Alessia Ortense, donna trans di 46 anni, è venuta a mancare il 4 Giugno presso l’ospedale Civile di Pescara ma sui manifesti funebri viene ricordata con il suo “dead name”, il suo vecchio nome maschile.
Il necrologio è l’ultimo atto discriminatorio che, nonostante si debba rispetto alla morte, non le è stato risparmiato.
A darne notizia tramite la propria bacheca facebook è Giovanna Giò Sensation organizzatrice delegata per l’Abruzzo di Miss Trans Italia, che ha dichiarato: “Sono venuta a conoscenza della morte di questa ragazza trans di Pescara, che non era una mia amica, ma una semplice conoscenza. Essendo al corrente della sua esistenza, mi sono meravigliata del nome maschile sui manifesti. Infatti, sui necrologi, è stato messo il nome al maschile di Alessia, mentre Alessia è il nome con cui io l’ho conosciuta a Pescara.
Io posso capire il dolore e lo sconforto dei genitori in questo momento. Posso capire anche che si tratta di un momento molto delicato, però sarebbe stato giusto almeno aggiungere al nome “anagrafico” quello d’elezione della ragazza, oppure potevano metterlo tra parentesi o potevano scrivere “detta Alessia”. Io non voglio muovere critiche né ai genitori né ai parenti, perché posso comprendere il dolore della loro perdita. Ho voluto però portare l’attenzione su quanto accaduto, perché, essendo stata anche presidente di un’associazione trans del territorio, vorrei che le persone trans continuassero a essere considerate, anche dopo la morte, per come volevano esserlo in vita”.

“Nella sgrammaticata affissione nessun riferimento a lei nel rispetto delle sue scelte, un altro brutto esempio di quanto dobbiamo ancora lavorare. Alessia era una persona transessuale, una donna. Per molti sarà questione di lettere, ma un pronome identifica il proprio genere, quanto di più importante nel percorso travagliato delle persone t*.” afferma l’associazione per i diritti LGBT Jonathan- diritti in Movimento di Pescara, in un loro post su facebook.

E ancora, l’Arcigay Chieti scrive sulla loro bacheca social “Oltre al dispiacere nell’apprendere di questo lutto, ci dispiace leggere che il necrologio diffuso oggi sia tutto declinato al maschile, Alessia era una donna trans.Ancora una volta ci scontriamo con una cultura ignorante che non considera il reale peso delle parole: usare un pronome sbagliato nei confronti di una persona T* o non chiamarla col nome che si è scelta vuol dire non riconoscerla nella sua identità, non lasciarla libera di autodeterminarsi e, in questo caso, negare la sua esistenza anche nella morte”.