Si è svolta questa sera un’assemblea antifascista nella main hall del Campus dell’Università di Torino, in seguito ad i fatti occorsi il 13 e il 14 scorsi al Campus stesso.

In praticamente tutti gli interventi sono state chieste a gran voce le dimissioni del Presidente di EDISU Alessandro Sciretti, in quota Lega, a seguito delle sue dichiarazioni sulla revoca delle borse di studio agli studenti arrestati durante gli scontri del 13 scorso.

Moltissime le critiche anche per il Magnifico Rettore Geuna, dai ragazzi è stata chiesto che in Università venga sviluppato il pensiero critico.

E’ stata letta la lettera delle due studentesse arrestate negli scontri sul suolo del Campus, ed è stata espressa solidarietà a tutti e tre gli studenti arrestati.

E’ stata espressa anche solidarietà alla Prof.ssa Ferrero Camoletto a seguito degli attacchi subiti, anche dal SIULP, sindacato di Polizia, che ha criticato la Sua scelta di Docente di riconoscere un voto agli studenti dopo l’interruzione dell’esame scritto, per una richiesta di sgombero da parte del personale di sicurezza del Campus, ordinato dal Magnifico Rettore Geuna.

Molti gli interventi ed i partecipanti.

Torino si conferma una città a profonda vocazione antifascista.

Intervista al Prof. Buno Maida, storico, docente di UniTo

Intervista a Fulvio Grandinetti, Presidente della sezione ANPI di Grugliasco

Intervista ad una studentessa di UniTo, esponente del Collettivo Universitario Autonomo

Riportiamo l’intervento dell’Assemblea dottorand*, precar* e docenti del Campus Luigi Einaudi:
Da molti anni alcune rumorose forze politiche e culturali, caratterizzate da un nazionalismo grottesco, usano
le vicende storiche che attraversarono il cosiddetto confine orientale dell’Italia nei primi anni quaranta del
Novecento per rivalutare il ventennio fascista e le figure che lo incarnarono: Mussolini, in primo luogo.
Intorno al “giorno del ricordo”, si gioca una partita ideologica che punta a rimuovere il collaborazionismo del
regime fascista con il nazismo e nascondere i crimini contro l’umanità compiuti dall’esercito italiano. È invece
in tale contesto che la questione delle Foibe andrebbe inserita.

Tuttavia, in una città come Torino, insignita molti anni fa di una medaglia al valore per ricordarne l’impegno
antifascista nella Resistenza, sono ormai frequenti le aggressioni di stampo neofascista e antisemita, con
scritte ingiuriose e minacciose sotto le abitazioni dei discendenti di alcuni dei protagonisti di quella stagione
antica e degli antifascisti di oggi. Aggiungiamo l’aggressione allo storico Eric Gobetti, autore di ricerche solide
e riconosciute nel mondo scientifico su temi ai quali la Regione Piemonte si accosta invece annunciando il
proposito di diffondere nelle scuole pubbliche un fumetto piuttosto volgare e di stampo fascistoide, intitolato
Foiba rossa.

In questo contesto, giovedì 13 febbraio, mentre al Campus Einaudi dell’Università si svolgeva un convegno
con l’intenzione di affrontare con piglio critico la complessità di un tema quale Fascismo, colonialismo e foibe,
il gruppo Fuan distribuiva un volantino, colmo della solita retorica nazionalista, attaccando l’Anpi, tra i
promotori dell’iniziativa.

Il gruppetto, protetto come accade da molti anni da poliziotti in tenuta antisommossa, si è in verità dileguato
dopo pochi minuti: nessuno “scontro” con i numerosi studenti che li contestavano. E i momenti di contatto
tra antifascisti e polizia avrebbero potuto essere derubricati a poca cosa, a essere onesti: invece interviene
la decisione delle forze dell’ordine di operare un fermo.

Non ci rivolgiamo alla Questura, la cui gestione delle piazze torinesi negli ultimi mesi è stata quanto meno
discutibile, all’insegna di una aggressività troppo spesso ingiustificata; non ci rivolgiamo ai giornali, i cui
resoconti, salvo poche eccezioni, sono tutti convergenti per non dire artificiosi, troppo uguali nei toni di un
racconto dei fatti, cui probabilmente nessun giornalista ha potuto davvero assistere; in questo frangente
denunciamo i ripetuti attacchi personali alla Professoressa Raffaella Ferrerò Camoletto, le cui parole sono
state distorte dai giornali e interpretate ottusamente dal sindacato di polizia. Non ci rivolgiamo nemmeno
alla Magistratura, in particolare ai frettolosi uffici che convalidano arresti e dispensano poi condanne e lezioni
di morale con una leggerezza inquietante.

Ci rivolgiamo alla comunità universitaria, ai cittadini del quartiere in cui ha sede il Campus, a ogni spirito
libero e critico: la contestazione al Fuan non è stata organizzata ma spontanea; la resistenza alle pressioni
delle forze dell’ordine non è stata frutto di azioni “premeditate”: nessuno dei partecipanti al presidio è
apparso travisato o armato di alcunché; gli studenti si sono contrapposti ad un fermo che appariva in quel
momento totalmente ingiustificato e per cui ci si aspettava un rilascio immediato. Al suo posto si sono
susseguite almeno quattro cariche scomposte e violente da parte delle forze dell’ordine.

Ma qui, oltre le cariche, contano gli atteggiamenti, tanto più gravi se agiti dalle forze dell’ordine: i poliziotti
agitano non solo i manganelli, battuti ripetutamente contro i loro scudi, quasi a rammemorare pose
guerresche, ma lanciano insulti umilianti all’indirizzo dei manifestanti: insulti, è quasi inutile dirlo, sessisti e
razzisti, tanto che una funzionarla superiore in grado si sente in dovere di tacitarli imperiosamente, mentre i
responsabili delle istituzioni universitarie presenti assistono passivi. E poi gli altri tre fermi, tanto per
rasserenare il clima.

Il giorno successivo ad attizzare gli animi ci pensano i vertici dell’Università: non solo vengono posizionate
due guardie armate (!) davanti all’aula che era stata del Fuan, ma si chiede ai docenti e agli studenti presenti
nella palazzina Einaudi di sgomberare i locali… dando nel contempo ampie garanzie che la polizia non sarebbe
intervenuta contro gli studenti antifascisti riuniti in assemblea. Un atteggiamento irresponsabile, che ha
creato insicurezza, non il contrario, e ha impedito il regolare svolgimento degli esami in corso.

Ultimo ma non meno importante, giunge puntuale come l’allergia in primavera, la provocazione del leghista
di turno, che si agita nello stesso brodo di coltura dei revisionisti fascistoidi: ora a parlare è il Presidente
dell’Ente regionale per il diritto allo studio universitario Sciretti che, per non sapere parlare né scrivere,
propone di sospendere le borse per gli “antagonisti” arrestati e denunciati. Si tratta della stessa figura che
esattamente un anno fa, in occasione delle manifestazioni contro lo sgombero dell’Asilo di via Alessandria,
affermò: “Ci vorrebbe un po’ di scuola Diaz”. Visto che intorno al “giorno del ricordo” la memoria pare
vacillare più del solito, rammentiamo che per quel raid indegno di un paese democratico numerosi esponenti
della Polizia di Stato furono condannati e interdetti dai pubblici uffici…

Che ognuno si faccia le sue opinioni, cercando di acclarare i fatti. Alla Professoressa Ferrerò Camoletto
esprimiamo la nostra più piena solidarietà, così come agli studenti e alle studentesse coinvolte in questa
vicenda. Noi nel rispetto dei nostri ruoli e dei principi fondamentali di qualsiasi convivenza civile, siamo e
restiamo antifasciste\i.

Riportiamo un comunicato di Mamme in Piazza per la libertà di dissenso a sostegno dell’assemblea:
Il 13 febbraio abbiamo organizzato, con l’aiuto dell’ANPI un evento qui in ateneo, un evento di narrazione storica. Fuori l’aula accadevano i fatti noti a tutti!

E siamo qui oggi in solidarietà agli studenti, ai docenti ai lavoratori. Siamo qui per chiedere un segnale forte al rettore perché si tengano fuori i fascisti dall’università. Siamo profondamente convinte che l’ANTIFASCISMO debba essere dichiarato e praticato in ogni spazio concesso, non basta dichiararsi democratici!

Noi mamme facciamo parte di una rete europea di madri solidali e antifasciste, una rete che lotta in tutti i paesi per denunciare e raccontare di tante e tanti giovani, di tante donne e di tanti uomini che come noi sono fermamente convinte che il fascismo non sia una ideologia, ma un reato.