Questa mattina le famiglie dello Spazio Popolare Neruda hanno indetto una conferenza stampa per spiegare i fatti inerenti alle accuse mosse nei loro confronti.

Francamente stupisce il risalto che “La Stampa” ha dato alla denuncia di una persona di origine nigeriana che ha accusato le famiglie dello Spazio popolare Neruda di averlo “sfruttato” per 4 anni, facendogli pagare un affitto e poi buttato fuori dopo averlo picchiato.

Che in uno spazio sociale occupato venga fatto pagare un affitto è una cosa onestamente molto poco credibile, resta da capire se e quanto sia credibile chi l’afferma.

Le persone del Neruda hanno con forza dichiarato che l’autore della denuncia si è reso indesiderabile a causa del proprio comportamento e dell’inosservanza alle norme – decise in modo collettivo e orizzontale – che regolano la convivenza all’interno della comunità.

Molti gli interventi a sostegno, vibranti e a tratti commossi: Non Una di Meno, insegnanti, Associazioni, persone della società civile, hanno evidenziato come il Neruda si sia integrato nella vita del quartiere e non solo.

Cos’è lo Spazio Popolare Neruda? L’istituto Giacinto Baldracco, prima scuola italiana per conciari, è stato dismesso e abbandonato nel 2013, nel 2015 è stato occupato da persone che evidentemente non avevano un tetto.

Il problema del trovare una casa per le categorie socialmente più fragili è diventato un problema insolubile, o meglio: un problema che la politica continua a non risolvere, un problema che a Torino si sta evidenziando in tutta la sua gravità.

Che piaccia o meno, l’occupazione di spazi dismessi, che nessuno usa, e che sarebbero lasciati al degrado più assoluto, è l’unica soluzione che persone meno fortunate hanno per vivere una vita che altrimenti contravverrebbe alla minima dignità a cui ha diritto qualunque essere umano.

Più volte, durante la conferenza stampa, è stato ribadito che dal Comune non è mai arrivato nessun tipo di aiuto, eppure il Neruda mette a disposizione lo spazio per iniziative a beneficio della collettività: la palestra, il doposcuola, il cinema, ma soprattutto uno spazio di incontro, di scambio, con persone di cinque etnie.

Vengono tenuti corsi d’italiano per stranieri e in periodo di pandemia è stata istituita una didattica a distanza.

Come ogni comunità, anche il Neruda ha bisogno di darsi delle norme di convivenza: queste norme, osservate dalle famiglie che ci abitano, hanno permesso – contrariamente a diverse altre comunità, per non parlare delle RSA – di non avere neanche un caso di Covid-19.

Resta la preoccupazione che venga montata una campagna contro uno spazio che permette a 130 persone, di cui 30 bambini, di non essere esposte alle intemperie e ad una vita da senza tetto, uno spazio che si mette al servizio della collettività e che si è dimostrato essere molto responsabile in un periodo emergenziale come quello che stiamo vivendo.

Non vorremmo che Torino che già subisce l’onta di più di 200 senza fissa dimora, dovesse subire anche la vergogna di veder messa per strada una comunità di 130 persone che, e questo mi pare il dato di realtà, si è vista catapultare agli “onori della cronaca” semplicemente per aver escluso un proprio membro.

 

Il video della diretta dell’intervista, pubblicato dallo Sazio Popolare Neruda sulla propria pagina Facebook: