Giulia Carta, attivista per i diritti delle persone Trans e per la nondiscriminazione è stata oggetto di un grave atto di discriminazione ad Oristano.

Giulia Carta è entrata, accompagnata, in un bar di Oristano, il Tharros Caffè.

Quando si è diretta al bagno delle donne le è stato impedito di farlo. Il proprietario dell’esercizio le ha detto che avrebbe dovuto usare il bagno degli uomini, adducendo come motivazione che alcuni clienti del locale si erano lamentati per l’uso improprio del bagno.

Giulia Carta, che abbiamo sentito al telefono ci ha raccontato che l’esercente, in presenza di testimoni, l’avrebbe declinata al maschile.

Misgenderare, ovvero declinare una persona Trans con un genere che non corrisponde al proprio genere di affermazione, è a tutti gli effetti un insulto discriminatorio, è come chiamare una persona di origine africana “negro”, oppure una persona di etnia rom “zingaro”.

Vuol dire insultare, ignorare senza un briciolo di empatia, di partecipazione umana, tutti gli aspetti di una persona che pur nascendo con un sesso biologico, intraprende un percorso di affermazione del genere al quale sente di appartenere, con tutto quello che ciò implica.

Non risulta che ci sia un legislazione che imponga ad una persona di utilizzare un bagno piuttosto che un altro. Le persone di genere maschile utilizzano naturalmente il bagno maschile e viceversa.

Ecco che una Trans, una donna Trans, ovvero una persona che afferma come femminile il proprio genere di appartenenza, naturalmente usa il bagno delle donne, perché si sente (ed è) tale.

Imperdonabile l’atteggiamento dell’esercente, avrebbe dovuto ignorare le veramente anacronistiche, e ad oggi incivili, lamentele dei propri clienti.

Giulia ha anche dichiarato: “Rivendico la rabbia come strumento politico contro la discriminazione patriarcale”.

Non ha mancato di denunciare il fatto con un post pubblico propria pagina Facebook.

Questo bar di Oristano non si è distinto per il dovuto rispetto che si deve attribuire ad ogni persona, anche ad una persona Trans.