Una delle maggiori difficoltà segnalate al Ministero della Salute è la mancanza di documenti per poter accedere di fatto alle prestazioni offerte dal Servizio sanitario pubblico,  tra cui in questa fase è cruciale la vaccinazione anti Covid19.  “Il diritto al vaccino c’è, ma non è praticabile”, spiega Marco Paggi, avvocato dell’Asgi al Sole24ore. “Aver individuato nel medico di famiglia il tramite per l’accesso al vaccino rischia di tradursi in un ostacolo insormontabile per questa particolare fascia di popolazione. A meno che in ogni Asl non si individui un medico di riferimento per queste persone”.

“L’impostazione esclusiva di iscrizione tramite piattaforma nazionale/regionale per la  prenotazione del vaccino presso il proprio medico di medicina generale o in altro luogo,  potrebbe essere un ostacolo discriminante per la popolazione socialmente più fragile, come  è già successo in alcune Regioni con l’obbligatorietà di ricetta dematerializzata e  prenotazione on line”.

E’ quanto si legge in una lettera inviata il 4 febbraio 2021 da Associazione Studi Giuridici Immigrazione (ASGI), Caritas Italiana, Centro Astalli, Emergency, Intersos, Médecins du  Monde, Medici contro la Tortura, Medici per i Diritti Umani (MEDU), Medici Senza Frontiere  (MSF), Sanità di Frontiera e Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM). Queste  associazioni, riunite nel Tavolo Immigrazione e Salute (TIS), hanno elencato una serie di  raccomandazioni al Ministero della Salute per raggiungere alcune centinaia di migliaia di  persone appartenenti a categorie socialmente fragili o che vivono in situazioni che possono  essere di ostacolo per l’accesso al piano vaccinale.

Il TIS ha elencato tra questi le persone, italiane e straniere, accolte in strutture collettive,  coloro che sono senza documenti o permesso di soggiorno, i cittadini comunitari in  condizione di irregolarità amministrativa, i richiedenti asilo che ancora non hanno potuto  accedere al servizio pubblico e gli apolidi, nonché i soggetti socialmente fragili che vivono in insediamenti informali o comunque chi non ha il medico di base ed ha difficoltà di accesso al  SSN. Tra questi vi sono anche le centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici straniere in  fase di regolarizzazione ed in attesa del permesso di soggiorno, per i quali non sempre è  stato dato accesso al Servizio Sanitario Nazionale, pur avendone diritto.

Una delle maggiori difficoltà segnalate al Ministero della Salute è la mancanza di documenti per poter accedere di fatto alle prestazioni offerte dal Servizio sanitario pubblico,  tra cui in questa fase è cruciale la vaccinazione anti Covid19.

Il TIS ricorda che nelle FAQ presenti sul sito dell’AIFA vi siano le indicazioni per effettuare la  vaccinazione alle persone (italiane e straniere) in condizioni di fragilità sociale accettando  “qualsiasi documento (non necessariamente in corso di validità) che riporti l’identità della  persona da vaccinare” e che “In mancanza di un qualsiasi documento verranno registrati i  dati anagrafici dichiarati dalla persona e l’indicazione di una eventuale

ente/struttura/associazione di riferimento”, come comunque sancito dall’articolo 32 della  Costituzione italiana e previsto dall’articolo 35 del Testo Unico sull’immigrazione”.

Tuttavia il fatto che per prenotare il vaccino bisogna iscriversi tramite piattaforma  nazionale/regionale o presso il proprio medico di medicina generale o in altro luogo, tramite  il codice fiscale/tessera sanitaria “potrebbe essere un ostacolo discriminante per la  popolazione socialmente più fragile, come è già successo in alcune Regioni con

l’obbligatorietà di ricetta dematerializzata e prenotazione on line”. Nella lettera le  associazioni presentano al Ministero una serie di raccomandazioni per includere nel  piano vaccinale le categorie ad oggi a rischio di esclusione.

Tra le proposte il TIS chiede che:

– siano inserite specifiche modalità di inclusione nel Piano Vaccinale Nazionale a  favore dei soggetti socialmente fragili, delle persone che vivono in insediamenti informali,  dei ‘senza fissa dimora’ compresa la popolazione migrante, dei richiedenti asilo, rifugiati e  apolidi a prescindere dal proprio status giuridico e delle persone accolte in strutture collettive  emergenziali o particolarmente affollate.

-sia prevista una “flessibilità” amministrativa, così come indicata dall’AIFA, eventualmente  anche mediata da enti locali e/o da organizzazioni dell’associazionismo e del terzo settore, per agevolare la vaccinazione a chi si trova sul territorio nazionale pur non avendo  documenti quali tessera sanitaria, documento di identità o codice fiscale prevedendo;

– sia valorizzato il ruolo fondamentale dell’associazionismo, il coinvolgimento delle  comunità di immigrati e di mediatori culturali al fine di favorire la comunicazione ed  identificare le persone affette da particolari fragilità socio sanitarie da sottoporre subito a  vaccinazione anche prevedendo, in alcuni casi, un’offerta vaccinale attiva in specifici luoghi  di aggregazione (‘medicina di prossimità’), tenendo conto della necessità di garantire il  richiamo vaccinale in una popolazione difficile da rintracciare.

“Queste misure possono favorire una migliore e capillare distribuzione del vaccino fra tutta la  popolazione presente sul territorio nazionale con una maggiore copertura per una reale  garanzia di salute pubblica e riducendo il rischio di differenziazione fra Regioni e Asl circa  procedure, modalità e processi a tutela della popolazione più fragile e hard-to-reach”  concludono le Associazioni, chiedendo al Ministero ( che ad oggi non ha ancora risposto alla  lettera) un confronto e il coinvolgimento attivo del Tavolo Immigrazione e Salute e del Tavolo  Asilo su questi rilevanti temi, evitando la “solitudine” organizzativa delle varie strutture  d’accoglienza, che hanno dovuto spesso definire in proprio percorsi e procedure per  un’accoglienza e gestione in sicurezza.