A due anni dalla sua morte (avvenuta il 19/10/2017) voglio qui ricordare Alberto L’Abate, un instancabile promotore di iniziative nonviolente contro la guerra – con particolare riferimento a quelle che ho potuto seguire personalmente nella città in cui aveva scelto di vivere, Firenze .

Proprio l’anno in cui è morto, il Premio Nobel per la pace è stato assegnato a ICAN, l’organizzazione che si batte per l’abolizione delle armi nucleari e che è stata l’ispiratrice della loro messa al bando da parte di un nutrito gruppo di stati in sede ONU ( fra cui manca colpevolmente l’Italia).

Si può dire che un pezzo di quel premio andrebbe idealmente assegnato a tutte le persone che, come Alberto L’Abate, si sono battute per il disarmo durante una vita intera.

Alberto ha continuato a ricordare ostinatamente, anche nei momenti in cui il pacifismo era ignorato da quasi tutti, quanto siano folli le spese che l’Italia fa per gli armamenti, come si potrebbero investire in imprese utili alla collettività tali somme, quali pericoli derivino dal proliferare delle armi. Ed ha anche sottolineato più volte che il percorso del movimento pacifista non è segnato solo da sconfitte: negli anni ’80 del secolo scorso, ad esempio, ha registrato un notevole successo, dando una spinta decisiva all’accordo fra Gorbaciov e Reagan per l’eliminazione degli euro-missili e la riduzione degli armamenti atomici.

Così i Cruise non sono stati installati a Comiso, premiando la lunga e tenace mobilitazione che aveva messo in stato d’assedio, se così si può dire, la base per impedirne l’ampliamento (che le avrebbe permesso di ospitare, appunto, i missili Cruise).

Alberto è stato fra i maggiori protagonisti di quella mobilitazione, che ha avuto carattere internazionale.

Amico e collaboratore di Aldo Capitini – il maggiore propugnatore delle idee di Gandhi in Italia – ne ha proseguito l’impegno per una “rivoluzione nonviolenta”.

Ha unito sempre all’attività accademica, di ricerca, di formazione, di teorico della nonviolenza attiva, quella dell’azione diretta, nel movimento pacifista e antirazzista.

Fino all’ultimo ha partecipato alle mobilitazioni su questi temi (ricordiamo il suo intervento al presidio in piazza dei Ciompi a Firenze in preparazione della manifestazione contro il razzismo del 21 ottobre 2017 [a cui ha voluto far arrivare un suo messaggio dall’ospedale in cui era ricoverato – ed in cui si è spento due giorni prima dell’iniziativa romana -]).

Nel 2016 ha preso parte, insieme a Gigi Ontanetti, anche lui scomparso nello stesso periodo (faceva parte della “Fucina per la  nonviolenza”, messa su da Alberto a Firenze alcuni anni prima), ad una serie di incontri, svoltisi alle Baracche della Comunità dell’Isolotto, sulle metodologie nonviolente con cui condurre i conflitti.

Un’indicazione di lavoro che Alberto avrebbe voluto sviluppare, ampliandola e coinvolgendo energie nuove, con iniziative di base, diffuse sul territorio.

Sempre nel 2016 è intervenuto, portando le sue denunce e le sue proposte riguardo alle spese militari dell’Italia, all’iniziativa “Canzoni contro la guerra”, che dal 2012 viene organizzata ogni anno da alcune associazioni fiorentine in concomitanza con la Festa delle Forze Armate

Dei suoi numerosi e importanti scritti ci piace ricordarne due fra gli ultimi: “Riflessioni su – La rivoluzione disarmista – di Carlo Cassola”, che ripropone il tema del disarmo, centrale per la sopravvivenza dell’umanità (per dirla con Ernesto Balducci, “gli esseri umani del futuro, o saranno uomini, e donne, di pace o non saranno”) e “Gramsci e la nonviolenza”, in cui l’autore fa emergere dal pensiero di Gramsci elementi collegabili ad una ipotesi di “rivoluzione nonviolenta dal basso”.

E voglio rammentare anche la sua attenzione per l’autorganizzazione, sempre sulla scia di Aldo Capitini (e il suo impegno diretto in esperienze di autorganizzazione – con Danilo Dolci in Sicilia, nella realtà fiorentina dei comitati di quartiere dell’alluvione e degli anni seguenti -).

Alberto L’Abate: una vita esemplare per il contributo scientifico che ha saputo produrre e per l’impegno militante, portato avanti senza risparmio.

Una vita da cui trarre moltissime indicazioni, sul piano teorico e pratico.

Indicazioni preziose in un’Italia che continua a mettere in bilancio ingenti spese militari ed ha sul suo territorio basi NATO ed USA dotate anche di armi atomiche.

Indicazioni che stanno entrando a far parte degli obiettivi del Movimento “Fridays for future”, portato avanti con grande energia dai/dalle giovani per assicurare, di fronte all’emergenza climatica, la sopravvivenza dell’umanità

Moreno Biagioni