L’Assessorato Regionale dei Beni Culturali (e della pseudo “Identità Siciliana”) ha reso noto di aver proceduto alla brandizzazione del marchio “Targa Florio” apponendovi il vincolo culturale, quale eredità materiale e immateriale collegata alla celebre corsa automobilistica ideata, agli inizi del XX secolo, da Vincenzo Florio dell’importante famiglia di imprenditori siciliani.

Quando nel 2018 venne inaugurata la mostra Il ruggito della velocità. Miti e modernità della Targa Florio motociclistica presso l’Albergo delle povere ci perdonino gli studiosi della storia di Palermo se non usiamo la denominazione al maschile (poveri) che è il nome originario dell’edificio settecentesco, ma la storia delle povere schiave presso quell’albergo è troppo pregnante per non essere ricordata.

Quando appunto si spalancarono i battenti sulla vasta esposizione di motori d’epoca, dipinti, cartelloni, fumetti ed altro ancora, si comprese subito il grande impegno di lavoro, di studio e ricerca che doveva esserci stato alle spalle della mostra, e i nomi degli studiosi che figurano nel catalogo dato alle stampe dall’Assessorato dei beni culturali della Regione siciliana, titolare dell’iniziativa, non lasciano dubbio alcuno.

Solo per citare qualche collaborazione esterna all’amministrazione regionale: Rosario Lentini, storico dell’economia siciliana tra ‘800 e ‘900, Ettore Sessa, docente di storia dell’architettura presso l’Università di Palermo, e Anna Maria Ruta, studiosa del futurismo in Sicilia e delle artiste degli anni Venti e Trenta dello scorso secolo.

Fra gli interventi in catalogo dei funzionari interni all’amministrazione regionale ci piace qui ricordare quello del direttore della Biblioteca centrale della Regione siciliana (BCRS) Carlo Pastena, perché acquista significato alla luce delle scelte culturali che la politica sta assumendo in questi giorni in Sicilia.

L’attuale responsabile della BCRS non poteva non esordire riprendendo il famoso passo del manifesto futurista, laddove Marinetti proclamava di voler “distruggere i musei, le biblioteche, le accademie …”, compiacendosi in questo modo, il nostro bibliotecario regionale, nel constare che fortunatamente “le biblioteche e i musei non sono stati distrutti, e se oggi possiamo parlare di futurismo e presentare alcune delle opere prodotte da questo movimento culturale, lo dobbiamo proprio all’esistenza delle biblioteche che conservano le testimonianza del passato”. In effetti gli apparati bibliografici presenti all’interno della mostra del 2018, che figurano nel catalogo che abbiamo sottomano, sono custoditi nei magazzini della BCRS, la cui sede prestigiosa si trova all’interno del complesso del Collegio Massimo dei Gesuiti nel capoluogo dell’Isola.

Oggi, dopo l’alluvione del 15 luglio scorso che si è abbattuta sulla città di Palermo e che ha compromesso anche il patrimonio della Biblioteca centrale dove migliaia di volumi danneggiati dall’acqua sono stati messi in salvo dal personale che lì presta servizio – a cominciare dai tecnici del restauro – ma che necessita di cure urgenti, ovvero di un progetto che preveda risorse finanziarie straordinarie, parrebbe che alla fine la dea fortuna si sia fatta beffe del felice proclama del direttore Pastena e che il pronostico di Marinetti si sia avverato. In realtà, non a causa dei danni provocati dall’alluvione perirà la Biblioteca che è risorta dalle proprie ceneri dopo essere stata duramente colpita dalle bombe americane nel secondo conflitto mondiale, la BCRS rischia di chiudere per le scelte politiche attuate – non solo a livello regionale ma anche nazionale –  che sembrano glissare sulle necessità di cui hanno bisogno le biblioteche pubbliche, dalle opere di manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici che ospitano questi istituti culturali all’individuazione di magazzini adeguati all’idonea conservazione del patrimonio in continua espansione. Insomma sembrerebbe mancare, e speriamo di essere smentiti al più presto dai fatti, una visione strategica per le biblioteche italiane in generale e per la Biblioteca centrale della Regione siciliana in particolare.

In conclusione, non vorremmo che il vincolo culturale posto sul bene immateriale “Targa Florio” dall’amministrazione regionale rischiasse di qualificarsi come un prodotto pubblicitario spendibile, spettacolarizzando il marchio “Targa Florio” che in questo modo apparirebbe più come un brand commerciale che un bene storico-culturale da fruire nell’alveo dei valori d’uso riproducibili come memoria comune, perché la vera tutela dello storytelling collettivo e le mutazioni segnate dal tempo sociale scandito, in uno con l’importante manifestazione automobilistica, non possono prescindere dalla salute della Biblioteca centrale che ne documenta la storia.

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