Il 22 aprile in occasione della “giornata della terra”, l’istituto IPSOS ha pubblicato il suo consueto sondaggio sulla percezione di cittadini mondiali rispetto all’emergenza climatica. Quest’anno il sondaggio ha aperto con la domanda: “credete che nel lungo periodo il cambiamento climatico sia una crisi seria quanto quella del COVID-19?”. Per 7 intervistati su 10 la risposta è stata un sì.

Molte giornate commemorative quest’anno, causa CoVid-19 e lockdown, sono state ridimensionate- si pensi al 25 aprile o al Primo Maggio. Alcune non hanno avuto la giusta risonanza mediatica. Un caso emblematico è stata “la giornata della terra” che si celebra il 22 aprile, istituita 50 anni fa (22 aprile 1970 ndr) dall’ONU per sottolineare la necessità di salvaguardare il nostro pianeta. Una necessità ancora più evidente quest’anno.

Infatti, diversi studi e saggi evidenzino una forte connessione tra la distruzione di ecosistemi naturali, ad opera dell’uomo, e il fenomeno della “zoonosi”, ovvero salto di specie, di molti patogeni dagli animali agli esseri umani. Una pandemia che ha un impatto enorme, ma che, se non agiamo immediatamente per contrastare il cambiamento climatico, potrebbe essere solo una delle tante che ci aspetteranno nel prossimo futuro.

Infatti, alcuni studi scientifici evidenziano la presenza sotto i ghiacciai e il permafrost del Tibet– in uno stato di quiescenza- di una trentina di specie di virus a noi sconosciuti, dei quali non abbiamo vaccino, che potrebbero essere liberati con l’innalzamento delle temperature a causa del cambiamento climatico di origine antropica.

Quello della liberazione nell’aria di patogeni a noi sconosciuti è solo uno dei tanti effetti, insieme all’innalzamento dei mari, all’aumento di eventi metereologici estremi, alle inondazioni, alle lunghe fasi siccitose che potrebbero verificarsi se non rimettiamo al centro del dibattito pubblico l’ambiente e non agiamo immediatamente per scongiurare il collasso ecologico.

Se fino a qualche mese fa questo sembrava solo preoccupare la galassia dei movimenti ecologisti ed ambientalisti, adesso la situazione è cambiata. A dircelo è l’IPSOS nel sondaggio annuale sulla percezione da parte dei cittadini sul cambiamento climatico: “Globalmente il 71% dei cittadini – e il 72% degli italiani – concorda che il cambiamento climatico è un evento grave tanto quanto la pandemia”

L’indagine, condotta in 14 Paesi tra il 14 e il 16 aprile, spiegano dall’IPSOS:” mostra un ampio sostegno alle azioni dei governi per dare priorità al cambiamento climatico nella ripresa economica dopo il COVID-19, con il 65% degli intervistati a livello globale che concorda sull’importanza di questo aspetto. La maggioranza dell’opinione pubblica mondiale (68%) è d’accordo sul fatto che se i governi nazionali non agiscono ora per combattere il cambiamento climatico, deluderanno i propri cittadini.” Inoltre, è interessante notare che il 50% degli italiani non è disposto ad accettare misure che mettano a rischio l’ambiente, sebbene possano servire a rilanciare l’economia.

Insomma, dal sondaggio Ipsos emerge una crescente sensibilità degli intervistati e nello specifico degli italiani verso il cambiamento climatico. Una consapevolezza in aumento negli ultimi anni, grazie all’esplosione sulla scena pubblica dei nuovi movimenti ecologisti Fridays For Future ed Extinction Rebellion, ma che quest’anno è probabilmente stata rafforzata dalla crisi sanitaria. Infatti, l’emergenza ha messo in luce la fragilità della nostra specie rispetto ad eventi inaspettati, ha evidenziato che senza l’opera invasiva dell’uomo la Natura può ritornare a riappropriarsi dei suoi spazi, ma, soprattutto che è possibile fermare letteralmente tutto in nome della salute.

Dunque, quello che emerge tra le righe del sondaggio è la richiesta di un sforzo politico per pensare ad un’economia che metta al centro la salvaguardia della nostra salute e di quella del nostro pianeta.