Siamo convinti che questa emergenza sanitaria rappresenti uno vero e proprio spartiacque per l’impatto che avrà sulla vita delle persone, sulla società e sull’economia. Come in tutte le grandi crisi, sul serio “niente sarà come prima”. Si apre una biforcazione, per cui diventa possibile mettere in discussione le fondamenta su cui si è retta la fase neoliberista inaugurata da quarant’anni oppure saremo di fronte ad una regressione delle condizioni di vita, reddito, lavoro e anche di democrazia e libertà delle persone.

Se vogliamo stare in campo rispetto a quello che succederà, diventa necessario, intanto, che ci dotiamo di una nuova visione, di una narrazione generale, per un altro mondo possibile e che aggredisca i nodi di fondo che ci propone questa nuova fase di crisi sistemica.

Essa, a nostro avviso, dovrà necessariamente fondarsi su alcuni filoni tematici:

  • il primato della vita e dei diritti fondamentali rispetto al mercato e alle sue logiche;
  • il riconoscimento dei beni comuni – naturali, sociali, emergenti e ad uso civico – come elementi fondanti della coesione territoriale e di una società ecologicamente e socialmente orientata;
  • la tutela e la ripubblicizzazione dei servizi pubblici come strumenti che garantiscono l’accesso e la fruibilità dei beni comuni e dei diritti;
  • l’espansione della democrazia e della partecipazione, oltre alla necessità di vigilare che non si cristallizzi in nessun modo la compressione delle libertà individuali e sociali imposte in tempi di pandemia per straordinaria necessità;
  • la valorizzazione del lavoro e la creazione diretta di un’occupazione di qualità, prevedendo il superamento di tutte le condizioni di precarietà e intraprendendo da subito la strada del reddito universale;
  • la necessità di superare le forti disuguaglianze sociali, che si sono accresciute ancor più nella crisi e che, oltre ad essere inaccettabili, costituiscono un potente fattore del suo avvitamento;
  • la consapevolezza che la crisi climatica e ambientale si combatte mediante la conversione ecologica dell’economia e una transizione energetica partecipata che metta in campo politiche adeguate per mitigare gli effetti del surriscaldamento globale a partire dalla fuoriuscita dall’uso dei combustibili fossili;
  • l’urgenza di convertire il lavoro della terra secondo criteri ecocompatibili che pongano fine alla sua devastazione, operando per far uscire la chimica dall’agricoltura e il metodo intensivo dagli allevamenti;
  • la necessità della riappropriazione della ricchezza sociale espropriata dalla libertà incondizionata dei movimenti di capitale, dalla finanziarizzazione dell’economia e della società, dalla privatizzazione dei sistemi bancari, finanziari e dei servizi pubblici, dall’usura degli interessi sul debito;
  • promozione del diritto ad avere un cibo di qualità che non sia considerato anch’esso una merce per tre ordini di discorso:
    • per la salvaguardia della salute e i problemi sanitari che comporta l’industrializzazione dell’agricoltura;
    • per la salvaguardia della biodiversità e l’ambiente;
    • per la salvaguardia delle microimprese, quale pilastro portante della nostra economia.

In generale diviene necessario un nuovo forte ruolo dell’intervento pubblico capace di realizzare gli obiettivi sopracitati, al di fuori della trappola del debito e per ridurre in modo significativo le disuguaglianze sociali.

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