Hanno citato lo Stato in giudizio per inazione e hanno vinto. E’ successo in Francia e ha avuto come protagonisti quattro associazioni: Notre Affaire à Tous, la Fondation Nicolas Hulot pour la Nature et l’Homme, Greenpeace France, Oxfam France. Motivo del ricorso: danni ad ambiente e persone provocati dai cambiamenti climatici per il mancato rispetto degli impegni assunti dal governo.

Tutto comincia nel dicembre 2018, quando le quattro organizzazioni scrivono al governo francese per elencargli i danni provocati dai cambiamenti climatici sul territorio francese e chiedergli di arginarli non solo attraverso interventi di tipo riparativo, ma anche preventivo, prendendo tutti i provvedimenti legislativi, fiscali e finanziari necessari a ridurre le emissioni di gas serra.

Nel documento le associazioni precisano che la Francia è il paese europeo più colpito dai cambiamenti climatici, come mostrano inondazioni, tempeste, siccità, canicole estive sempre più frequenti e devastanti. Negli ultimi 12 anni i ghiacciai delle Alpi hanno perso il 25% della loro superficie.  E mentre la Nuova Caledonia e la Polinesia, le isole d’oltre mare che la Francia ha nel Pacifico, rischiano di essere sommerse, un quarto delle coste francesi presentano segni d’erosione. Il governo stesso stima che il 62% della popolazione francese sia fortemente esposto ai rischi climatici, come confermano i 1.120 decessi dovuti a questa causa dal 1998 al 2017. Guasti sociali e ambientali che, hanno sottolineato le quattro organizzazioni, chiamano in causa  la corresponsabilità del governo, che non ha mantenuto fede agli innumerevoli impegni che si era assunto per limitare le emissioni di gas serra, per attuare la riconversione e l’efficienza energetica, per dotare il paese di servizi pubblici sostenibili capaci di ridurre la circolazione di auto private. Impegni che ora il governo è invitato ad assumere senza ulteriori indugi.

E in attesa di ricevere una risposta, le associazioni decidono di rafforzare la propria posizione organizzando una campagna di raccolta firme che battezzano “L’affaire du siècle”, l’affare del secolo. Nel paese si alimenta la discussione, ne parlano i media, se ne discute nelle scuole e in breve le firme raccolte raggiungono i due milioni. Il governo non può ignorarle e il 15 febbraio 2019 fa arrivare la propria risposta, che però respinge le accuse al mittente. Dettagliando tutto quello che ha fatto, rigetta l’accusa di inazione e dichiara che se la situazione continua a peggiorare non è colpa del governo, ma della cittadinanza che non adotta nuovi stili di vita.

Il comitato organizzatore della campagna giudica la risposta inadeguata e decide di ricorrere alla magistratura affinché sia lei a stabilire se lo stato è colpevole di inazione e in caso affermativo venga obbligato a fare ciò che gli compete. Il ricorso viene presentato il 14 marzo 2019 ed è indirizzato al Tribunale Amministrativo di Parigi, che il 3 febbraio 2021 emette un verdetto totalmente favorevole alle associazioni ricorrenti.

In particolare stabilisce tre punti. Primo: l’aumento della temperatura terrestre costituisce un danno ambientale che deve essere riparato. Secondo: esiste un nesso di casualità fra l’aumento della temperatura terrestre e le manchevolezze dello Stato francese. Terzo: lo Stato deve essere ritenuto responsabile di parte dei danni intervenuti perché non ha rispettato tutti i suoi impegni rispetto alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Pertanto i giudici hanno ritenuto fondata la richiesta delle associazioni di ordinare allo Stato interventi riparativi e non potendoli precisare sul momento, la corte si è presa due mesi di tempo per dettagliarli.  Infine la corte ha riconosciuto legittima la richiesta di indennizzo morale da parte delle associazioni, che pertanto riceveranno dallo Stato la somma simbolica di un euro ciascuna, come  avevano richiesto esse stesse.

Ovviamente siamo solo al primo grado di giudizio e con tutta probabilità lo Stato ricorrerà in appello, dove tutto è possibile. Ma comunque vada a finire, da questa vicenda si traggono tre insegnamenti. Primo, che di fronte alle situazioni drammatiche vanno tentate tutte le strade per trovare rimedio. Secondo e terzo, che la perseveranza premia sempre e che nessuna battaglia può essere vinta senza coinvolgimento popolare. Ed è proprio su quest’ultimo punto che la campagna continua la propria attività, cercando di creare consenso attorno a sei impegni da imporre allo Stato: la trasformazione del settore elettrico verso le rinnovabili, la ristrutturazione degli alloggi verso forme energetiche più efficienti,  l’offerta di un buon servizio di trasporto pubblico  per limitare l’uso dell’auto privata, iniziative per permettere a tutti di alimentarsi in maniera sana e sostenibile, soppressione delle sovvenzioni ai combustibili fossili, riforma fiscale in chiave ambientale all’insegna dell’equità. Un modo per dire che la conversione ecologica o sarà socialmente soddisfacente o non sarà.

Articolo originale pubblicato su Avvenire