Lettera aperta ai giudici di pace

I Giudici di pace sono quotidianamente chiamati a convalidare o prorogare la misura del trattenimento amministrativo degli stranieri in attesa di espulsione o di respingimento differito, nei Centri di permanenza per i rimpatri italiani.

L’attuale drammatica pandemia riguarda anche gli stranieri, posto che il virus non guarda in faccia nessuno e non fa distinzioni sulla base della nazionalità, della razza, del colore della pelle o del possesso del passaporto, e nemmeno del permesso di soggiorno.

Il distanziamento sociale è il mantra che quotidianamente ci viene ripetuto, perché è l’unico modo per tentare di contenere il virus, unitamente all’imperativo categorico: state a casa!

Divieti di assembramenti e riunioni, anche rigidissime limitazioni ad accedere agli uffici giudiziari e lavoro da remoto sono le ferree regole cui dobbiamo attenerci, in ossequio al nessun si muova.

Tuttavia, in questo contesto, continuano a pervenire ai Vostri uffici richieste di convalidare misure di trattenimento o di prorogare quelle già in atto con l’effetto di imporre concentrazioni di persone promiscue e pericolose per la salvaguardia del diritto alla salute e alla vita sia degli  stranieri che del personale che nei centri, a vario titolo, lavora. Peraltro, in questa situazione di emergenza l’Amministrazione non è in grado nemmeno di assicurare e dimostrare che quella persona – il cui trattenimento Voi siete chiamati a legittimare – sia davvero, concretamente, accompagnabile coattivamente nel Paese di destinazione nei prossimi trenta giorni, perché molte frontiere sono chiuse, i voli sono cancellati, gli Stati extraeuropei non accolgono persone provenienti dal secondo Paese al mondo per contagi.

E dunque: a cosa serve convalidare, prorogare, trattenere?

E, soprattutto, è legittimo farlo nelle attuali condizioni?.

Perché il Giudice è il garante della legittimità.

Ed allora è al diritto positivo che conviene prestare attenzione.

Il trattenimento amministrativo non è una sanzione, né penale né amministrativa, pur essendo misura restrittiva della libertà personale, si configura come un incidente di esecuzione previsto dalla legge al fine esclusivo di garantire l’efficacia dell’esecuzione dei provvedimenti ablativi adottati nei confronti di cittadini dei Paesi non appartenenti all’Unione europea.

E’ inequivoco, in tal senso, l’art. 15, §1, della Direttiva 115/2008/CE: “Salvo che nel caso concreto possano essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive [ le misure alternative di cui all’art. 14, co.1 bis, TUI] gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un Paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento … il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio. La stessa norma, al §4, prescrive che quando risulta che non esiste  più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento … il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata”.

Nel diritto interno, di recepimento del diritto unionale, l’art. 14, co. 1, d.lgs. 286/98 prescrive che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario” alla rimozione degli ostacoli che si frappongono all’esecuzione di espulsioni e respingimenti, e, analogamente alla citata previsione della Direttiva 115/2008/CE, il comma 5 bis dello stesso art. 14 prescrive che il questore impartisce l’ordine di allontanamento entro sette giorni anche quando dalle circostanze concrete non emerga più alcuna prospettiva ragionevole che l’allontanamento possa essere eseguito e che lo straniero possa essere riaccolto dallo Stato di origine o di provenienza”.

E’ altresì noto che – secondo la costante giurisprudenza della Suprema Corte – al giudice della convalida ( e della proroga) del trattenimento è inibita la valutazione della legittimità dell’atto presupposto (espulsione o respingimento, salvi i casi di manifesta illegittimità), egli deve però verificare esistenza e validità dell’espulsione e, per quanto rileva in questa sede, “la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 13 e dal presente articolo 14”.

Consegue che la verifica della sussistenza sia della prospettiva ragionevole di possibilità concreta di esecuzione dell’allontanamento dello straniero che quella relativa alla altrettanto concreta possibilità che lo Stato di destinazione riaccolga lo straniero, costituiscono l’oggetto dei procedimenti di convalida e proroga dei trattenimenti. Il giudice è pertanto vincolato, per legge, ad effettuare entrambe queste verifiche. Diversamente opinando, e concretamente operando, il giudice viene meno al suo obbligo di garante della privazione della libertà personale cui è obbligato ai sensi dell’art. 13 della Costituzione repubblicana, cui ha prestato giuramento.

In applicazione dei citati principi, la concessione della convalida del trattenimento o la sua proroga debbono essere subordinati all’accertamento rigoroso, caso per caso e nel contraddittorio tra le parti, della effettiva concreta e ragionevole possibilità di procedere al rimpatrio in tempi brevi ivi compresa la verifica della disponibilità dello Stato di destinazione a riaccogliere lo straniero: il che presuppone l’apertura delle frontiere di detto Stato e l’esistenza attuale di voli, di linea o charter. In difetto di tali condizioni, se l’indisponibilità del vettore fosse indeterminata nel tempo, verrebbe concretamente meno il rapporto di stretta funzionalità tra la misura del trattenimento e l’effettivo rimpatrio, peraltro per cause indipendenti dalla volontà dello straniero.

Inoltre, se è vero che le condizioni di vita nel CPR e la possibilità di dare piena attuazione alle eccezionali misure disposte a tutela della salute degli ospiti e dei lavoratori non rientrano nelle competenze del giudice della convalida o della proroga previste espressamente dal TU immigrazione, è però altrettanto vero che – per costante giurisprudenza della Cassazione – l’udienza di convalida del trattenimento costituisce la sedes in cui valutare la legittimità della omessa applicazione delle misure alternative di cui all’art. 14, co. 1 bis, TU Imm., posto che, secondo i giudici di legittimità, queste non attengono alla legittimità del decreto espulsivo, ma solamente alla fase della sua esecuzione.

Orbene, posto che il diritto alla salute è tutelato dalla Repubblica come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività (art. 32, co. 1, Cost.), nell’attuale eccezionale emergenza sanitaria, pare doveroso verificare la possibilità di ricorso alle misura alternative, tenendo anche conto che il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, il 26 marzo 2020 ha dichiarato:

Invito tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa a riesaminare la situazione dei richiedenti asilo respinti e dei migranti irregolari trattenuti nei centri di detenzioni e a rilasciarli nella massima misura possibile.

Di fronte alla pandemia globale di Covid-19, molti Stati membri hanno dovuto sospendere i rimpatri forzati di persone non più autorizzate a rimanere nei loro territori, compresi i cosiddetti ritorni di Dublino, e non è chiaro quando questi possano essere ripresi. In base alla legge sui diritti umani, la detenzione per immigrazione ai fini di tali rimpatri può essere lecita solo se è fattibile che il rimpatrio possa effettivamente aver luogo. Questa prospettiva non è allo stato praticabile. Inoltre, le strutture di detenzione per immigrati offrono generalmente scarse opportunità di distanziamento sociale e altre misure di protezione contro l’infezione da Covid-19 per i migranti e il personale che vi opera.

Molti Stati membri hanno provveduto a rilasciare i migranti trattenuti, tra cui Belgio, Spagna, Paesi Bassi e Regno Unito, quest’ultimo ha appena annunciato un riesame della situazione di tutti coloro che si trovano in detenzione per immigrazione. È ora importante che questo processo continui e che altri Stati membri seguano l’esempio. Il rilascio del più vulnerabile dovrebbe essere prioritario. Dal momento che la detenzione per immigrazione di minori, non accompagnati o con le loro famiglie, non è mai nel loro interesse, dovrebbero essere rilasciati immediatamente. Le autorità degli Stati membri dovrebbero inoltre astenersi dal dare nuovi ordini di trattenimento a persone che è improbabile che vengano rimosse nel prossimo futuro.

Gli Stati membri dovrebbero inoltre garantire che coloro che sono stati rilasciati dalla detenzione abbiano un accesso adeguato all’alloggio e ai servizi di base, compresa l’assistenza sanitaria. Ciò è necessario per salvaguardare la loro dignità e anche per proteggere la salute pubblica negli Stati membri. Il rilascio di detenuti immigrati è solo una misura che gli Stati membri possono prendere durante la pandemia di Covid-19 per proteggere i diritti delle persone private della libertà in generale, così come quelli dei richiedenti asilo e dei migranti” .

Infine, si vuole richiamare l’attenzione sul fatto che le sollecitazioni fin qui esposte debbono essere oggetto di attenta valutazione non solo in fase di udienze di convalida e proroga del trattenimento, ma anche in sede di riesame.

L’istituto del riesame del trattenimento – previsto espressamente all’art. 15, §3, Direttiva 2008/115/CE – non è stato trasposto nel diritto interno e, forse per questo, trova scarsa applicazione nella giurisprudenza domestica, specie dei giudici di pace.

E’ però importante sottolineare che, secondo la giurisprudenza della CGUE, tale strumento di tutela è self executing (sent. 28.4.2011, El Dridi c. Italia) perché incondizionato e sufficientemente preciso tale da non richiedere ulteriori elementi specifici per l’applicazione diretta negli Stati membri. Peraltro, anche la Suprema Corte, con ordinanza 29.9.2017, n. 22932, ha stabilito l’ammissibilità della domanda giudiziale di riesame del trattenimento tramite il procedimento camerale di cui agli artt. 737 e ss. c.p.c.

Trattasi, all’evidenza, di uno strumento particolarmente confacente con l’attuale situazione di pandemia perché consente al trattenuto di adire il giudice al fine di sottoporre elementi nuovi, non oggetto di valutazione precedente (in sede di convalida o di proroga), inerenti le sue condizioni di salute ovvero la valutazione attuale dell’esistenza di reali possibilità di rimpatrio e di accoglienza da parte del Paese di destinazione.

Rassegniamo pertanto tali osservazioni all’attenzione dei Giudici di pace, nella consapevolezza che -oggi più che mai- rivestono un ruolo primario e fondamentale nella tutela dei diritti umani.

FIRMATARI DELLA LETTERA

Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione – A.S.G.I.

Antigone

CILD – Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili

Clinica Legale Immigrazione Università di Roma 3

Campagna LasciateCientrare

Progetto Diritti

Legal Team Italia

La lettera delle associazioni

L’articolo originale può essere letto qui