Ebbene, questa volta la posta in gioco era realmente molto alta. Una grande area di vegetazione originale stava per essere completamente rasa al suolo per far posto a un condominio di lusso.

Sono trent’anni che le grandi imprese responsabili della selvaggia speculazione immobiliare che ha deturpato il tessuto urbano, provano in tutti i modi di appropriarsi di uno degli ultimi spazi in cui la foresta nativa originaria ancora resiste. Le foto aeree ritraggono una realtà drammatica, una sorta di resistenza vegetale al cemento e all’asfalto. Si chiama Mata Atlântica, è la vegetazione che copriva gran parte della zona litoranea brasiliana, dal nord est fino a sud, in molti casi spingendosi all’interno del territorio per centinaia di chilometri. Oggi ne rimane circa l’otto per cento, in molti casi protetta da severissime leggi di preservazione ambientale, spesso aggirate da accordi sottobanco, corruzione, permessi e cavilli burocratici che ne favoriscono la distruzione per far posto a imponenti costruzioni, veri e propri eco-mostri costruiti sotto l’egida e il miraggio di uno sviluppo buono solo ad ampliare le differenze sociali incommensurabili esistenti nella società del paese. Le battaglie per mantenere le aree verdi in mezzo alla città hanno sempre avuto il sapore della sconfitta, così come spesso è avvenuto per il patrimonio storico-culturale. Quando una costruzione è sulla via di essere proclamata di interesse pubblico, quindi sottomessa a rigide regole di protezione e manutenzione, spesso, con il terror-panico che il loro immobile perda definitivamente valore di mercato, i proprietari lo demoliscono nottetempo. Sí, sono famosi i casi delle grandi ville situate lungo la avenida più importante della città. Una volta luogo bucolico, oggi sede dei palazzi di cristallo della banche internazionali che controllano l’economia del paese. Ebbene, le grandi ville dall’architettura eclettica sparivano una ad una, i loro esuberanti giardini venivano invasi da ruspe e trattori il giorno prima in cui avrebbe dovuto decidersi il decreto di protezione. Le poche rimaste sono quasi tutte in rovina, o sono state trasformate in fast food. Solamente una è riuscita a resistere ed ora ospita un bellissimo centro culturale.

E la città continua a soffrire nelle mani di una speculazione selvaggia capace di tutto, di distruggere la storia, di obbligare la popolazione di un intero quartiere  a spostarsi per sempre per far posto a un centro direzionale, una speculazione che ha sfigurato definitivamente il volto della città. L’ultimo e gravissimo caso di distruzione del bene comune, ha stravolto gran parte del centro, una colata di cemento ha sepolto il  parco lineare che lo attraversava e ne legava i punti più importanti. La scusa che l’area fosse insicura, pericolosa, che vivesse in abbandono e frequentata da prostitute, trafficati e barboni è stata la giustificazione per la sua distruzione. Con il termine “riqualificazione urbana” il Comune svela l’intenzione mai nascosta, ma, al contrario, propagata ai quattro venti, di voler concedere l’uso all’iniziativa privata, la panacea universale per risolvere ogni problema urbanistico.

Adesso si trattava di salvare un’area verde di Mata Atlantica, un eroico enclave naturale nel bel mezzo di un quartiere residenziale. La cittadinanza ha detto no. Manifestazioni, raccolte di firme, petizioni parevano non bastare. La battaglia per una qualità della vita meno violenta sembrava perduta. Mancava l’opinione finale del Comitato Municipale per Preservazione del Patrimonio, l’ultimo baluardo prima della distruzione. Nella prima parte di questo scritto, si cerca di raccontare sul suo ruolo  dei consiglieri e come sono stati nominati per l’incarico. Lascio al lettore la fatica di rileggere.

Ebbene, il Consiglio ha dichiarato aperto il processo che darà luogo alla protezione definitiva di quell’area. A prima vista può sembrare una piccola schermaglia municipale riguardante appena quel quartiere e i suoi abitanti. Invece è uno schiaffo non solo alla speculazione immobiliare e al suo modus operandi , ma a tutto lo schema ambiguo che vede invischiato i pubblici poteri con le imprese in una nebulosa di laissez-faire che forma il grande pantano della corruzione. La palude in cui affonda la repubblica basata sui favori e sui finanziamenti a doppia mandata tra il mondo politico (municipale, statale, federale) e quello industriale in cui il bolsonarismo crogiola che è un piacere. La notizia è in prima pagina del giornale. Una vittoria simbolica. 63.000 metri quadrati di foresta originaria, le sorgenti di acqua pura, le decine di specie di uccelli minacciate di estinzione, gli animali, l’aria, sono salvi. Per ora.