Qual’è la situazione delle persone Intersex in Italia? Ci risponde Valentina Coletta, esponente del MIT (Movimento Identità Trans)

 

Buongiorno Dott.ssa Coletta, quando parliamo di una persona Intersex, quali caratteristiche ha la persona di cui stiamo parlando?

Intersex è un termine ombrello, usato per descrivere le persone le cui caratteristiche sessuali congenite differiscono da ciò che la classe medica genericamente intende essere “maschio” o “femmina.

Le caratteristiche sessuali non sono solo uro-genitali, ma anche a livello del sistema endocrino o dei caratteri sessuali secondari e/o genetici.

Mi piace precisare che la parola Intersex è un termine più politico che medico.

La medicina parla di disturbi dello sviluppo sessuale e relega queste condizioni nella sfera del patologico, non tanto perché pongono la persona nella sfera della sofferenza fisica, ma in quanto devianza dalla norma binaria dei sessi e dei generi.

La medicina cerca in genere di “correggere” queste condizioni fin dalla primissima infanzia con interventi chirurgici non richiesti, con conseguenze sulla vita delle persone molto dolorose e laceranti.

Infatti la grande battaglia delle persone intersex è quello di chiedere ai Parlamenti di legiferare vietando gli interventi chirurgici su* bambin* intersex, che dovranno decidere, una volta raggiunta l’età del consenso, come e quando intervenire o meno sul proprio corpo.

 

Pensa che la legislazione italiana affronti in modo adeguato la condizione di persona Intersex?

Assolutamente no. In Italia i/le bambini/e intersex non sono per niente tutelati/e.

Vengono ancora oggi imposti interventi chirurgici che non sono effettuati per il benessere della persona, ma per normalizzare il sesso, e secondo molti anche il genere, in un’ottica binaria.

Bisogna lasciare crescere e sostenere l’infanzia intersex con il corpo che hanno e con l’identità di genere che svilupperanno senza costrizioni, lasciando poi le persone libere di scegliere dopo la tarda adolescenza.

Quindi abbiamo bisogno di una legge che vieti gli interventi non salvavita su neonati intersex, che permetta di non assegnare alcun sesso nel certificato di nascita dando libertà alla singola soggettività di scegliere quando avrà l’età del consenso.

 

Ha suggerimenti da dare ai medici e alle famiglie, su come affrontare il problema di avere un* figli* nat* Intersex?

Avere un* figli* intersex non è un problema.

I problemi e i drammi per le famiglie nascono quando incontrano medici miopi e arroganti che impongono trattamenti violenti e contrari ai diritti umani su quest* piccol*.

Il problema in Italia è che non ci sono gruppi di persone intersex diffusi su tutto il territorio.

Siamo ancora nella fase di crescita di consapevolezza della comunità.

Alle famiglie gioverebbe molto il sostegno di persone che hanno affrontato questa violenza, che potrebbe aiutarle a non commettere lo stesso errore, incrementando la consapevolezza che il corpo intersex è corpo legittimo e che devia solo nella testa perversa di chi vuole perpetuare il patriarcato sui corpi non conformi.

 

Cosa ci può dire d’altro?

Vorrei parlare del pensiero e dell’azione politica delle persone intersex e del rapporto con il movimento trans.

Credo che sia fuorviante parlare di disturbi e sintomatologie.

Io non sono malata, le persone intersex e trans non sono malate e lo rivendico a voce alta.

Piuttosto è malato il sistema di biopotere e di controllo dei corpi in cui siamo immerse/i.

Oggi rischiamo che il controllo dei corpi sarà esteso alla maggioranza della popolazione durante questa emergenza Covid-19.

Tutto ciò che non rientra nel maschile oggi è sottoposto a controllo e patologizzazione, mi riferisco al corpo delle donne o delle persone trans.

Sinceramente noi non abbiamo bisogno della patologizzazione per stare bene e affermare i nostri corpi e le nostre vite.

Abbiamo bisogno di diffondere il benessere delle persone intersex mediante la depatologizzazione e i discorsi positivi sui corpi e sui generi plurali.


Intersex Valentina Coletta

 

Valentina Coletta:
laureata in Psicologia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Attivista transfemminista. Attualmente è portavoce politica e responsabile dell’area accoglienza del MIT Movimento Identità Trans. Si occupa di accoglienza di persone migranti e richiedenti asilo LGBTIQ, di servizi dedicate alle lavoratrici e ai lavoratori del sesso e di sostegno a persone trans detenute e in fragilità sociale