Banksy, l’artista di Bristol di cui nessuno, o quasi, conosce l’identità. Banksy di cui tutti aspettano l’ennesima epifania per riprendere la partita: estimatori contro detrattori, 1-0 e non c’è storia. Banksy, il solo che è riuscito a superare i Medici per numero di mostre dedicate, e non è cosa da poco, chi vive a Firenze lo sa. Banksy, Mirabile Monstrum, eccezionale, inusitato, portento, da qualche anno onnipresente in Italia in personali e collettive: a Milano, Torino, Firenze, Osimo, Genova, Roma, Ferrara, Brescia, Napoli, sono state o saranno esposte le sue opere con o senza la sua benedizione.

A dare impulso all’incremento di fama ed esposizioni l’asta da Sotheby’s del 5 ottobre 2018. Qualche titolo dell’epoca: L’ultima provocazione di Banksy: quadro si autodistrugge a un’asta -La Repubblica; Il genio di Banksy “colpisce” all’asta di Sotheby’s Londra – ArteMagazine; Banksy, l’opera da 1,2 milioni di euro si autodistrugge all’asta di Sotheby’s – Corriere della Sera; Ops! Mi si è suicidato il Banksy! Scene comiche all’asta Sotheby’s Londra – ArtsLife.

Cosa è accaduto: non appena il banditore aggiudica per più di 1 milione di sterline Girl with balloon, l’opera prende vita, comincia a scivolare fuori dalla cornice ridotta in piccole strisce, ma solo per metà. Il meccanismo celato all’interno si è inceppato, durante le prove effettuate si era distrutta per intero, specificherà Banksy nel video postato qualche giorno dopo, scatenando la condivisione virale di una moltitudine che lo acclama Genio, Scardinatore del sistema capitalista, Fustigatore delle istituzioni. Non tutti sono d’accordo. Alcuni insinuano il coup de théâtre commerciale, strategicamente strutturato e ispirato all’Avanguardia Situazionista, che moltiplica il valore dell’opera. Altri fanno notare che è stato il francese Farewell, con Bande de Pub/Strip box del 2014 a Parigi, a inventarsi il sistema per sezionare i manifesti rotanti di un impianto pubblicitario. Diversi colgono una doppia incongruenza: l’opera venduta nel 2006 avrebbe dovuto contenere una batteria ‘eterna’ per funzionare ancora dopo 12 anni; il video, che documenta la costruzione del meccanismo, dimostra che, per come sono posizionate, le lame non potevano tagliare alcunché. Molti, infine, dovrebbero preoccuparsi (È il male della banalità, Francesco Bonami – La Stampa), e tirare un sospiro di sollievo, al pensiero che sia stato il marchingegno di Banksy e non la bomba di un terrorista a nascondersi all’interno di un’opera esposta da una delle più prestigiose, ma evidentemente meno attrezzate in sistemi di controllo e di sicurezza, casa d’aste del mondo.

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Clara Mazzoleni in Contro Banksy – RivistaStudio- esordisce: “A odiare Banksy non sono certo soltanto io. Già nel 2006, sul Guardian, Charlie Brooker sfogava la sua rabbia. […] Azioni [quelle di Banksy] che non sollevano pietre mostrando i vermi delle complessità, delle contraddizioni e degli orrori, ma li semplificano cacciandoli ancora più a fondo, e dicono: «Io sono buono e sto dalla parte dei buoni, se capite quello che ho fatto e ne parlate siete tra i buoni anche voi». Nel suo parco divertimenti “al contrario”, Dismaland (2015), tutto era sporco, brutto, decadente e deforme. Cosa significa? Che il capitalismo è una merda? E l’opera che si autodistrugge non appena viene venduta? Cosa ci vuole rivelare? Che il mondo delle aste è il frutto di speculazioni e giochi di prestigio? Come diceva l’inascoltato Brooker nel lontano 2006: «Grazie mille, Banksy, ci hai mostrato la verità», conclude Clara Mazzoleni.

Ecco una parte dello sfogo di Charlie Brooker in Supposing … Subversive genius Banksy is actually rubbish: “Here’s a mystery for you. Renegade urban graffiti artist Banksy is clearly a guffhead of massive proportions, yet he’s often feted as a genius straddling the bleeding edge of now. Why? Because his work looks dazzlingly clever to idiots. And apparently that’ll do.” (articolo confluito nel 2007 nel libro Dawn of the Dumb. Dispatches from the Idiotic Frontline)

Come ha dichiarato a Collater.al lo street artist 2501, “nessuno sa fare Banksy meglio di Banksy!”. Per questo è un Monstrum quando in Existencilism (2002) scrive: “If you want to say something and have people listen then you have to wear a mask. If you want to be honest then you have to live a lie”, per poi concludere, in terza di copertina, “superficially his work looks deep but it’s actually deeply superficial” – Evening Standard -: nessuno ironizza su Banksy meglio di Banksy!

La massima è stata utilizzata da Stefano Antonelli (Banksy, vi spiego perché non è marketing, e non è distruzione. – ArteMagazine) per ricavare i due principi di Banksy: 1. se vuoi dire qualcosa e vuoi che la gente ti ascolti, allora indossa una maschera; 2. se vuoi dire la verità, allora devi mentire. Antonelli, applicando a Banksy lo statuto veritativo dell’arte di Hegel, gli studi sul linguaggio di Chomsky, il ready made duchampiano, conia il termine ready masking banksyano. “Si tratta di un artista che sta portando l’etica e l’estetica del vandalismo in una direzione completamente nuova. La risposta a questa domanda quindi, a mio avviso, è che non si tratta di marketing ma di vandalismo e che marketing e vandalismo sono, in fondo, la stessa cosa” – sottolinea Antonelli. Il sofisma regge alla prova dei fatti: nel 2019 Devolved Parliament viene battuta da Sotheby’s per 11,1 milioni di euro e sarà consegnata al compratore accompagnata da un certificato di autenticazione rilasciato dal Pest Control Office Limited, la società di Banksy regolarmente registrata a Londra dal 2009 (la stessa che ha vinto parzialmente la causa intentata contro la 24 ORE CULTURA s.r.l., che gestisce il MUDEC di Milano) , così come “Banksy” è brand depositato presso l’Intellectual Property Office (IPO) e registrato in più di 20 classi di merchandising.

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Banksy, “il paradosso e la contraddizionesottolinea Antonelli – che sono anche le due condizioni che meglio rappresentano il nostro presente. Paradosso e contraddizione sembrano essere le due parole chiave per interpretare sia il nostro tempo che il lavoro di questo artista. Qualora fosse così, solo gli artisti più grandi riescono in questa sincronia, attivando con la loro opera processi individuali di reincantamento del mondo, tra questi, solo pochissimi innescano processi di reincantamento collettivo.” Più che reincantamenti, Banksy compie miracoli: lo dimostrano le edicole votive che in alcune città proteggono le sue opere, a Port Talbot o a Napoli; l’archiviazione immediata, trattandosi di Arte, dell’accusa di imbrattamento di un palazzo veneziano vincolato dalla Soprintendenza; la promozione della mostra al MUDEC da parte del Comune di Milano, lo stesso Comune che nel 2018 aveva già collezionato 160 processi contro chi ‘sporca i muri’. Ite, missa estBanksy gratias per aver mostrato in che misura decoro e degrado dipendano dalle quotazioni del mercato.

Nel 2006, in un’intervista rilasciata all’amico street artist Obey – Shepard Fairy, afferma: “The art world is the biggest joke going. It’s a rest home for the overprivileged, the pretentious, and the weak. And modern art is a disgrace – never have so many people used so much stuff and taken so long to say so little. Still, the plus side is it’s probably the easiest business in the world to walk into no talent and make a few bucks.” (Swindle 8 – Banksy the Naked Truth, 8, by Shepard Fairey, 11-30-2006). Insomma, Banksy non sta facendo filosofia né teorizza principi come il suo conterraneo Newton, banalmente fa quello che potenzialmente siamo in grado di fare tutti, alza lo sguardo (è questo il significato di ánthropos, uomo), osserva ciò che vede e lo mette a profitto, lo dice chiaramente a Obey, “I invest back into the street bombing from selling shit”, e lo ribadisce in Morons (2006): “I Can’t believe you morons actually buy this shit.

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Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere, o fa finta di non vedere.

Le regole del gioco non le ha stabilite Banksy, è stato, e continua ad essere, il pubblico che accorre, followers, galleristi, curatori, critici, giornalisti, estimatori e detrattori. È il capovolgimento della nota favola: mentre il re dice “SONO NUDO”, il bambino loda/critica gli abiti, mette/toglie la corona sul/dal capo. Comprovata l’ingenuità/furbizia non resta che stare al gioco e condurlo. Un Monstrum, geniale nella sua cinica semplicità che non risparmia la stessa Street Art.

Il Banksytelling, sia che si tratti dei Palestinesi, delle grandi navi a Venezia o del Natale a Birmingham, si attiene all’attivismo, alla sfida all’autorità e al sistema, alla buona novella, e li rappresenta reiterando i tratti distintivi delle azioni del protagonista sui quali si è costruita l’affezione del follower, futuro e fedele megafono. La stanza dell’albergo a Betlemme, sulla cui parete campeggiano un palestinese e un israeliano che lottano a colpi di cuscino in un vorticare di piume, è una banalizzazione del conflitto secondo l’artista locale Al Azzeh. “I see how [Banksy’s] work brings a lot of people to Bethlehem to see the wall and the city” – dichiara Ayed Arafah, un altro artista – “But now all the people who come to take photos of the paintings and graffiti… it’s become like Disneyland. Like you are living in a zoo.” (Darren Loucaides, Walled Off Hotel: Not all Palestinians are happy with Banksy’s Bethlehem hotel, Indipendent, 8 March 2017). Per farsi un’idea dell’inaugurazione dell’hotel, con Elton John collegato in remoto, dei souvenirs e di altro ancora, basta fare un giro nel web.

La spettacolarizzazione, di quella che Banksy definisce guerrilla, è talmente eccessiva da ridurre il contenuto ad accessorio e il contesto a sfondo di ogni singola performance, la cui star indiscussa è e rimane Banksy. Una sorta di Cavallo di Troia onnivoro, emulato sempre più spesso in strada con risultati discutibili: strumentalizzazioni, di fatti e di persone, riproduzioni di cliché, copie di opere pittoriche del passato, spacciate per impegno sociale, politico o culturale. Se Banksy ha introdotto il Trojan virus nella Street Art, a chi intenzionalmente si fa contagiare (artisti, istituzioni, curatori, critici, giornalisti), per ottenere visibilità, consenso, guadagno, va riconosciuto il merito di contribuire a consolidare nello spazio pubblico l’inconsistenza del nulla.

Dopo il 2018 e il 2019, il 2020 sarà ancora, per numero di mostre, l’anno del Topo in Italia, non solo in Cina. Banksy, il ‘RAT’ anagramma di ‘ART’ (mutuato da uno dei pionieri della Street Art, il francese Blek le Rat), procederà a elencare, nella sezione shows del suo sito, le non autorizzate: “Please treat them accordingly.” Non essendo del tutto certo se le non menzionate si svolgano con la sua approvazione, qualora decidiate di andare, ricordatevi: “Get out while you can”.

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