La notizia più eccitante dell’estate in quest’anno dominato dalla peste del terzo millennio? No, non stiamo parlando della litigata che porta venti di separazione fra George Clooney e Amal Alamuddin, no nemmeno di un leghista che ha letto un libro di storia né della Meloni che ha scritto un post intelligente su Facebook (sono leggende metropolitane). E nemmeno di Bolsonaro positivo al Covid 19 ma sempre di buone eccitanti notizie si tratta: siamo a 50! Cifra tonda raggiunta dai siti di nidificazione di Aquila del Bonelli censiti Sicilia! Non è una notizia di poco conto, relegata alla curiosità dei (tanti) ambientalisti da poltrona e dei (pochi) naturalisti da campo ma implica tagliare un traguardo nemmeno simbolico enorme: un frammento di Bellezza è stato salvato, speriamo per sempre.

Non sto esagerando, immaginatevi la scena: Un adulto si china accanto a un bambino, hanno entrambi gli occhi rivolti al cielo. L’adulto punta il dito e indica un puntino scuro che volteggia fra le nuvole. “È un’aquila!” esclama. Gli occhi del bambino si gonfiano di meraviglia. È questa un’immagine topica che è la base dello scopo ultimo di chi educa, sia esso un genitore o un insegnante, ovvero l’educazione alla Bellezza. “Bellezza” principio indefinibile ma che si esprime in una molteplicità di forme, dalla contemplazione della Natività di Caravaggio al superbo panorama che si conquista scalando una montagna, dall’emozione suscitata leggendo i sonetti di Shakespeare alla meraviglia suscitata da un fiore che sboccia nel cemento ma che trova la sua espressione massima nella Natura. Ovvero in quel mosaico di animali, piante e paesaggio di cui anche l’uomo è parte inscindibile. Bellezza che è ormai superfluo ricordare come ogni giorno sia erosa, sconquassata, banalizzata in nome di una sola regola: quella del profitto, magari spacciato per “sviluppo del territorio”. Profitto che fagocita la Bellezza come una ruspa erode una duna di sabbia (vedi i recenti fatti di cronaca ad Agrigento o ad Augusta) e che fra le sue fauci ha rischiato di attanagliare uno degli esseri viventi più belli e possenti della Natura: l’Aquila di Bonelli. La sola parola “aquila” evoca nell’immaginario collettivo l’idea pura e assoluta di forza e leggiadria, metafora prediletta di artisti e poeti, simbolo di popoli e Nazioni, immagine archetipica di suprema libertà, in sintesi di Bellezza. Ma la bellezza non è per tutti, perché dev’essere disinteressata per essere compresa appieno, altrimenti degenera in possesso. È bello ciò che è solo mio. È in virtù di questo deformato concetto di Bellezza che l’aquila di Bonelli stava per scomparire dalle nostre terrea. È una bestia rara: in Europa è presente nell’area circummediterranea, con le maggiori popolazioni in Spagna; in Italia nidifica esclusivamente in Sicilia. Nel resto del sud Italia, dove un tempo era presente è scomparsa così come si è estinta anche in Sardegna (su quest’ultima isola è stato recentemente messo in atto un progetto per la sua reintroduzione). E in Sicilia stava per fare la stessa fine. La causa principale? Non la distruzione del suo territorio, non la rarefazione delle sue prede d’elezione (conigli), non le malattie o i fili dell’alta tensione dove possono incappare rimanendo folgorati, non i bracconieri in cerca di un trofeo da impagliare (fattori che pure incidono e non poco) ma per il furto dei pulcini o direttamente delle uova. È stata una scoperta relativamente recente e sconvolgente: da tempo gli ornitologi siciliani non riuscivano a capire come mai la popolazione siciliana fossi così in declino, come mai i siti storici di nidificazione fossero inesorabilmente abbandonati e perché molte coppie, pur deponendo, non involavano mai giovani finché un giorno, mentre stavano osservando un nido a distanza di sicurezza per non disturbare, videro un rocciatore abbarbicato sulla parete di roccia. Si scoprì quindi un impressionante giro illegale fino ad allora solo intuito. L’Aquila di Bonelli rappresenta l’oggetto del desiderio di molti appassionati di Falconeria, attività che consiste nell’educare un rapace a librarsi in volo al comando di un falconiere per andare a catturare una preda. Sport nobile e antichissimo, praticato fin dai tempi più remoti e in ogni parte del mondo e che in Sicilia ha avuto la sua massima espressione con Federico II ma che oggi suona anacronistico e dannoso, tanto più che molti dei rapaci utilizzati – com’è emerso da indagini giudiziarie – non provengono da allevamenti regolamentati ma da prelievi illegali in natura, fondamentali anche per rimpolpare con sangue “selvatico” gli esemplari allevati in cattività. Quando nel maggio 2010 si scoprì l’entità del fenomeno si decise di creare un gruppo informale di appassionati della natura siciliani, il GTR (Gruppo Tutela Rapaci), con l’obbiettivo di monitorare con attenzione i siti riproduttivi di Aquila di Bonelli, sorvegliarli e allo stesso tempo creare interesse intorno a questa specie, sia nei confronti dell’opinione pubblica che nel versante politico e prettamente investigativo/giudiziario. Nel 2016 il problema è stato “attenzionato” anche a livello Europeo con il Life “Conrasi”, un importante progetto finalizzato a migliorare lo status di conservazione di alcune specie di rapaci Siciliani sia tramite azioni di ricerca scientifica che, più concretamente, di sorveglianza dei siti di nidificazione. Un’iniziativa che ha visto il coinvolgimento di diversi enti e associazioni sia nazionali (WWF in primis ma anche il Dipartimento Ambiente e il Dipartimento dello sviluppo rurale e territoriale della Regione Sicilia, e il GTR [Gruppo Tutela Rapaci]) che internazionali (il GREFA –  grupo de rehabilitación de la fauna autóctona y su hábitat, un’associazione non governativa spagnola che si occupa di tutela faunistica e ha fornito supporto tecnico e scientifico al progetto). L’azione legata alla sorveglianza dei siti di nidificazione, coordinata in buona parte dalla Cooperativa Silene di Palermo in coordinamento con il GTR, è stata realizzata sia tramite l’organizzazione di campi gestita da volontari provenienti da tutt’Italia che tramite un complesso sistema di videosorveglianza. Nei siti ritenuti più a rischio sono state piazzate diverse fototrappole che si attivano in automatico in presenza di movimento permettendo in tempo reale di monitorare accessi illeciti.

Uno sforzo non indifferente che ha prodotto risultati di assoluto rilievo, basti pensare che la popolazione di Aquile del Bonelli siciliane era ridotta a meno di 25 coppie nidificanti, con un vistoso trend in decrescita che ha fatto temere l’estinzione di questo meraviglioso rapace. Adesso siamo a 50 siti individuati (non tutti però occupati stabilmente) con un incremento del 9% annuo di pulli involati dal nido. Sul fronte scientifico, coordinato dall’ecologo Massimiliano Di Vittorio di ecologia Applicata Italia, sono stati ottenuti e pubblicati su prestigiose riviste internazionali un numero enorme hanno permesso di incrementare notevolmente le conoscenze su queste specie, fondamentali per potenziare futuri progetti di monitoraggio e tutela. Inoltre sono stati marcati con trasmettitori satellitari quasi 30 nidiacei, permettendo di accrescere enormemente la conoscenza sui meccanismi di dispersione e sopravvivenza dei giovani di questa specie.

Il progetto Life dovrebbe concludersi nel 2020 ma sarebbero auspicabili interventi strutturati con prospettive a lungo termine per dare continuità al lavoro svolto, per permettere anche ai figli e ai nipoti del bambino che oggi si meraviglia per un’aquila che libra in cielo di godere di questa bellezza.

Calogero Muscarella