Quando aspetto il mio turno, assieme ad un amico che si è offerto di accompagnarmi per aiutarmi con la traduzione dalla lingua locale (wolof) al francese, mi accorgo di non essere l’unica. Pian piano arrivano altre ragazze, tutte tra i venti e trent’anni, e si mettono in coda per aspettare di conoscere, come me, il loro domani.

Mi trovo da Yassin, che per meno di 5 euro predice il futuro a chi è smarrito.

Dalla sua casa che si trova in uno degli stretti vicoli di Ouakam, seminascosta da un baobab secolare, questa anziana signora riceve decine di clienti ogni giorno, allevia preoccupazioni e guarisce dai malocchi. Piedi scalzi e grande boubou di cotone giallo, al suo fianco un vassoio in vimini con dentro una manciata di conchiglie bianche. Le pesanti tende scure che filtrano la luce dalle finestre del salone non riescono ad attutire i rumori di strada; le voci della gente e una canzone di Youssou N’Dour trasmessa da una radiolina fanno da colonna sonora.

Non ti guarda negli occhi, ti chiede solo come ti chiami “Noo tudd?” e ti invita a prendere posto accanto a lei su un grande tappeto dai motivi scuri in un salone stile europeo. Non vuole sapere che risposte sto cercando, cosa voglio conoscere, se ho bisogno di mettermi in contatto con qualcuno. Lancia dalla mano un pugnetto di conchiglie e inizia il suo monologo. “Ragazza, a te piace stare vicino all’acqua, non è forse vero?”, dentro di me penso che “Caspita, è proprio così!”, ma poi mi rendo conto che davanti agli occhi di questa scaltra veggente non posso che rappresentare il classico cliché del turista bianco che si reca in Senegal per lo splendore delle onde dell’Atlantico. Passa in rassegna la mia famiglia, il lavoro, i figli che forse un giorno avrò, ma due al massimo (ancora lo stereotipo occidentale che si ripresenta). Stranamente trascura l’aspetto sentimentale, probabilmente per pudore vista la presenza del mio amico.

“Ho iniziato ad avere questi poteri una ventina di anni fa. Sono arrivati così, di punto in bianco. Improvvisamente ho iniziato a sognare, avevo delle visioni e quello che sognavo poi si realizzava. Mio marito – alza lo sguardo verso una fotografia appesa al muro che ritrae un uomo in abiti militari – era un funzionario dell’esercito, nel 2004 è dovuto partire per una missione nella regione meridionale della Casamance, al tempo in mano ai ribelli. La notte prima che lui partisse ho fatto un incubo premonitore, ho sognato che sarebbe morto in guerra. Così, al mio risveglio, ho provato a convincerlo a non partire, avevo paura che il mio incubo si realizzasse veramente, anche se era una delle prime volte che mi succedeva di avere una visione di questo tipo”, dice fissando intensamente la foto del marito. “Tre giorni dopo aver lasciato Dakar è stato colpito da un proiettile e non è più tornato. Vorrei tanto non aver fatto quel sogno”

Mi domando ad alta voce come sia possibile avere queste doti. “La veggenza è un potere che ti conferisce direttamente Allah, è lui che decide chi deve averlo. Non è qualcosa che impari o che erediti da qualcuno della famiglia. No”, risponde Yassin. Le chiedo come si materializzi una visione, se senta delle voci, o se percepisca delle vibrazioni. “Quando qualcuno si rivolge a me, inizio a vedere delle immagini. È come guardare la televisione. Lo stesso vale per me stessa, anche io posso conoscere la mia vita futura. Ma ciò che vedo non lo condivido con nessuno, neanche con le mie figlie”.

“A volte mi dispiace dover comunicare delle notizie tristi alla gente che mi sta davanti. Ma per fortuna, quasi sempre la soluzione si trova ed è a portata di tutti. Nella maggior parte dei casi basta sacrificare del cibo, un piatto di riso, della frutta o, nella peggiore delle ipotesi, sgozzare un gallo. E i problemi passano, te lo garantisco”, spiega rispondendo alla domanda se ami fare la veggente o se sia un’attività pesante. Il credo nella veggenza, nella premonizione, è ancora molto sentito in Senegal, tant’è che non sono solo gli abitanti di Dakar a rivolgersi a Yassin, ma le arrivano richieste di consultazioni anche dagli USA o dall’Europa. Ieri, ad esempio, è stata contattata dall’Italia, tramite WhatsApp.

Fuori dalla misteriosa dimora, accecati dal sole di febbraio, il mio amico mi accompagna a cercare il materiale necessario per guarire un ipotetico mal di pancia che dovrebbe essere in procinto di affliggermi. Fortunatamente, non devo compiere nessun sacrificio animale e nessun pennuto perderà la vita per la causa. Me la cavo con quattro piatti di laax (miglio cotto in acqua calda e latte cagliato) e sette noci di cola da regalare ai bambini e agli anziani del quartiere.