Sono tornati in piazza, a distanza di una settimana, in un clima di tensione palpabile. Tutti si aspettavano il peggio e invece è stato un corteo non-violento che ha dato spazio agli invisibili. Così nel pomeriggio di sabato 14 novembre a Bologna, si sono riviste le tute bianche, simbolo della forza lavoro precarizzata e sfruttata. Insieme , per chiedere a gran voce : “reddito, salute, dignità!”

fotoreportage @Vittoria Sichi

Un corteo statico di una cinquantina di attivisti di Tpo e Labas, due realtà sociali bolognesi, con le tute bianche e diversi cartelli. La scelta delle tute non sembra casuale. Infatti,  gli attivisti hanno fatto ricorso all’immaginario comune di tutti noi, che associa le tute al movimento no global e ancora prima ai “disobbedienti”. Una scelta comunicativa chiara: una rivendicazione- richiamarsi al movimento dei disobbedienti, degli invisibili, precar* di un mondo globalizzato che chiedono protezione sociale- e insieme una rassicurazione rivolta alla cittadinanza “noi non siamo criminali”.

Quello di ieri sera è stato più un evento comunicativo che una manifestazione , che ha spiazzato le tetre previsioni di molti osservatori. Infatti, dopo la manifestazione di sabato scorso, il sindaco Merola aveva deciso di inasprire le misure anti assembramento vietando, con un‘ordinanza, le manifestazioni politiche e gli eventi culturali e di massa nel centro cittadino. Per questo molti credevano che il solo fatto di scendere in piazza avrebbe dato il via alle tensione. Ma così non è stato. Infatti, nonostante l’imponente dispiegamento di mezzi- c’erano cordoni di polizia che impedivano l’accesso in via Ugo Bassi, Piazza Maggiore, il quadrilatero della mercanzia e Piazza Santo Stefano- il corteo si è svolto in piena tranquillità.

Gli attivisti, partiti alle 16 dalle due torri, sono arrivati nei pressi di piazza del Nettuno invitando la popolazione, alle prese con lo shopping , ad unirsi alla protesta  “perchè non siamo i collettivi violenti descritti dai giornali, siamo lavoratori, precari, studenti, migranti, siamo gli invisibili, siamo come voi!”. Hanno invitato a vestire le tute bianche, simbolo dell’invisibilità, per poterla togliere tutti insieme. Di fronte ad un cordone di giornalisti hanno spiegato le ragioni di scendere in piazza sfidando l’ordinanza. Una necessità, secondo gli attivisti, quella di riprendersi gli spazi pubblici “che vengono tolti alla cittadinanza invece di aumentarne, come la chiusura dei mercati contadini biologici” Hanno continuato ” Si proibisce di manifestare con la scusa della salute pubblica mentre pochi privilegiati, lontano dal mondo reale, decidono le sorti di tutti noi. Ci dicono che sono tutte scelte obbligate, perchè imposte dalla situazione di emergenza, ma non è così. Sono tutte scelte politiche e , in quanto tali, c’è bisogno di ascoltarci”.

La richiesta di reddito, salute e dignità si è accompagnata con le storie di sfruttamento dei riders, dei lavoratori dell’educazione, dei migranti impiegati nella logistica. E’ stata più volte sottolineata la necessità di aumentare le risorse investite in salute pubblica e in welfare, per rompere “il ricatto tra salute e lavoro”. Oltre a questo, gli attivisti hanno portato in piazza le pratiche di mutualismo attuate durante il primo lockdown, come le Brigate di muto soccorso,  che hanno già ripreso il lavoro per la seconda ondata.

 

 

Intorno alle 18, il corteo ha raggiunto il centro sociale Labas- in vicolo Bolognetti- e si è sciolto, rilanciando ad una presenza costante, anche durante le prossime settimane, per continuare a chiedere reddito, salute e dignità per tutti, affinchè si possa rompere “il ricatto tra salute e lavoro”.