I media polacchi hanno scioperato due giorni fa in una protesta senza precedenti nel paese, contro una nuova controversa legge sulla pubblicità, ritenuta un attacco alla liberà di opinione. Oltre 45 testate di carta, online, radio e tv  hanno partecipato allo sciopero oscurando totalmente  l’informazione per 24 ore.

Nel contesto della pandemia, l’esecutivo di Mateusz Morawiecki vuole infatti imporre una tassa del 5% sulle pubblicità, entrando inoltre nel merito dei contenuti, e costringendo le imprese (anche quelle straniere) ad ampliare la pubblicazione di notizie nazionali polacche. La tassa metterà in forte crisi le testate indipendenti, che il governo o imprenditori a lui molto vicini potrebbero comprare a prezzi stracciati.

“Il potere ha dichiarato guerra alla libera opinione”, ha scritto il quotidiano Gazeta Wyborcza in apertura, pubblicando – così come altre testate e radio – una lettera aperta ai governanti e ai leader di partiti politici. Nel testo, la tassa viene definita “racket”, e i media si oppongono a eventuali nuove limitazioni della libertà di parola. Il disegno di legge, che potrebbe entrare in vigore da luglio prossimo, prevede che i fondi ricavati saranno usati a sostegno delle istituzioni colpite dal Covid.

“Dobbiamo rispondere alle nuove sfide del mondo digitale” ha voluto controbattere il premier Morawiecki, additando fra i ‘colpevoli’ “Apple, Amazon Facebook e Google” e dichiarando – lo scrive la Pap – che le soluzioni proposte dal suo esecutivo seguono quelle di Francia, Spagna e Italia, in mancanza delle decisioni comunitarie.

Ma la realtà, anche a detta degli osservatori internazionali e del rapporto stilato da Media Freedom Rapid Reponse (MFRR) , che ha da poco effettuato una missione in Polonia, è che gli attacchi, anche legali, nei confronti dei media indipendenti nel Paese hanno raggiunto livelli senza precedenti l’anno scorso. I funzionari del partito al potere, il PiS e i loro alleati hanno fatto di tutto per seppellire – letteralmente – i media sotto una valanga di costose e lunghe battaglie giudiziarie. In ottobre e novembre sono anche aumentate le violenze fisiche – fino ad allora rare, in Polonia – nei confronti dei giornalisti che coprivano manifestazioni e proteste non gradite al governo. Molti sono stati feriti e alcuni hanno dovuto essere ricoverati in ospedale. In alcune occasioni, la polizia ha sparato proiettili di gomma contro i giornalisti malgrado fossero chiaramente identificabili con la scritta “PRESS” sui giubbotti. È ormai evidente che il giornalismo critico e investigativo sia considerato comunque oppositivo e non parte dei necessari equilibri di un sistema democratico.

Oltre cinque anni di queste politiche, dice il rapporto MFRR, hanno portato la Polonia su un cammino che ricalca pericolosamente il modello ungherese. Il giornalismo libero – continua – sta lentamente morendo in Polonia”.

 

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