Il dizionario tedesco Duden pone fine al vocabolo maschile generico per indicare le persone: la “dottoressa” non è più la “declinazione femminile di dottore”.

La redazione del Duden sta modificando i nomi generici delle persone e delle professioni nel dizionario online. La forma femminile viene esplicitamente aggiunta a quella maschile. Il “locatario” non è più “chi ha preso in affitto qualcosa”, ma “una persona di genere maschile che ha preso in affitto qualcosa”. E la “locatrice” è “una persona di genere femminile che ha preso in affitto qualcosa”. “Dottoressa” finora era la “declinazione femminile di dottore”. Ora nel Duden-online si legge: “persona di genere femminile che, dopo gli studi di medicina e il tirocinio, ha conseguito l’abilitazione alla cura di pazienti”.

Basta maschile generico

La redazione del Duden intende così modificare entro la fine dell’anno circa 12.000 voci relative a nomi comuni di persone e professioni. “Le forme maschili non sono mai state neutre rispetto al genere; stiamo unicamente chiarendo alcuni significati nell’ambito del costante lavoro editoriale sui nostri contenuti”, è stata la spiegazione fornita al quotidiano “Welt”. In questo modo, per indicare le persone, da duden.de scompare il maschile generico che comprendeva anche i soggetti di genere femminile. Questo ha scatenato un’ondata di indignazione, soprattutto in Germania. I sostenitori del maschile generico hanno parlato di “genere impazzito” o “sciocchezze di genere”. Comunque, si può anche parlare di “sciocchezze di genere” se la forma maschile viene utilizzata per indicare qualunque categoria di persone.

Il linguaggio come parte essenziale di un cambiamento

L’affermazione che il genere grammaticale non avrebbe nulla a che fare con quello biologico è stata smentita più volte, da ultimo dalle rinomate linguiste Gabriele Diewald e Damaris Nübling. Diewald ha affermato al giornale online “Der Spiegel” che col termine “professore” ci si potrebbe riferire anche alle donne, ma le ricerche dimostrano che sia le ragazze che le donne non lo sentirebbero affatto come riferito a loro. Il problema di fondo sarebbe il patriarcato, basato sulla convinzione che un genere sia più importante dell’altro. Ad esempio, se si vuole aumentare la percentuale di presenza femminile in una professione, si deve intervenire su più aspetti diversi. Uno di questi è il linguaggio, che è sempre una componente essenziale dei cambiamenti sociali rispetto ai quali non può essere considerato separatamente.

L’effetto abitudine

L’editorialista Margarete Stokowski in “Der Spiegel Online” ha chiesto perché i sostenitori del maschile generico non possono semplicemente ammettere di avere difficoltà a nominare in modo esplicito le donne. Sarebbe comprensibile e umano. “Perché tutte queste argomentazioni fantasiose, quando in fondo si tratta solo del fatto che per alcuni è difficile modificare il proprio linguaggio e non lo ritengono una priorità?”. In Svizzera già da tempo la radio e la televisione pubblica hanno adottato un linguaggio che rispetta la parità di genere. All’inizio sembrava forzato e innaturale, scrisse nel “Sonntagszeitung” Rico Bandle, noto per le sue opinioni piuttosto conservatrici. “Ma poi è diventato un’abitudine”.

Barbara Marti per il quotidiano online INFOsperber

Traduzione dal tedesco di Barbara Segato. Revisione di Thomas Schmid.

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