In questi tempi di emergenza il volontariato ha visto un picco di “contagiati” forse pari a quello della pandemia. O forse i media per un po’ si sono anche occupati di questo fenomeno che esiste da sempre e da sempre è abbondantemente sfruttato, ma poco riconosciuto pubblicamente.

Tutte le organizzazioni di volontariato sociale si sono riempite di persone disponibili ad aiutare chi era più in difficoltà, ma c’è gente che si è data una mano anche dove non esisteva nessuna organizzazione costituita. E di questo non si parla mai abbastanza.

Anche in questa agenzia stampa, già prima della pandemia, si è registrato un aumento di volontari giovani: giornalisti, studenti, traduttori professionali e non, giovani abili nella diffusione sui social media e con i nuovi formati. All’appello mancano gli sviluppatori tecnologici. Quelli che potrebbero permettere a questo complesso apparato di essere più fruibile, più agile. Ci sono già delle proposte, mancano i volontari competenti per poterle mettere in pratica e mantenerle, e magari migliorarle ancora. Anche molte altre iniziative interessanti in questo periodo hanno avuto poca diffusione e dispongono di siti spesso non adeguatamente aggiornati, o sufficientemente intuitivi. Invece l’App per conoscere la coda al supermercato è stata attivata a tempi record, almeno nelle città.

Questo mi ha fatto pensare.

In questa epoca che si avvia verso una fantomatica era digitale, – che ancora però non sembra voler includere proprio tutti nel wonderful smart world – lo sviluppatore di tecnologia è il lavoro più ambito, più ricercato e forse uno di quelli molto ben pagati. Ma chi è lo sviluppatore di tecnologia?

Abbiamo visto i film che raccontano in forma romanzata le vite di personaggi di successo come Mark Zuckerberg e Steve Jobs, giovani brillanti che fanno la loro fortuna con lo sviluppo di idee tecnologiche avanzate. Da come ci vengono presentati, sono coloro che hanno migliorato e migliorano continuamente gli standard di vita della gente. Persone intelligenti e capaci che hanno tutto il diritto di guadagnare molto, visto i benefici che offrono all’umanità.

Ma allora, chi ha progettato e venduto una cosa come “Alexa” o “Siri”? Per chi non li conoscesse sono due aggeggi basati su intelligenza artificiale, connessi permanentemente alla rete e a tutti gli elettrodomestici di casa, nonché al computer e al cellulare. Questi assistenti artificiali aiutano una persona non vedente a sapere che tempo fa, – sempre che non abbia qualcuno accanto che glielo possa dire – e una persona molto pigra ad accendere la luce o la lavatrice senza alzarsi dalla sedia su cui è seduta. Diciamo che lo scopo evidente è quello di alleviare il disagio di chi ha un evidente handicap e procurarne uno più grave – la demenza precoce – a chi non ne ha o sembra non averne. Inoltre pare che il simpatico device non solo ti trasmetta ciò che gli chiedi dalla rete ma che immetta nella rete anche quello che succede dentro casa tua.

Chi ha progettato e commercializzato il seggiolino per bambini che avvisa il genitore di non dimenticarsi il figlio in macchina? Così il genitore, invece di chiedere orari più adeguati al lavoro quando ha figli piccoli, può allegramente dimenticarsi il cervello a casa, sperando che la batteria al litio del seggiolino non si scarichi mai. Chi ha inventato il rilevatore di stanchezza che deve convincere il guidatore a fare una pausa se non vuole fare un incidente in autostrada che potrebbe uccidere lui e altre persone (il colpo di sonno è la quinta causa di incidente)? Perché non gli consiglia di andare in treno che, tra l’altro, non inquina? Chi sta ideando un braccialetto da mettere ai bambini che al ritorno a scuola dovranno tenersi a distanza? Forse hanno applicato il principio dell’optional tool per il parcheggio facile: quando la distanza fra un bimbo e l’altro va sotto al metro parte il Beeeeep! Un bambino abituato a questo, che adulto sarà?

É questa la direzione che vogliamo dare allo sviluppo tecnologico? Vogliamo un mondo tecnologicamente avanzato e umanamente disabile? Dobbiamo aspettare che sia un robot a dirci che stiamo sbagliando qualcosa? Un robot programmato per disegnare un mondo migliore e sostenibile – se mai qualche sviluppatore sano di mente lo progettasse – cosa ci dovrebbe dire?

Cari sviluppatori di tecnologia, dipende anche da voi, sì! Potete accettare o no i lavori che vi vengono proposti. Oggi ce n’è per tutti. Quale direzione volete sostenere per il futuro delle nuove generazioni?

Allora, se avete davvero a cuore lo sviluppo umano, vi suggerisco di fare come noi. Dedicate una parte del vostro tempo a sviluppare tecnologia per le organizzazioni culturali, sociali e umanitarie, di volontariato e di solidarietà. Aiutate con le vostre competenze quelle persone che cercano quotidianamente di rendere davvero migliore la vita di chi è al margine, di fare cultura davvero, non asservita agli interessi economici, a chi cerca di creare coscienza anche attraverso l’informazione indipendente. Forse questa azione vi aiuterà a mantenere un “nord”, a non essere complici di invenzioni distruttive e, anche se guadagnerete molto meno, sicuramente avrete molti più amici a cui chiedere aiuto in caso di bisogno.