Questa stagione politica è segnata, un po’ dappertutto, dal fatto di non sapersi mettere d’accordo.

Saltano i governi, le coalizioni, le alleanze e la stampa amplifica gli schiamazzi dei capponi per Don Abbondio, stretti nella mano ferrea della legislatura che li porta in giro loro malgrado.

La Prima Repubblica ha abituato gli Italiani al compromesso, storico o meno, come forma di gestione della cosa pubblica. Forse questa modalità proviene da molto tempo prima, comunque sia, dopo gli scandali di Mani Pulite e la nascita della Seconda Repubblica, sembrava che agli Italiani non andasse più di far mettere d’accordo i politici di varie provenienze in Parlamento. Niente più pentapartiti al governo, con l’inaugurazione del sistema maggioritario, ratificato attraverso un risultato referendario, è iniziata la stagione delle coalizioni elettorali e del bipolarismo. Chi vince, anche di poco, prende tutto il potere e governa. Basta compromessi!

Col senno di poi si è visto che la corruzione, primo difetto esagerato della nostra Istituzione Repubblicana, non è affatto diminuita. E che dire delle leggi ad personam proclamate a suon di fiducia nel ventennio berlusconiano? La Seconda Repubblica non ha fatto una gran bella figura.

Questo processo ci ha portato all’ibrido attuale, da cui non sappiamo se la classe politica oggi al potere sarà in gradi di venire fuori. La stampa e la gente fanno la bocca larga sulle incoerenze che le forze politiche hanno mostrato per mantenere la legislatura dopo il colpo di testa, di sole, di sonno di Salvini quest’estate. Come se non si fosse mai visto questo spettacolo.

Allora vorrei cercare di distinguere tra compromesso e accordo, uscendo dalla retorica del momento.

Queste due parole vengono spesso usate come sinonimi, ma vi intravedo un elemento importante di differenza, almeno per come le uso io. In entrambi i casi è evidente che nessuna delle due parti può imporre all’altra la totalità del suo pensiero, della sua opinione, del suo interesse. E questo non è una brutta cosa a mio avviso, perché richiede di capacità di riflessione e di autocritica. Mi spiego meglio: se due persone o due forze molto diverse vogliono fare qualcosa insieme, devono innanzitutto rivedere i propri confini e i propri centri di gravità. E questo in politica non è affatto facile, soprattutto da quando sembra che le ideologie siano morte e che la congiuntura sia l’unico nord da seguire, insieme allo share settimanale dei sondaggi. Ma se ciò fosse possibile, per raggiungere un accordo o un compromesso fra due schieramenti, si dovrebbe passare da una prima autorevisione seria, che dovrebbe indicare i punti irrinunciabili e quelli su cui, invece, si può cedere. Questo permetterebbe anche a quelle persone, o forze, di comprendere meglio chi sono in realtà, di darsi un’identità più chiara e di mostrarla anche agli altri. La differenza che vedo fra compromesso e accordo riguarda il fatto di cedere sui fondamentali o sulle cose secondarie. Se, per raggiungere un accordo nell’azione, è necessario scostarsi ampiamente dal proprio centro di gravità, direi che siamo in presenza di un “compromesso” che, per mantenere una certa posizione, toglie l’anima e la direzione. Altrimenti si tratta di un semplice accordo dove entrambi cedono gli aspetti secondari del proprio pensiero, della propria direzione, ma non perdono la propria identità.

Il problema nella politica attuale è che, probabilmente le forze in campo non hanno più la benché minima idea di quale sia il proprio centro di gravità. E le nuove generazioni, a partire dalla critica dei governi sulla questione del clima, ma anche attraverso molte altre manifestazioni più silenziose, stanno mettendo in evidenza questa povertà di spirito e di idee. Forse non abbiamo il tempo per aspettare che questi giovani giungano alla presa del potere, forse non è giusto delegare loro in un fantomatico futuro la sistemazione di questo casino. Ognuno di noi però può influire sugli avvenimenti. C’è sempre la possibilità di influire e di contribuire, innanzitutto chiarendo a noi stessi la nostra identità e riflettendo seriamente sulla nostra coerenza e le nostre scelte.

Anche nella nostra vita quotidiana c’è sempre la possibilità di fare accordi e di rifiutare compromessi, e questo ha la sua influenza sul mondo che ci circonda.