Incontrai Massimiliano Frassi per la prima volta tre anni fa, dopo avere seguito per lungo periodo l’ associazione da lui fondata dal nome Prometeo, trovai geniale una t-shirt su cui era disegnato un mirino con sotto la scritta: I am a Pedohunter ( io sono un cacciatore di pedofili), la trovai una scelta geniale e coraggiosa, una scelta che in Italia pochi avrebbero avuto l’ audacia di intraprendere. La scelta di parlare di abusi a muso duro, senza mezze misure e portare il dolore delle vittime come un fiume in piena non solo attraverso i suoi libri ma anche attraverso i media, comunque … quella maglietta d’ estate la indosso ancora.  Fu così che decisi di recarmi nella sede di Bergamo per incontrare Massimiliano e posso confermarvi che è un uomo cordiale e disponibile, ama parlare del suo lavoro  lasciando trasparire positività non solo dalle sue parole ma da ogni suo semplice gesto. Per lui ed i suoi collaboratori è fondamentale diffondere il messaggio  che poter superare il dolore dell’abuso e ricominciare una vita è possibile. Negli anni Massimiliano Frassi è stato intervistato da molti personaggi noti tra cui Maurizio Costanzo, portando con se un messaggio inequivocabile: Per andare oltre, non si deve temere mai di pronunciare la parola PEDOFILIA.

In questi giorni è impegnato in un tour in varie città d’Italia per la presentazione dei suoi ultimi libri Le mie parole contro gli abusi e Nessun dolore è per sempre, gli ultimi due di una serie di  bestseller che hanno venduto quasi 200mila copie in Italia e Svizzera, “I bambini delle fogne di Bucarest” (sei edizioni, con prefazione di Maria Rita Parsi), “L’inferno degli angeli” (quattro edizioni, con prefazione di Maurizio Costanzo) “I Predatori di bambini” (primo libro in Italia a parlare anche di Chiesa e Pedofilia), “Ho conosciuto un angelo – la storia di Tommaso Onofri” (scritto con la collaborazione della mamma del piccolo Tommaso),  “Favole di Bambini e dei Loro Orchi” (Edizione I Nuovi Quindici 2009), “Il libro nero della Pedofilia” (nuova versione con capitoli inediti de I predatori di bambini) e “Perché nessuno mi crede?! Storia di Stella (edizione La Zisa – 2012) è stato promotore di una proposta di legge contro la pedofilia e tiene circa 200 conferenze all’anno (molti i corsi di formazione dai docenti alle forze dell’ordine). Molto amato dalla gente è invece da sempre duramente attaccato da movimenti pedofili italiani e stranieri. Massimiliano Frassi è stato insignito di numerosi riconoscimenti tra cui il premio Kiwanis – We Build International 2000, la medaglia della Polizia di Stato, conferitagli dal Questore di Bergamo nel 2003 e la medaglia d’oro del F.B.I., di New York nel 2004. Inoltre ha ricevuto, con la sua associazione (primo caso in Italia) il prestigioso Premio Livatino “Pro Bene Justitiae”, intitolato al noto Giudice anti-mafia. Frassi è consulente nel campo dei servizi sociali e ha collaborato con la catena Epolis da cinque anni, con degli editoriali pubblicati a cadenza settimanale sul tema dell’infanzia violata.

Con l’Associazione Prometeo ha creato il coordinamento nazionale delle vittime di abuso, che riunisce adulti che sono stati abusati da piccoli e genitori di bambini vittime di pedofilia. Inoltre con la stessa, collabora attivamente con gli organi di polizia di Scotland Yard.

 

Sei sempre molto impegnato, per te scrivere è oramai una ragione di vita…

Si, infatti siamo molto presi perché per noi questo periodo dell’anno è tra i più caotici, l’estate e il Natale sono i momenti peggiori per chi sta male, soffre il doppio. Per le altre persone possono essere giorni positivi e di aggregazione mentre per noi sono i momenti in cui le persone escono allo scoperto e chiedono aiuto.

Come mai accade proprio in questi periodi dell’anno?

Sono i giorni delle feste, quindi portano con se il concetto della famiglia, si notano più facilmente i genitori con i loro bambini  e tutti sembrano essere apparentemente felici. Inconsciamente le vittime vengono trascinate in un passato che vorrebbero lasciarsi alle spalle con tutto un carico di nostalgia, ricordando così alle vittime ciò che gli è stato rubato. Si, sono ricordi dolorosi, ma se guardiamo in positivo vengono spinti grazie a queste emozioni a chiedere finalmente aiuto ed uscire allo scoperto.

Solitamente vieni contattato dai genitori per abusi suoi propri bambini o dalle vittime oramai adulte?

In questo periodo, mi permetto di dire che forse siamo gli unici a lavorare con adulti vittime di abusi nella giovane età. Una novità degli ultimi tempi di cui siamo orgogliosi è che arrivano anche giovanissimi, quindi in un età adolescenziale e anche poco dopo i diciotto anni, dico…finalmente! Spesso accogliamo persone di settanta e ottant’anni che sono state vittime di abusi nell’infanzia trovandosi così con una vita segnata. Dobbiamo quindi comprendere la differenza che si pone lavorando con una ragazza di vent’anni con ancora una intera vita davanti e trovarsi invece a recuperare la vita di una donna che ha perso i primi settant’anni della propria esistenza, sprecandoli nel dolore. In entrambi i casi i nostri gruppi di auto aiuto sono fondamentali.

Credi sia possibile nonostante tutto rifarsi una vita?

Assolutamente si, una storia che racconto spesso narra infatti di una donna di ottantadue anni che si è impedita, per paura, di sposarsi e conseguentemente non ha mai potuto avere i figli che tanto desiderava. Puoi comprendere che se inizi un percorso a vent’anni potrai diventare madre se lo vorrai, ed è questo il messaggio vitale da fare arrivare alle vittime.

Quindi uno dei segni che si porta dentro una persona abusata maggiormente è la perdita di fiducia nel prossimo, esatto?

Assolutamente, ma non è solo la perdita di fiducia nel prossimo, visualizzando solo chi ti ha fatto del male ed ha tradito la tua fiducia, per prossimo intendiamo quel mondo completamente assente che ha scelto di voltarsi dall’altra parte, spesso anche  di fronte a dimostrazioni estreme come possono essere state un tentato suicidio, l’autolesionismo o dei segnali più silenziosi che necessitano di uno sforzo maggiore per essere tradotti. Le vittime quindi interpretano questa indifferenza classificando quello in cui viviamo in  un mondo abusante, quindi complice.

Accade spesso che le persone si voltino dall’altra parte?

Guarda, ti rispondo con una notizia battuta proprio in questi giorni, una bambina abusata per molto tempo dal patrigno ha tentato di denunciarlo personalmente svariate volte alle forze dell’ordine, le sue accuse non vennero mai prese in considerazione, lasciandola così ancora per due anni nelle grinfie del patrigno.  Questa piccina che per me è un’ eroina, impara un segreto da altri bambini che hanno usato questa metodologia, usando il telefono cellulare e mettendolo in modalità silenziosa, video riprende tutto  l’orrore che è costretta a subire. Il giorno dopo si reca nuovamente dalle forze dell’ordine con il cellulare tra le mani, immediatamente viene allontanata da quell’inferno e lui finalmente incarcerato.

Cosa pensi in merito a questa vicenda, visto che suona incredibile che una bambina si sia trasformata in un agente di polizia?

Esatto, la penso come te, infatti questo significa che il mondo non l’ha mai salvata e che quel giorno abbiamo perso tutti noi e non solo lei. La bambina si è trovata costretta a tutelarsi perché la nostra società civile non è stata in grado di proteggerla.

Lei ha rischiato anche di essere uccisa, esatto?

Esatto, perché se lui l’avesse scoperto, certamente non gliel’avrebbe fatta passare liscia e noi, per potersi salvare l’abbiamo obbligata a mettere a repentaglio la propria vita.

Il pedofilo e chi sa e tace sono per te colpevoli in egual modo?

Assolutamente si. Un individuo che sa per certo che quel bambino o quella bambina stiano subendo abusi e non interviene per fare si che li si possa salvare, la reputo rea quanto chi ha messo in atto quelle violenze. Ti dirò di più, quando gli abusi avvengono all’ interno della sfera familiare e la madre sa e non denuncia e ci capita di incontrare le vittime oramai adulte, ci rendiamo presto conto che questo è per loro il dolore più forte che si portano dentro. La delusione non si manifesta nei confronti del padre abusante perché lo segnano come pedofilo,  ma della mamma che non li ha protetti, così il dolore nel corso degli anni diviene lancinante.

Ricevete mai denunce dalle scuole?

Si. Finalmente iniziano a denunciare ed abbiamo un’attenzione maggiore nei confronti della scuola, teniamo anche dei corsi per le insegnanti, attraverso il racconto delle storie e facendoli giocare diamo così ai ragazzini gli strumenti per potersi difendere. In certi casi la scuola è fondamentale, per esempio se un bambino è isolato non avendo né parenti o amici , per legge è comunque obbligato ad andare a scuola, ecco che quella maestra o quel maestro diventano la loro scialuppa di salvataggio.

Avete dati alla mano che possano indicare una regione d’ Italia con il maggior numero di denunce per pedofilia?

Ci sono realtà dove se ne viene più a conoscenza, ad esempio ai primi posti abbiamo la Lombardia e il Veneto. Purtroppo il sud è tra gli ultimi, ma attenzione, non perché vi siano meno abusi, ma a causa dell’ omertà che risiede nell’ideologia di quei territori. In altre regioni vi è più fiducia nell’affidarsi alla legge e quindi ai tribunali. Bene chiarire che l’ omertà, partendo dalla Valle d’Aosta arrivando alla Sicilia quando si parla di pedofilia è un unico denominatore comune.

Il tuo tempo oramai è chiaro che hai scelto di dedicarlo alla lotta contro la pedofilia, ma in tutto questo, riesci ad avere una vita privata?

Adesso si, per anni ammetto non c’è stata, per costruire tutto questo mi sono donato totalmente promettendomi di non avere né rimorsi né rimpianti. Non ho più vent’anni anche se  me li sento dentro e quest’anno compio anche cinquanta anni. Ho così imparato a prendere le dovute distanze, i miei tempi per ricaricarmi,  i miei silenzi, altrimenti si rischia di diventare inutili e dannosi a se stessi, perché è stupido mentire …  il male te lo porti addosso.

Qual’ è il tuo segreto per non venire inghiottito da tanto dolore?

Il mio segreto è che ho imparato a guardare ai risultati. Mi commuovo perché oggi è passata una ragazza che mi ha portato i confetti del battesimo, ti confido che questa ragazza andava da una terapeuta che le ripeteva che i bambini abusati diventano abusanti, quindi lei ha vissuto per anni con l’idea di essere una potenziale pedofila, oggi invece è madre di due gemellini meravigliosi. Questo ti ripaga di tutto.

Ci sono danni causati da terapeuti non preparati ?

Purtroppo si, perché i pazienti si ritrovano a vivere l’ennesimo abuso, quando trovano il coraggio di denunciare e chiedere aiuto ed un professionista che li cataloga come numeri. Questo è il dramma nel dramma.

Quindi chi non ha il coraggio di cambiare il terapeuta è destinato a non sperare in una vita serena?

Esattamente.

Negli ultimi anni cosa è cambiato nelle aule dei tribunali?

Ci sono ancora tantissime lacune anche se qualche passo avanti c’è stato.

Come si pongono i giudici nei confronti delle vittime?

Dipende dalla persona, c’è chi è rispettoso nei confronti di quel dolore e invece a chi di quel dolore non sa che farsene.

 

Come si pongono invece i pedofili nelle aule dei tribunali?

Non dimostrano il minimo rimorso e anzi ostentano atteggiamenti arroganti, tranne quando in casi eccezionali la vittima chiede di essere in aula contemporaneamente all’imputato per poterlo guardare dritto negli occhi. Sai cosa accade sempre? Il pedofilo abbassa lo sguardo. Quella è la più grande vittoria a cui si possa assistere.

Quanti sono i bambini che si sono tolti la vita a causa degli abusi?

Guarda, non ho una statistica ufficiale, ma ne parlavo proprio ieri con la sorella di un adolescente che si è suicidato tempo fa, per caso ha scoperto dalla madre di un amico del ragazzino che suo figlio nello stesso collegio subì abusi e lei capì da quei racconti la motivazione per cui lui fece quel gesto. La verità è che sono tantissimi, ricorrono alla morte per poter stare finalmente bene. Nelle notizie di cronaca questo viene spesso omesso, scrivono che era depresso, ma attenzione, se un bambino è stanco o depresso dobbiamo comprendere che c’è qualcosa di molto più grave a monte e che la società non ha saputo ascoltarlo. Non è possibile che nella vita di quel bambino non vi sia stato un adulto in grado di poterlo assistere o che avesse percepito cosa stesse accadendo, quindi sentendosi soli loro fuggono verso un gesto che interpretano come una liberazione.