Quello che è accaduto oggi a un miglio dalle coste italiane è una tragedia annunciata, quando si impedisce a persone vulnerabili di scendere a terra e di accedere a cure e diritti, lo stress può raggiungere livelli incontrollabili. Lo sappiamo perché lo abbiamo vissuto.

Oggi, un ragazzo tunisino, a bordo della nave Moby Zazà, della Compagnia Italiana di Navigazione, ha perso la vita gettandosi in mare nel tentativo di raggiungere a nuoto le coste di Porto Empedocle, distanti appena un miglio.

“Si riferisce di una situazione di grande disagio fisico e psichico, di profonda prostrazione psicologica, e di altissima tensione emozionale che avrebbe potuto provocare reazioni difficilmente controllabili, delle quali, peraltro, i tentativi di raggiungere a nuovo l’isola, costituivano solo un preludio.”

Così scriveva il Procuratore della Repubblica Luigi Patronaggio nella relazione con la quale chiedeva il rinvio a giudizio per i fatti avvenuti a bordo della nostra nave nel mese di Agosto.

160 persone tenute al largo delle coste di Lampedusa per 22 giorni senza che fosse loro consentito di scendere.
14 le persone che si gettarono in mare in quell’occasione, tutte fortunatamente salvate dai nostri soccorritori e dalla Guardia Costiera italiana.

Le navi quarantena non garantiscono la salute fisica e psichica di persone già provate dalla violenza e dal naufragio ma rischiano di ricreare le condizioni perché rivivano eventi traumatici e ricordi dolorosi.

Ogni essere umano ha diritto alla tutela della vita e della dignità, è stato scelto ancora una volta di guardarli morire.

https://palermo.repubblica.it/…/migrante_si_getta_in_mare_…/

 

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