Christophe Daussy, Università Sorbona Parigi Nord

Questo articolo viene pubblicato in occasione della Festa della scienza 2020 (dal 2 al 12 ottobre 2020 nella Francia continentale e dal 6 al 16 novembre in Corsica, oltreoceano e a livello internazionale) di cui The Conversation France è partner. Tematica centrale di questa nuova edizione è “Pianeta Natura”. Potete trovare tutti gli eventi della vostra regione sul sito Fetedelascience.fr.


Le tecnologie basate sulla conoscenza e la padronanza della luce sono diventate essenziali: schermi, telecomunicazioni, imaging o anche laser e le sue molteplici applicazioni. Nel settore della ricerca, l’ottica e la fotonica hanno fornito negli ultimi decenni strumenti ad alta sensibilità che hanno permesso, ad esempio, il rilevamento di un buco nero al centro della nostra galassia (grazie all’ottica adattiva), il rilevamento di onde gravitazionali (grazie agli interferometri giganti) o la produzione degli orologi più stabili al mondo. Al di là di questi notevoli successi, le attività condotte sulla luce – o con la luce – hanno influenzato per secoli le nostre rappresentazioni del mondo fisico.

Qui ci impegneremo a mostrare gli stretti legami esistenti tra le scoperte in questo campo di ricerca e l’emergere, nel corso del XX secolo, di teorie che hanno ribaltato la nostra comprensione della luce, ma anche dello spazio, del tempo e della materia.

Luce, corpuscolo oppure onda?

La storia che ci interessa inizia nel XVII secolo. Lo studio quantitativo della deviazione dei raggi luminosi offre la possibilità poi a Snell e Cartesio di stabilire le leggi dell’ottica geometrica. La modellizzazione di questo fenomeno ha portato gli scienziati a prendere posizione su due domande fondamentali: qual è la natura della luce e a che velocità si propaga? Riguardo le due questioni, per più di due secoli vi saranno numerosi dibattiti, che porteranno i fisici verso due rivoluzioni: la teoria della relatività e la teoria quantistica.

Nel XVII secolo, stando a Cartesio e Newton, la luce è di natura corpuscolare e si diffonde più velocemente nel vetro che nell’aria. Huygens, invece, sviluppa una teoria ondulatoria che lo porta a considerare che la luce si propaga più lentamente nel vetro che nell’aria. Dunque, si tratta di onda o di corpuscolo? Il travolgente successo della meccanica newtoniana ha eclissato totalmente il modello ondulatorio per più di un secolo. All’inizio del XIX secolo, gli esperimenti messi a punto da Young con le interferenze luminose mettono in evidenza le imperfezioni della teoria corpuscolare di Newton . Pertanto, il dibattito sembra definitivamente risolto quando, nel 1850, Fizeau e Foucault dimostrano sperimentalmente che la velocità della luce è inferiore in acqua rispetto all’aria. Huygens aveva quindi ragione: la luce è davvero un’onda!

La nostra comprensione della natura di questa onda deve poi molto all’attività di Maxwell, che combina fenomeni elettrici, magnetici e ottici e dimostra che la luce è un’onda elettromagnetica. Meglio ancora, la sua velocità nel vuoto deve essere invariata: il suo valore è sempre c, indipendentemente dalla velocità della sorgente o dell’osservatore. E qui le cose si complicano! In effetti questa invarianza della velocità della luce è incompatibile con una legge centrale della meccanica newtoniana, la legge galileiana di composizione delle velocità. Nonostante la scarsa chiarezza su questo punto, un’altra questione irrisolta rimane il calcolo della quantità di luce emessa dalla radiazione termica (la questione del corpo nero), molti scienziati, alla fine del XIX secolo, considerano la nostra rappresentazione del mondo fisico come completamente riuscita e la fisica praticamente compiuta. Tuttavia, le risposte che verranno date alle due problematiche costituiranno le basi di una vera e propria rivoluzione.

Relatività limitata

La soluzione che avrebbe conciliato elettromagnetismo e meccanica fu fornita nel 1905 da Einstein. L’invarianza galileiana cede il passo all’invarianza relativistica per dare vita a una relatività limitata. Questa nuova teoria capovolgerà la nostra visione dello spazio, del tempo e della materia: c non è più semplicemente la velocità di tutte le onde elettromagnetiche nel vuoto, ma diventa una velocità limite invalicabile. Nel 1983 acquisirà lo status di costante fondamentale di riferimento quando verrà fissata per ridefinire l’unità di lunghezza del nuovo Sistema Internazionale. L’esistenza di tale limite rende necessario rivedere la nozione di simultaneità di due eventi: esso dipende dal movimento dell’osservatore. Di conseguenza, lo spazio e il tempo non sono più assoluti e devono essere ripensati in termini di un nuovo concetto, ossia spazio-tempo. Le lunghezze e le durate non sono più assolute. Le regole si contraggono e gli orologi rallentano quando sono in movimento! Anche il concetto di massa deve essere ridefinito alla luce della famosa relazione E=mc² che stabilisce l’equivalenza tra massa ed energia.

La nascita del concetto di fotone

Nel 1900, la soluzione alla questione del corpo nero fu trovata da Planck con un’ipotesi impressionante: la luce viene emessa in modo discontinuo in grani di energia, i quanti. Sulla stessa scia, Einstein ha seguito l’esempio affrontando l’effetto fotoelettrico. Sulla base degli esperimenti di Planck, egli interpreta questo effetto considerando che la luce è composta da grani di energia hν (h è la costante di Planck e ν la frequenza). Nasce così il concetto del fotone e con esso una nuova pagina nel dibattito sulla natura della luce.

Come si conciliano le onde elettromagnetiche di Maxwell e i fotoni di Einstein? La soluzione a questo problema affonda le sue radici nel XVII secolo. Fermat ha formulato il principio del «tempo minimo» che gli ha consentito di rivelare le leggi dell’ottica geometrica. Questo principio è stato poi esteso alla meccanica da Mauperthuis per formulare il principio della «minima azione»: la traiettoria di un punto materiale è sempre quella che minimizza l’azione, una grandezza ottenuta moltiplicando la quantità di movimento e la distanza percorsa. Possiamo vedere in questi due principi una sorta di similitudine tra il trattamento della luce e quello della materia, una somiglianza che sarà formalizzata da Hamilton in un nuovo scritto sulle leggi della meccanica. Solo grazie all’opera di Planck e all’introduzione della quantistica di azione h di Einstein, che quantifica la luce, nel 1924 de Broglie escogita la soluzione inaspettata che avrebbe conciliato definitivamente onda e fotone: la luce si comporta a volte come un’onda, a volte come corpuscolo, a seconda delle condizioni dell’esperimento. Si parla di dualità onda-corpuscolo.

Risulta essere ancora più disorientante, quando egli generalizza questa dualità applicandola anche alla materia: bisogna quindi essere in grado di trasporre in elettroni, atomi, gli esperimenti di ottica ondulatoria. È su questa base che verrà elaborata una nuova meccanica, ossia la meccanica quantistica, di cui Schrödinger stabilisce l’equazione d’onda per una particella.

Meccanica quantistica

Questo nuovo quadro teorico, a sua volta, cambia la nostra rappresentazione della materia e delle interazioni. La nozione di traiettoria di una particella deve essere ripensata alla luce dell’ampiezza di probabilità della funzione d’onda, il cui modulo al quadrato rappresenta la probabilità di trovare la particella in un punto nello spazio. La prevedibilità deterministica classica cede poi il passo alla prevedibilità quantistica probabilistica. Infine, le condizioni della misura e l’osservatore devono essere integrate nella descrizione del sistema quantistico. In questo quadro, h acquisisce lo status di costante fondamentale per diventare il «quantum d’azione» che riflette la discontinuità delle interazioni e rappresenta il limite inferiore di ogni azione. Nel 2019, h diventa addirittura una costante dei riferimento fissa per definire l’unità di massa .

La presa in considerazione delle costanti h e c nello stesso quadro teorico porterà poi, nella seconda metà del XX secolo, all’unificazione delle teorie relativistiche e quantistiche per portare alle teorie dell’interazione elettromagnetica, dell’interazione debole e dell’interazione forte. Il modello standard riunisce queste tre teorie e definisce oggi la nostra rappresentazione della fisica delle particelle elementari e delle interazioni. All’ultimo livello di questo approccio unificante, la considerazione della costante gravitazionale G dovrebbe permetterci di formulare una teoria quantistica e relativistica della gravitazione. Tale teoria, ad oggi ancora allo stadio embrionale, al momento debito non perderà occasione per rivoluzionare la nostra rappresentazione del mondo.

Christophe Daussy, Fisico, Insegnante-Ricercatore, Laboratorio di Fisica Laser, CNR, Università Sorbona Parigi Nord

Traduzione dal francese di Maria Rosaria Leggieri. Revisione di Ada De Micheli

L’articolo originale può essere letto qui