Sabato 25 gennaio 2020 dalle ore 10:00 alle 13:30

Statua della Libertà, Palermo

L’iniziativa dalla Consulta palermitana per la Pace, la Nonviolenza, i diritti umani e il disarmo è frutto di un percorso avviato nelle giornate più calde della crisi USA-IRAN, con la convocazione dell’assemblea contro la guerra il 9 gennaio (presso l’aula Rostagno di Palazzo delle Aquile), a cui ha fatto seguito il successivo incontro alla Fonderia Oretea lo scorso 15 gennaio.

Si tratta di un percorso che si innesta nel quadro della mobilitazione internazionale per la pace promossa dal movimento pacifista americano, arricchito dalla Consulta di Palermo, la quale – avvalendosi del principio costituzionale di cui all’articolo 11 (L’Italia ripudia la guerra…) –  invita ad aderire ed a partecipare alla giornata internazionale per la Pace di sabato prossimo, avendo chiaro l’obiettivo di schiudere le porte ad una prospettiva politica sul piano globale contro tutte le guerre e tutte le dittature, a fianco dei popoli che si battono per il proprio futuro.

“Manifestiamo – scrivono nell’appello di adesione alla mobilitazione pacifista globalizzata – il nostro sostegno alle popolazioni, vere vittime delle guerre e a chi si rivolta da Baghdad a Teheran, da Beirut ad Algeri, da Damasco, al Cairo, a Gerusalemme, a Gaza. Quel che sta avvenendo nel Golfo Persico, aggiungendosi alle sanguinose guerre e alle crescenti tensioni in corso, mette in luce la drammatica attualità e il vero realismo dei ripetuti ma inascoltati appelli di Papa Francesco per l’avvio di un processo di disarmo internazionale equilibrato”.

Dopo il blitz omicida dell’amministrazione-Trump e l’azione dimostrativa iraniana che ha colpito la base militare americana di al-Asad (che con ammissione postuma ha provocato il ferimento di diversi soldati di stanza nella base statunitense), gli effetti della logica della guerra si sono abbattuti “anche sui giovani iracheni che da tre mesi lottano contro il sistema settario instaurato dall’occupazione Usa e contro le ingerenze iraniane, in un paese teatro di guerre per procura ed embarghi da decenni”.

Secondo l’analisi sviluppata dal dibattito assembleare del movimento palermitano, l’evidenza della condizione politico-repressiva della situazione irachena porta ad una constatazione: la crisi del vecchio ordine mondiale fa si che le “potenze regionali e globali si contendano con la guerra aree di influenza sulla pelle delle popolazioni locali”. Già nel nostro precedente articolo  avevamo messo in luce “la logica della guerra” ad alta densità bellica a limitato raggio geografico  che determina – in chiave sociale –  uno status politico repressivo esistenziale permanente. “La sola alternativa consentita al momento – commentano dalla Consulta cittadina –  è il mantenimento dei regimi teocratici o militari”.

Sostanzialmente la guerra non è solo distruzione e macerie. Essa cerca di cancellare dall’agenda politica la questione sociale divenuta oramai incontenibile. Una questione che in Irak è “esplosa nelle proteste delle popolazioni che hanno occupato pacificamente le piazze e le strade”.

Un passaggio significativo del documento di adesione palermitano è rivolto alla Unione Europea, il cui continente è stata teatro di atrocità inenarrabili nel corso dei due grandi conflitti mondiali dello scorso secolo. Segnata dalla catastrofe umana e dal degrado etico-morale, il processo di unificazione, iniziato col Trattato di Roma, aveva fra i suoi scopi fondamentali quello della conquista della Pace come unico mezzo risolutivo dei conflitti. Avrebbe dovuto avere un peso strategico anche nello scacchiere geopolitico planetario, missione di fatto fallita, schiacciata dal peso della potenza militare USA. Tuttavia è nello spazio politico-istituzionale dell’UE che si ripongono le speranze per invertire la rotta e fermare il rischio dell’inferno insito nella minaccia nucleare: “Nata per difendere la pace – dicono alla Consulta appellandosi all’UE – deve assumere una forte iniziativa, che con azioni diplomatiche, economiche, commerciali e di sicurezza miri ad interrompere la spirale di tensione e costruisca una soluzione politica, rispettosa dei diritti dei popoli, dell’insieme dei conflitti in corso in Medio Oriente”. Ma non solo questo! Dall’altro canto è necessario “avviare una rapida implementazione del Piano Europeo per l’Africa (Africa Plan) accompagnandolo da un patto per una gestione condivisa dei flussi migratori”.

Certo è implicito il desiderio di tutti che l’Unione Europea possa al più presto mutare l’orizzonte istituzionale, dove si possa riconquistare il primato della Politica sull’Economia. Cioè, torni a essere spazio politico, non solo costituito dalle rappresentanze cetuali partitocratiche asservite al sistema economico-finanziario, ma con nuove forme di partecipazione dal basso, dove le sue genti possano riaprire i polmoni al vento della solidarietà, piuttosto che erigere muri che impediscono il libero respiro.