e proprio concentrato di istallazioni nucleari in un sito non adatto ad ospitarle dato che è letteralmente circondato da corsi d’acqua (un fiume e due canali irrigui) e praticamente “galleggia” su una falda acquifera che scorre a pochi metri dalla superficie. Ad aggravare la situazione ci si mise l’Enel che, dopo il referendum del 1987, utilizzò il reattore Avogadro (fuori servizio da tempo) come deposito temporaneo del combustibile irraggiato delle sue centrali nucleari. Questa situazione divenne palesemente insostenibile negli anni 2000 quando la Dora Baltea e la risalita della falda minacciarono seriamente di inondare il sito: fu costruito un muro di cemento alto cinque metri e profondo 15 e si iniziò a prendere in considerazione la sistemazione dei rifiuti presenti nel complesso che in buona parte era passato sotto la gestione di Sogin. Di qui il nuovo parco serbatoi per ospitare i rifiuti liquidi derivanti dalle passate attività di riprocessamento, la compattazione di una parte dei rifiuti solidi, la costruzione di un deposito temporaneo (D2) per rifiuti a bassa attività e, come opera più importante, l’avvio della costruzione dell’impianto Cemex (per la cementificazione dei rifiuti liquidi) con annesso deposito temporaneo D3 che ha avuto una gestazione a dir poco sconcertante. Nel 2008 rilascio della VIA da parte dei Ministeri competenti e della regione Piemonte; 2013 si conclude l’iter autorizzativo e Sogin emette bando di gara per la costruzione; 2015 avvio dei cantieri; 2017 disdetta del contratto di appalto da parte Sogin per inadempienze dell’appaltatore; 2019 emissione nuovo bando di gara Sogin per completamento lavori, la cui fine, a questo punto, appare sempre più soggetta all’applicazione dell’avverbio che si usa per descrivere il fine pena degli ergastolani: mai!

Ma se Saluggia piange, viene da dire, la Trisaia non ride. Anche per questo sito, Sogin aveva concepito un impianto di cementificazione dei rifiuti liquidi (ICPF) e la loro sistemazione in un deposito provvisorio (DMC3) insieme al combustibile di Elk River sistemato in due cask e, come per Saluggia, le tappe di questa opera risultano altrettanto sconcertanti: 2009 richiesta compatibilità ambientale da parte Sogin; 2011 rilascio VIA da parte Ministeri competenti e regione Basilicata; 2013 avvio dei cantieri; 2017 disdetta del contratto di appalto da parte Sogin per inadempienze dell’appaltatore; 2019 emissione nuovo bando di gara Sogin per completamento lavori….

Tutto questo allo scopo di condizionare i rifiuti, cioè sottoporli a trattamenti tecnici tali da renderli adeguati all’immagazzinamento, per poi essere sistemati in appositi depositi temporanei con la precisazione che gli impianti di trattamento (Cemex per Saluggia e ICPF per Trisaia) hanno, rispettivamente, una vita utile di 15 e 25 anni, dopo di che dovrebbero essere smantellati, mentre i corrispondenti depositi provvisori (D3 per Saluggia e DMC3 per Trisaia) hanno una vita utile di almeno 50 anni, periodo entro il quale dovrebbe essere pronto il Deposito nazionale. Dunque è un gioco ad incastro in cui l’unico elemento certo è che in questi due siti, i lavori proseguiranno ininterrottamente fino a quando non sarà pronto il Deposito Nazionale. Infatti, il previsto smantellamento degli impianti di trattamento dopo 15 e 25 anni anni, produrrà nuovi rifiuti che a loro volta andranno condizionati e immagazzinati e, nell’arco di 50 anni, anche i depositi provvisori subiranno la stessa sorte….sempre che all’orizzonte non si presentino tempeste come quelle che, alcuni anni fa, squassarono la tranquilla “navigazione” di Sogin. Ma questo è un racconto ancora tutto da scrivere.