Da numerose segnalazioni della stampa apprendiamo che il Governo avrebbe indicato il gen. Luciano Carta (attuale direttore dell’AISE Agenzia informazioni e sicurezza esterna) per la  presidenza di Leonardo, società tra i principali produttori di armamenti e di sistemi di difesa al mondo e di cui il Ministero dell’economia e delle Finanze (MEF) è azionista di riferimento. In base al “golden power” sulla società di via Monte Grappa, il MEF è in grado di definire la lista di maggioranza nel Consiglio di Amministrazione (da cui poi viene deciso anche il Presidente) nonostante le azioni possedute siano poco più del 30% del totale.

«Ancora nel 2013 il fatturato di Leonardo prodotto dalle attività in campo civile era pari al 50,4% del totale. Poi è progressivamente sceso, fino quasi a dimezzarsi: nel 2019 era pari al 28%, contro il 72% di produzione militare», spiega Marco Piccolo Presidente di Fondazione Finanza Etica, azionista critico alle assemblee di Leonardo dal 2016 in collaborazione con Rete Italiana per Il Disarmo. «Eppure il terzo comma dell’Articolo 1 della legge 185/90 parla chiaro: il Governo predispone misure idonee ad assecondare la graduale differenziazione produttiva e la conversione a fini civili delle industrie nel settore della difesa. Non ci sembra che la nomina di un ex generale alla presidenza di Leonardo vada in questa direzione».

Rete Italiana per il Disarmo esprime forte preoccupazione per questa ipotesi che, se confermata, vedrebbe il gen. Carta passare direttamente da un ruolo rilevante ed attivo nei meccanismi di controllo ed autorizzazione all’export di prodotti militari a quello di vertice della principale azienda militare italiana (al primo posto per licenze concesse in due degli ultimi tre anni di cui si hanno dati, e destinataria del 67% delle autorizzazioni complessive rilasciate nel 2018).

“Non abbiano nulla contro il gen. Luciano Carta dal punto di vista personale, e non abbiamo motivo di dubitare in nessun modo della sua condotta nel corso delle sue funzioni ai vertici di AISE – dichiara Francesco Vignarca coordinatore di Rete Italiana per il Disarmo – Ma intendiamo richiamare al rispetto rigoroso e senza eccezioni di una norma che è stata pensata proprio per evitare conflitti di interesse o tentazioni di altro tipo. Situazioni che possono diventare problematiche se non si mette un freno al fenomeno delle ‘revolving doors’ nel settore della difesa

L’ipotizzato trasferimento del gen. Carta ad un ruolo di vertice in Leonardo risulta infatti chiaramente inopportuno, da diversi punti di vista, e anche in possibile contrasto con il testo attualmente in vigore della legge 185/90 che regola l’export di armamenti. L’articolo 22 di tale norma (“Divieti a conferire cariche”) precisa infatti che:

1. I dipendenti pubblici civili e militari, preposti a qualsiasi titolo all’esercizio di funzioni amministrative connesse all’applicazione della presente legge nei due anni precedenti alla cessazione del rapporto di pubblico impiego non possono, per un periodo di tre anni successivo alla cessazione del rapporto stesso, a qualunque causa dovuta, far parte di consigli di amministrazione, assumere cariche di presidente, vicepresidente, amministratore delegato, consigliere delegato, amministratore unico, e direttore generale nonché assumere incarichi di consulenza, fatti salvi quelli di carattere specificamente tecnico-operativo, relativi a progettazioni o collaudi, in imprese operanti nel settore degli armamenti.

Chiediamo dunque se sia stato compiutamente verificato se il gen. Carta abbia avuto incarichi o funzioni connessi in qualche modo all’applicazione della legge, considerando che dalle modifiche del 2003 e 2012 in poi (con successivi Regolamenti attuativi) nel processo di autorizzazione all’export di armamenti è affidato un ruolo chiave anche al Dipartimento Informazioni per la Sicurezza (DIS) della Presidenza del Consiglio che fa parte con AISE del più articolato Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica. Il DIS è infatti l’articolazione dell’Autorità Nazionale per la Sicurezza che in presenza di informazioni classificate (provenienti anche dall’AISE) esprime pareri vincolanti al rilascio delle autorizzazioni previste dalla Legge 185/90.

La stessa UAMA (cioè l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento istituita presso il Ministero degli Esteri che funge da Autorità Nazionale in materia di export di armamenti) ha sottolineato con proprie circolari alle aziende iscritte al Registro Nazionale delle imprese esportatrici la necessità di inviare anche all’AISE i dettagli sulle proprie attività contrattuali, di fatto indicando che tale Agenzia si colloca pienamente nel processo autorizzativo della Legge 185/90.

Assumendo la carica di presidente di Leonardo, il Gen. Carta, passerebbe a svolgere un ruolo di “promotore” di quelle operazioni che, da funzionario dei Servizi di Sicurezza con autorità e incarichi connessi al controllo sulle autorizzazioni all’esportazione di armi, era finora stato chiamato a definire anche sulla base di informazioni riservate: un tipo di “conflitto di interesse” che la legge 185/90 ha inteso espressamente evitare.

A 30 esatti anni dall’approvazione della legge 185/90 l’opera di indebolimento del suo spirito e del suo dettato legislativo prosegue anche grazie a questi episodi – commenta Maurizio Simoncelli vicepresidente di IRIAD Archivio Disarmo – Ciò avviene anche a seguito delle modifiche alla legge negli ultimi anni e al continuo ricorso ad accordi di cooperazione militare, stratagemma utilizzato per eluderne le norme nel caso di decine di Paesi extra NATO e UE, come a suo tempo denunciò in Parlamento l’allora Deputato e oggi Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella”.